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mercoledì 23 giugno 2021

MASSIMO BARBOLINI: LA MIA PALLAVOLO

 


Trascrizione dell'intervista rilasciata da Massimo Barbolini agli amici di COACH FACTOR Francois Salvagni e Ciro Zoratti.

In questa piacevolissima chiacchierata Coach Barbolini, l’allenatore italiano più vincente in attività, toccherà i punti più salienti del lavoro di allenatore come la gestione del gruppo, la comunicazione, come rapportarsi ai campioni, o comunque ai giocatori più esperti che ci troviamo in palestra.

Barbolini spiegherà inoltre come si costruisce un microciclo settimanale, quali esercitazioni proporre e come pianificare una singola seduta di allenamento, con esercizi analitici, sintetici e globali.

Infine, un excursus su quelle che sono le tendenze della pallavolo mondiale.

Buona lettura

 

Chi è Massimo Barbolini oggi?

È un allenatore di pallavolo che ha avuto la fortuna e anche un pochino il merito di arrivare a determinati livelli e che nonostante abbia giocato tutte le manifestazioni esistenti ha ancora tanto bisogno e tanta voglia di imparare. Il bello del nostro lavoro è che ogni giorno, ogni allenamento, ogni partita, ci può essere qualcosa che ci fa pensare che devi cambiare o che stai facendo bene. Sicuramente ci fa capire che devi restare aggiornato, che non puoi rimanere legato solo a quello che fai da anni. È importante avere una linea guida ma ogni tanto si può cambiare perché la pallavolo cambia a livello di tempi, di modi di giocare, cambiano i giocatori che hai a disposizione, per cui anche tu devi essere capace di cambiare.

Com’è il nuovo Massimo Barbolini nella gestione della comunicazione con la squadra?

Sicuramente parlo di più di una volta. L’esperienza all’estero con le relative difficoltà di comunicazione mi hanno fatto capire quanto sia importante la comunicazione e quindi adesso che posso farlo sono diventato più loquace. Ci sono momenti in cui la squadra ha bisogno di una comunicazione di gruppo, generale, e altri momenti in cui è altrettanto importante parlare individualmente anche se a mio avviso non bisogna eccedere in questo. Quando si parla tanto, il rischio è che il messaggio principale non giunga chiaro; un po’ come un padre che se ogni giorno riprende sempre i figli su tutto quello che fanno, poi quelle due cose fondamentali se sono mischiate ad altre venti meno importanti rischiano di perdersi. Per questo credo che con l’atleta sia importante non parlare tantissimo. Magari parlare nei momenti in cui l’atleta ha bisogno o dal punto di vista tecnico o morale, questo si, è importante. Quello che invece bisogna sempre avere è la disponibilità al dialogo, nel senso che se l’atleta ha bisogno di parlare bisogna esserci. Poi, quello che dico sempre alle ragazze, è che ci sono certe situazioni che le spiego, altre che semplicemente vanno fatte, ad esempio per quello che riguarda determinate scelte. Poi certo, la condivisione con le atlete del perché si fa una cosa è un elemento molto importante anche perché a differenza di alcune altre nazioni in cui si gioca a pallavolo noi non abbiamo una cultura totalitaria e quindi quello che dice l’allenatore non è un qualcosa che cade dall’alto ma un qualcosa che deve essere accettato e quindi è bene venga spiegato.

Con i campioni, così come con il giocatore magari trentacinquenne con un passato importante che oggi gioca in serie D, come si affronta il discorso miglioramento?

Per mia esperienza il grande campione è quello che crea meno problemi. Credo che in questi casi sia importante che tra allenatore e giocatore ci sia l’intelligenza di riuscire a individuare se ci sono degli spazi in tal senso, senza diventare l’allenatore “fenomeno” che vuole per forza cambiare un qualcosa su determinate situazioni che riescono già bene così. Ognuno di noi può avere le sue convinzioni su determinate situazioni (ricezione, attacco, spostamenti a muro, ecc…) però su un atleta che per tanto tempo ha fatto la stessa cosa e l’ha sempre fatta bene, è veramente assurdo imporre determinati discorsi. Per questo tipo di atleti una cosa che è fondamentale, è la gestione della preparazione fisica, non tanto per noi allenatori di alto livello che abbiamo il preparatore atletico, ma per chi questa figura non ce l’ha. Di norma questi atleti hanno un’elevata conoscenza del proprio fisico, e con loro andare ad imporre determinati lavori fisici a mio avviso è sbagliato, a meno che la cosa non venga condivisa tra allenatore e giocatore. Bisogna avere molto rispetto di quello che è il fisico degli atleti, a maggior ragione se parliamo di atleti di 30 - 35 anni; anche perché se sono arrivati a quell’età a giocare ad alti livelli significa che si sono gestiti bene fisicamente, e gestirsi non vuol dire allenarsi poco, ma lavorare bene, e quindi perché cambiare? Da questo punto di vista una buona collaborazione tra allenatore e giocatore è fondamentale. Non bisogna mai dare per scontato nulla: anche i grandi giocatori possono aver bisogno, ad esempio, di richiami di lavori tecnici analitici di richiamo, magari 30-40 minuti, su un particolare fondamentale. Confrontandomi con questi grandi giocatori ho riscontrato che gradiscono e hanno necessità, ogni tanto, non ore e ore, di aver tempo di fare qualche ripasso su quei temi di tecnica individuale che giocando tanto e privilegiano il lavoro globale è normale che vengano a mancare.

Pianificazione di una tua settimana standard (una sola partita la domenica), la tua idea di un microciclo settimanale:

Il primo giorno di lavoro si fanno i pesi (soprattutto potenza, forza) alternandolo a palla. Un gruppo inizia a fare i pesi e un quarto d’ora prima che questo gruppo finisca il lavoro con i pesi un altro gruppo inizia a fare riscaldamento in palestra. Ci si ritrova insieme e si inizia a fare palla a coppie e si fa 45/60 minuti di lavoro che può essere a volte a circuito con lavoro aerobico o di velocità misto a tecnico (più stazioni). Al termine il gruppo che aveva già fatto i pesi finisce e il gruppo che aveva iniziato direttamente con la palla prosegue il lavoro con i pesi. Nel pomeriggio c’è sempre un lavoro di tecnica analitico e sintetico nel senso di riprodurre situazioni di gioco ma senza continuare tanto. Esempio: battuta e ricezione con attacco di prima palla contro muro a uno e se c’è difesa, attacco contro muro a due e poi stop e poi si riparte. Questo per fare in modo di garantire un lavoro più analitico di tecnica individuale cercando di sviluppare delle situazioni che quando c’è la settimana breve (partita infrasettimanale) non si riesce a fare. Il secondo giorno lascio la mattina libera e al pomeriggio si fa un lavoro grosso di 6X6. Da quest’anno all’inizio c’è sempre un tema a seconda di quello che si fa: se ad esempio nella situazione di gioco c’è side out mettiamo un po’ di battuta. Finito l’uno contro uno facciamo dieci minuti di battuta con il filo e bersagli da colpire e da non colpire proprio per lavorare sul colpo della battuta proprio perché dopo quando si fa il globale non è che si fanno tantissime battute. Quando c’è da fare difesa magari facciamo quei 10-15 minuti difesa con quegli esercizi che a me non entusiasmano, vale a dire con il lavoro dai tavoli. Non mi entusiasma perché è un lavoro fine a sé stesso però serve per la sensibilità alla palla forte addosso, serve per dare un po’ di ritmo, alle ragazze piace ecc... E quindi c’è sempre un esercizio di riscaldamento che serve ad entrare nell’esercizio di competenza che di solito nel secondo giorno, per dare un po’ di ritmo visto che siamo freschi e ad inizio settimana, non parte con una battuta ma con 2-3 palloni inseriti in base a quello che si vuole allenare. Il terzo giorno c’è ancora pesi + palla alla mattina e al pomeriggio di norma si fa un lavoro grosso di battuta e ricezione in cui a volte c’è un gruppo che batte, una gruppo che riceve, e un terzo gruppo che fa un lavoro di difesa nel campo dove non si riceve oppure un lavoro di ricezione più individuale con battuta degli allenatori. Il giorno prima della partita facciamo un solo allenamento grosso, nel senso di un 6X6 in cui si da prevalenza al cambio palla, più una seconda palla giocata alternativamente su chi riceve e su chi difende. Lo facciamo ad un orario centrale (11/13,30) perché giocando il giorno dopo alle 17 ti consente di fare un buon allenamento, con buoni ritmi, saltando facendo tutto e nello stesso tempo di poter fare un buon recupero fino alla mattina dopo quando facciamo il solito allenamentino di un’ora, un’ora e un quarto per muoverci un pochino. Per me l’allenamento della mattina (prepartita) è importante non solo da un punto di vista fisico ma soprattutto dal punto di vista dell’attenzione, per entrare già nel ritmo della partita. Mi trovo bene a fare un allenamento grosso il giorno prima della partita perché altrimenti, il calare troppo presto il ritmo mi pare non sia produttivo

Lavoro della mattina: salti sì o no? Salti per tutti? Se si salta si salta al massimo?

La mattina del giorno della partita nessuno salta per attaccare e ci si allena a ritmo molto basso. Facciamo però un buon riscaldamento con il preparatore di 20-25 la cui parte finale prevede esercizi di rapidità e situazioni per risvegliare il sistema neuronale degli atleti. Lascio 5-10 minuti finali nei quali se qualcuno vuole provare qualche attacco (con il salto ovviamente) lo può fare. Nelle mattine infrasettimanali dipende molto dal lavoro. Quando facciamo allenamento alle 11 di mattina il giorno prima della partita, tutti fanno tutto, a meno che ci siano problemi fisici. È un allenamento normale, un allenamento di partita. Quando facciamo palla e pesi dipende molto dall’esercizio che facciamo: di solito i ricettori lavorano con il palleggiatore alternando ricezione a difesa (e il palleggiatore palleggia) a livello di tecnica individuale. Nell’altro gruppo ci sono i centrali e gli opposti che 10-15-20 minuti di salti a muro perché per loro, per il loro ruolo, il lavoro individuale è quello. Magari nella seduta pesi si tiene conto di questo facendogli fare meno salti nelle trasformazioni.

Singola seduta: al netto del riscaldamento, come sviluppi il lavoro analitico, sintetico e globale?

Partiamo dal fatto che le ragazze, quando c’è allenamento tecnico (non quando c’è pesi) hanno l’obbligo di presentarsi in palestra 20 minuti prima rispetto all’orario di inizio dell’allenamento. Questo per poter mettersi il cerotti, per andare dal fisioterapista, e dieci minuti ogni ragazza fa i suoi esercizi individuali di prevenzione (caviglia, spalla, schiena, ecc…). Poi si parte con il riscaldamento, che è sempre guidato dal preparatore o dal secondo allenatore. Poi dipende molto da quello che facciamo. Prendiamo ad esempio un allenamento sul cambio palla partiamo una decina di minuti con tre gruppi che ricevono palloni battuti da dentro il campo dagli allenatori. Poi facciamo attacco e difesa; all’inizio dell’anno mi piace farlo guidato, chiamando i colpi, cambiando le coppie. Poi andiamo a scaldare l’attacco: un ricettore-attaccante, un libero, un centrale e un opposto, gli altri battono (possiamo farlo sui due campi alternando le azioni per non tirarsi in faccia) e si fanno azioni di ricezione attacco. Quando il ricettore attacca, cambia con l’altro ricettore che è nel suo campo a battere. Girano anche i centrali, i palleggiatori. È un esercizio un po’ lento, ma dovendo fare ricezione attacco, se lo si vuol fare tranquillamente, può andare bene. Poi andiamo al gioco e facciamo azioni di ricezioni attacco. A me piace cambiare i sestetti, soprattutto per una squadra come noi che gioca tante partite. Provare la squadra titolare ogni tanto è importante però durante l’anno, anche per avere un livello alto di gioco, mi piace mescolare. Alzatore titolare e opposto titolare li tengo sempre insieme. Ruoto i tre centrali principali e anche gli schiacciatori ricevitori, per tenere sempre il livello alto. Anche l’intesa libero – alzatore è importante perché se hai due alzatori diversi, uno alto a cui puoi ricevere la palla un metro sopra rete, e uno piccolo a cui la devi ricevere diversamente, è un qualcosa che va allenato. Di solito faccio tre giri di formazione, tre esercizi della durata di un set medio (20-25 minuti). Anche se poi alla fine, tutte le squadre che vincono, lo fanno giocando sempre con le stesse sette giocatrici, è la storia che ce lo dice. E questo lo sia fa solo creando un’intesa massimale, un’alchimia perfetta, tra le 7 giocatrici titolari, provando, riprovando e riprovando le varie situazioni. Per unire le due esigenze (sestetti mescolati o sestetti bloccati) io di solito nella prima parte della settimana mescolo i sestetti, faccio ruotare, mentre più mi avvicino alla partita più tengo insieme il sestetto base.

Lavoro globale: usi i punteggi? Sempre? Senza i punteggi?

Secondo me sul globale c’è un po’ di fraintendimento. Molti intendono lavoro globale = lavoro a punteggio. Secondo me non è così; il lavoro a punteggio è solo una parte del lavoro globale, così come il lavoro a punteggio può essere usato anche durante l’analitico (fai ricezione e tieni il punteggio). La prerogativa del lavoro globale è anche quella di poter fare tante ripetizioni di una particolare situazione, cosa che non puoi fare quando fai un lavoro a punteggio. Ad esempio, con i miei attaccanti a volte faccio esercizi globali chiedendogli di provare un particolare colpo d’attacco (es. oggi giochi solo mani e out, piuttosto che solo diagonale, ecc…), e in quel caso non è che può sbagliare quando vuole ma nello stesso tempo devo accettare qualche errore in più se sta provando un colpo nuovo o che non gli viene particolarmente bene. E questo tipo di esercizio non si sposa tanto con il lavoro a punteggio. Dipende anche da quante partite fai. Se fai poche partite è bene inserire più esercizi a punteggio perché sono quelli che più di ogni altra esercitazione ripropongono la tensione e lo stress del punto a punto che esiste in partita. SE invece gioco tante partite, durante il 6X6 preferisco provare determinate situazioni, senza bisogno dello stress del punteggio. Un’altra cosa che ripeto sempre è che quando facciamo esercizi a punteggio dobbiamo fare esercizi a punteggio facili. Vedo fare degli esercizi che ci vuole uno scienziato per tenere i punti e dal momento che quando gioca il giocatore deve pensare a cosa far bene tecnicamente non può essere troppo concentrato sui vari tipi di punteggio che valgono i vari colpi. La pallavolo è un gioco che è già complicato di per sé da giocare, per cui il nostro compito è quello di semplificarlo il più possibile. Un esercizio che io faccio molto quando lavoro sul globale è su cinque battute (stessa rotazione) ci sono tre situazioni di gioco: cambio palla, freeball, contrattacco della squadra avversaria di palla alta. Se queste 5 battute deve fare 3 volte cambio palla, 4 volte punto sulla freeball e 2 volte far punto su situazione di contrattacco avversario (break point). Quando riesce a finire è un punto grosso. Se non ci riesce ha un’altra possibilità. Se nemmeno con la seconda possibilità riesce, il punto grosso lo segna l’altra squadra. E dopo si cambia squadra che batte. E’ un buon esercizio perché unisce tutto, tutte le tre situazioni di gioco; la situazione che di solito ti fa perdere è quella della freeball perché 4 su 5 a livello femminile è un numero piuttosto importante, e soprattutto dipende molto da te, nel senso che devi fare l’appoggio preciso, l’alzatore deve fare la scelta giusta, ecc… Sulle altre due situazioni dipende un po’ più dagli altri nel senso che sul cambio palla magari ti danno una mano perché sbagliano una battuta, nella palla alta magari tirano una palla fuori. È un bell’esercizio, abbastanza lungo perché su sei rotazioni diventa un bell’allenamento spesso di un’ora e mezzo. Li è bene fare un tabellone per far capire alle ragazze come funziona il gioco.

Placì sostiene che è meglio fare esercizi in cu si parte da zero a zero perché partire 20 pari è si interessante ma a lungo andare si perde un po’ l’attenzione a giocare bene anche i primi punti. Cosa ne pensi?

Io di solito parto 15-15, 17-17- 20-20, però questa osservazione di Placì è interessante su cui fare dei ragionamenti, perché anche i primi punti della partita sono importanti. L’unico problema è che così facendo i set diventano molto lunghi e si possono fare pochi esercizi.

Analitico e globale: l’analitico ti consente di svolgere un elevato numero di ripetizioni però scollegate dal gioco, il globale è eccezionale perché ripropone la situazione reale ma non ti consente di ripetere lo stesso gesto molte volte. Come gestisci questi due aspetti?

Io credo che l’analitico lo si possa lavorare anche all’interno del globale quando proponi delle esercitazioni senza punteggio focalizzate su un preciso gesto tecnico (es. attacco di palla alta o il centrale che attacca che dichiara prima la zona dove attaccherà in modo che nell’altro campo il muro avversario sa dove attaccherà e questo lo obbligherà ad attaccare contro le mani del muro come se fosse un esercizio analitico). Io però, ad inizio allenamento, in certi fondamentali tipo la ricezione, l’analitico individuale lo uso (es. palla a destra e sinistra, palla avanti e indietro). Così come nulla mi vieta che se nel globale voglio fare fase break, prima di passare al globale posso fare dieci minuti di difesa con attacchi dai tavoli su una coppia di difensori che difendono la diagonale, ad esempio. Sono situazioni che non sono reali, perché la difesa la devi fare in base a cosa fa il tuo muro, in base all’attaccante, però quell’idea della palla in mezzo, della palla forte che la senti addosso, del provare sempre ad andare sul pallone, quello lo puoi mettere. Nell’attacco fai più fatica a farlo perché i salti che fai nell’analitico li devi sommare poi a quelli che devi fare nel globale.

Durata della seduta di allenamento: Mazzanti con un algoritmo, in base al numero di salti che vuol fare e al ritmo, ricava la durata dell’allenamento. Tu come ti regoli?

Io sono più “a sentimento”. Di norma sto intorno alle due ore; poche volte andiamo oltre o meno delle due ore. Riscaldamento, 15-20 minuti di analitico per instradare il lavoro e poi un’ora e 15, un’ora e 30 di lavoro globale. Il ritmo dipende molto dall’esercizio che si fa. Il nostro sport non è uno sport da ritmi alti; tra challenge, time out, e interruzioni varie, è uno sport che ha dei ritmi bassissimi. E a volte noi allenatori, un po’ perché l’esercizio viene meglio, un po’ perché alle ragazze piace, teniamo dei ritmi di allenamento che dopo non si hanno in partita. Ecco perché io a volte faccio allenamento con esercizi di gioco con solo la battuta e senza la seconda palla, perché poi in partita è così. È evidente che ti alleni di più facendo ritmo alto però il nostro non è uno sport da ritmi alti. E quindi è corretto abituarsi a situazioni reali facendo anche allenamenti a ritmi bassi, magari più lunghi, ma a ritmi bassi. Così come i centrali, quando nelle esercitazioni globali vanno in seconda linea, è importante che stiano anche fuori dal campo perché poi è quello che accade in partita e si devono abituare anche se la cosa costa sofferenza.

Cosa si è visto di nuovo negli ultimi mondiali femminili?

Si è vista la ricerca di giocare palloni veloci, ma secondo me dipende molto dagli attaccanti che hai. La mia idea è che con la palla staccata da rete è meglio giocare una palla più morbida, suffragata dai numeri. C’è molta spettacolarità nel giocare palle veloci anche da fuori rete però poi bisogna vedere l’efficacia, perché con una palla di questo tipo l’attaccante si trova a fare quello che può fare e non quello che vuole fare. Poi, certo, con palla buona bisogna giocare più veloce possibile anche perché ormai ci sono delle centrali fisicamente molto forti e veloci che arrivano a chiudere con muri altissimi e quindi cercare di velocizzare mi trova d’accordo. Sul contrattacco sono un pochino più tradizionalista, anche se dipende dai giocatori che hai; ci sono giocatori che faticano con la palla alta o morbida e allora con questi probabilmente è opportuno velocizzare anche con palla staccata da rete. La mia indicazione di massima è che fino a che la palla sta nei tre metri cerchiamo di giocare veloce e appena esce cerchiamo di dare un pochino più pancia perché tanto il centrale avversario arriva a muro. Sul cambio palla cerchiamo di giocare con quattro attaccanti anche se alla fine non lo si fa tantissimo. Io quest’anno lo sto facendo perché ho attaccanti che sanno attaccare bene dalla seconda linea una palla rapida, altrimenti non avrebbe senso farla. Il mio dubbio grosso è sempre quanto tempo perdo per sistemare queste situazioni; magari di queste palle ne gioco due a set e per allenarle ho usato molto tempo che potevo forse usare per allenare meglio quei dieci palloni di palla alta che poi sono costretto a giocare in tutti i set. Anche perché se andiamo a vedere i numeri, di tutte queste squadre che giocano con quattro attaccanti poi nei momenti importanti, giocano pochissimo con il quarto attaccante dalla seconda linea. La regola che ho messo io è che sul contrattacco non voglio vedere centrali che corrono per il campo; se vanno a murare il posto quattro avversario, su rigiocata non mi chiamano la sette ma giocano un primo tempo vicino a dove sono ricadute da muro; questo serve anche per giocare con il quarto attaccante, il quale deve sapere che tipo di primo tempo giocherà il proprio centrale su rigiocata per proporsi a sua volta da seconda linea onde evitare di andarmi a sovrapporre a lui. Sovrapporre, è una cosa che puoi farlo nella maschile dove ci sono dei primi tempi molto, molto credibili e molto alti e veloci, e quindi sovrapporgli una palla velocissima da seconda linea è buono. Nel femminile lo è molto meno e con le mie squadre preferisco giocare spostato nel senso che se il centrale fa la sette l’attacco da sei lo porto in mezzo, se il centrale fa la uno o la due faccio la pipe la sposto.

C’è qualcosa che a tuo avviso non andrebbe fatta in palestra?

10-15 minuti di battuta libera, senza i ricettori, un paio di volte alla settimana secondo me serve. Mi sono però accorto che farlo a fine allenamento serve a poco perché viene visto dai giocatori come una sorta di riempitivo per far finire l’allenamento. Invece, fatto subito dopo il riscaldamento (l’ho imparato dai Giapponesi), magari il giorno in cui dopo lavoriamo sulla ricezione, secondo me è una cosa utile.

 

Questi i link attraverso i quali potrete riascoltare l'intervista in oggetto sul canale COACH FACTOR della piattaforma YouTube

https://youtu.be/f1-coDIXw2M

https://youtu.be/ctWbgg10CDA

https://youtu.be/tzng1qBvmjA

https://youtu.be/cFaR5SOi6fY

https://youtu.be/ZGk15GbWrWo

https://youtu.be/Oz68jVLpQy8


 

 

 


martedì 15 giugno 2021

GIOVANNI GUIDETTI: LA MIA PALLAVOLO

 



Trascrizione dell'intervista rilasciata da Giovanni Guidetti agli amici di COACH FACTOR Francois Salvagni e Ciro Zoratti.

In questa piacevolissima chiacchierata Guidetti svelerà come gestire un rapporto sincero e costruttivo con tutti i giocatori e con l'entourage che ogni giorno assiste il tecnico nel suo lavoro. 

Scopriremo anche cosa non sa fare Giovanni Guidetti ma che in realtà, leggendo fra le righe, rappresenta proprio il suo punto di forza.

Poi, entrando negli aspetti più tecnici del lavoro di allenatore, scopriremo qual è il numero corretto di salti, la durata di un allenamento. Perché può valere la pena fare allenamento alle dieci di mattina

E poi, entrando nella pallavolo mondiale, vedremo cosa ha visto Giovanni Guidetti nell’ultimo mondiale e qual è secondo lui la formula vincente, perché secondo lui Egonu non giocherebbe nella squadra americana.

Sintetico, analitico, globale …  tavoli si, tavoli no …. Ed infine, quale l’unico cambiamento regolamentare che potrebbe rendere ancora più affascinante e bello il gioco della pallavolo

Tutto questo nello stile unico e diretto di uno dei più grandi allenatori del mondo

Buona lettura 


Chi è Giovanni Guidetti oggi?

Sono un uomo, che sta vivendo la grandissima esperienza di essere padre, che ha la fortuna di fare quello che più gli piace vale a dire la pallavolo. Sono un allenatore che cerca ogni giorno di diventare un bravo allenatore; trovo sempre troppi difetti in me, così come vedo sempre tantissime qualità negli altri che mi piacerebbe avere. Cercando di migliorare costantemente me stesso penso tra l’altro di poter far migliorare anche le mie squadre.

Gestione della squadra: dialogo si? Dialogo no? Con tutti i giocatori? Solo con il capitano?

Io penso che la comunicazione sia al centro del nostro mestiere: ecco perché la cosa a cui tengo di più è riuscire ogni giorno a scambiare una parola con tutti. Non solo con i giocatori, non solo con lo staff, ma con il custode della palestra, così come a quello che pulisce le docce, perchè significa far sentire tutti parte della squadra. È diverso dire “ciao come stai?” da dire “ciao come stai? E tua figlia come sta? E tua moglie come sta?”. Questo fa capire all’altro che sei interessato a lui e quindi nei tempi possibili mi piace andare più in profondità possibile a livello di comunicazione. Mi piace chiedere ai giocatori in continuazione come stanno anche per conoscere il loro stato fisico e mentale; non c’è un modo unico per farlo, ce ne sono tanti, magari mentre fanno il riscaldamento o mentre si allacciano le scarpe. Magari durante l’allenamento gli chiedo da 1 a 10 come stanno in modo che davanti a tutte le loro compagne e a tutto lo staff dicono 1 se stanno molto male (sono stanca) piuttosto che 10 (sto bene). La mia regola è scambiare almeno una parola con tutte ogni giorno. Questa per me è la base. Un po’ come quando entri in un negozio e ti salutano sorridendo, e magari sanno anche il tuo nome, di solito in quel negozio ci entri più volentieri, sei più stimolato e compri di più. Questo avviene in ogni contesto; i giocatori prima di tutto sono delle persone, così come tutti i membri dello staff. E più si parla vicendevolmente e meglio è. Dopodichè, ogni due mesi circa (ti dico circa perché non sono un grande schematico nelle mie cose) faccio dialoghi individuali di mezz’ora/un’ora in cui le giocatrici vengono nel mio ufficio e parliamo. Parliamo di tutto. Principalmente faccio parlare più loro, e questo mi piace perché ho visto che le giocatrici in quei momento mi dicono cose che altrimenti non mi direbbero. E questo, mi aiuta a capire meglio il momento della squadra e a far capire meglio loro qual è il loro ruolo perché penso che la chiave di un’organizzazione vincente sia quando ognuno sa esattamente quello che deve fare e sia motivato nel farlo. Se tu chiedi ad un giocatore di fare solo il giro dietro ma capisci che questo non è motivato dal fare solo il giro dietro devi trovarne un altro, anche se a te quella situazione li piaceva. Il mio dialogo è molto sincero, nel momento che anche volendo non riesco a mascherare il mio stato d’animo.

In ogni seduta di allenamento inoltre c’è il dialogo tecnico (spiegazioni, correzioni) che è la musica di sottofondo di ogni mio allenamento (piega le braccia, sposta le braccia, prova questo colpo che non ce l’hai, questo non mi piace, devi anticipare, ecc…). La mia voce durante l’allenamento è un qualcosa di continuo, di martellante, e questo non lo considero neanche dialogo ma semplicemente il lavoro dell’allenatore. Fin che i giocatori percepiscono che tu sei li per farli migliorare e farli vincere va tutto bene, puoi rimanere con le stesse giocatrici anche 20 anni; ma quando iniziano ad avere dei dubbi sulle tue capacità di far migliorare loro e la squadra si rompe qualcosa e in quel momento diventa difficile anche il dialogo.

Pianificazione: ipotizziamo una settimana standard con una sola partita. Come organizzi la settimana di lavoro?

Ci sono tanti miei colleghi cheti spiegherebbero dal ciclo al micro-ciclo alla pianificazione; li stimo e li invidio molto perché io non sono capace. La mia idea fondamentale è che la pallavolo è talmente complessa che non posso dedicare una giornata ad una cosa e quindi in ogni allenamento ci deve essere dentro un po’ di tutto anche perché poi nella partita c’è dentro tutto. Bisogna ricevere, bisogna battere, attaccare, murare e difendere. Non è che si può trascurare una cosa. Anche perché poi giocando in dodici, se una squadra fa cambio palla l’altra squadra farà muro-difesa; anche perché, e questa è una cosa a cui credo molto, il sestetto lo allenerò il 10% delle volte al massimo. Quasi mai; perché il sestetto si chiama così perché quelle sei atlete sono nettamente più forti delle altre e quindi che senso ha metterle continuamente le une contro le altre. Il più bravo diventerà meno bravo, le riserve miglioreranno un po’ e quindi non è un sistema che mi serve per migliorare la squadra. A me serve che il mio migliore attaccante quando attacca abbia di fronte il miglior muro; che il mio palleggiatore giochi contro il mio centrale più forte, ecc. E quindi io giro, rigiro e rigiro i sestetti. Poi, ovviamente ogni esercitazione avrà un obiettivo. C’è sempre un blocco iniziale in cui faccio muro e difesa oppure battuta e ricezione lavorando in analitico, fermo restando che in ogni mio allenamento c’è sempre battuta e ricezione, che sia 5 minuti, 10 minuti, 12 minuti (non vado mai oltre). Dopo questo blocco di analitico, ho sempre una parte in cui tutte fanno più o meno tutto, e la chiamo la parte “brasiliana” o “gir in giro”, dove tutte più o meno girano e dove do degli obiettivi assolutamente tecnici. Ad esempio: tirare la pipe solo verso zona 1; da due tira solo lungolinea; e qualsiasi altra cosa che io gli chieda. Dopo questa parte che di norma dura tra i 10 e i 15 minuti vado al 6X6. Ne faccio uno più orientato alla fase break point e quindi con meno battute reali e un’ultima parte dove c’è la battuta e cambio palla reale. Questo in generale è il mio tipo di allenamento. Mettendo un pochino di tutto e spiegando sempre alle ragazze il perché facciamo quelle determinate esercitazioni. Perché non pianifico? Perché a seconda di come va il lunedì, decido cosa fare il martedì, e così via. È tutto un capire come sta la squadra, di cosa ha bisogno la squadra, e lavorare su quegli aspetti. Quindi non pianifico niente, tranne che riguardo i carichi di lavoro. Quelli li pianifico insieme al preparatore, su quello non c’è nessun tipo di improvvisazione. Pianifico una decina di giorni per volta insieme al preparatore atletico e al fisioterapista.

Un’altra cosa che mi contraddistingue è che non esiste nella mia squadra una mattina senza palla. Il solo pesi non esiste, c’è sempre pesi + palla. E quei momenti di palla li, per me hanno un’importanza fondamentale. Non tanto perché è un’idea mia ma perché un sacco di giocatrici mi hanno spesso detto che si sentono molto migliorate dal lavoro fatto alla mattina. Questo lavoro mattinale consiste in una divisione in due gruppi che lavorano con due reti. Ogni rete ha per un’ora due/tre giocatrici, massimo quattro con uno o due allenatori. Fanno la loro ora di pesi e poi la loro ora di analitico. Un gruppo per volta. Ovviamente il lavoro è assolutamente individuale. C’è chi non faccio mai saltare e magari lavora solo su ricezione e difesa, gli alzatori saltano a muro e fanno tantissimi palleggi, i liberi li facciamo lavorare in tutte le esercitazioni possibili di difesa e ricezione, i centrali saltano perché poi in partita devono far quello. I centrali fanno anche difesa ovviamente, perché quella palla che devono prendere può essere determinante e va quindi allenata però devono saltare più degli altri e quindi alla mattina saltano. Per gli opposti a volte faccio lavoro per la manualità del colpo d’attacco, altre volte lavoriamo sulla difesa. È quell’ora che mi piace un sacco perché ci siamo solo io e due, tre di loro, ed è ovvio che oltre a lavorare c’è anche un colloquio tecnico. Li ti rendi conto la differenza che c’è tra giocatore e giocatore e quanto i grandi giocatori abbiano voglia di migliorarsi. I grandi giocatori, stanno li, provano, riprovano, vogliono rivedersi con il computer. Ma anche i giocatori mediocri, se gli dai attenzione, se gli fai capire che sei li non perché dobbiamo fare mezz’ora e sono li per lanciarti il pallone, ma che noi tecnici siamo li per farli migliorare certi gesti tecnici, non solo stanno li ma il lavoro che gli proponi lo fanno molto volentieri. Ho un sacco di giocatori che non hanno mai fatto palla alla mattina; vengono da noi e lo fanno volentieri, con voglia, perché c’è dietro un’idea a quello che facciamo. Poi, a seconda dei momenti della stagione, questo lavoro lo faremo un po’ più lungo, un po’ più corto, ma nella mia testa l’idea di fare solo pesi non c’è perché alla fine giochiamo a pallavolo, mica a fare preparazione fisica.

In nazionale, ad esempio, io lavoro così tra doppio allenamento (2) giornaliero e allenamento singolo (1): 2-1-2-1-2-1. Poi di norma do un giorno libero o anche un giorno e mezzo se riesco. Il concetto che sta alla base di questo sistema è che il doppio allenamento è pesante, con palla + pesi al mattino e palla al pomeriggio. Il giorno dopo quindi che sono stanche perché il giorno prima hanno fatto il doppio gli do un allenamento unico con un riscaldamento a volte in sala pesi e dopo il lavoro di cui parlavo prima. Il giorno dopo posso ricominciare con il doppio perché hanno un po’ recuperato e così via. Nel club è un po’ più complicato perché con le Coppe Europee, con le trasferte, salta tutto e si fa quello che si può.

Come suddividi le esercitazioni a punteggio da quelle senza punteggio dove gli obiettivi sono solo tecnici?

Nei miei 6x6, all’80% c’è sempre il punteggio. Però mi piace, e vedo che anche ai giocatori piace da matti, mettere il +1 e -1 o il +2 e -2 (dipende) e quindi un punteggio diverso ai diversi gesti tecnici. Se dai il +1 e -1 ad esempio al mani e fuori diventano anche esagerate delle volte dove vedi che cercano di fare il mani e fuori anche con la palla staccata di 6 metri, e li le dobbiamo fermare e spiegare che non ha senso. Però mi va bene. Ovviamente il +1 e -1 lo metto su cosa che facciamo fatica a fare: facciamo fatica a giocare con i centrali e allora metto +1 sull’attacco dal centro. Giochiamo poco con la seconda linea: mettiamo il +2 sull’attacco dalla seconda linea. Questa è la cosa che mi piace di più anche se richiede tempo, perchè l’organizzazione dell’allenamento prevede lo studio a tavolino di quello che voglio allenare e poi organizzarlo con dei punteggi che abbiano una loro logica. Questo secondo me è quello che ai giocatori mette la maggiore attenzione. Se tolgo il punteggio e metto solo il focus sull’aspetto tecnico, il numero degli errori diventa enorme, anche in una squadra di alto livello. Più errori ci sono e più noi ci arrabbiamo; più noi ci arrabbiamo e più loro diventano nervose e più l’allenamento scade di qualità. Mettere il punteggio sull’aspetto tecnico tiene viva la loro voglia di vincere, perché loro vogliono vincere, ma in più ci metti dentro la cosa che loro non fanno volentieri, il colpo sul quale fanno più fatica, perché in questo modo se vogliono vincere sono obbligate a fare.

Il +1 lo capiamo tutti: se uno fa punto con il gesto tecnico che tu gli hai chiesto gli dai +1. Cosa intendi invece con il -1?

Facciamo un esempio: metto il +1 e -1 sul centrale e sulla pipe. Partiamo da dieci pari. La squadra A fa punto con il posto 4 e va a 11-10. La squadra A fa punto con il posto 2 e va 12-10. La squadra A fa punto con la pipe, siamo 13-9. Perché la pipe ha dato +1 alla squadra A e ha tolto un punto (-1) alla squadra B. In pratica la squadra che fa punto, oltre che a segnare un punto ne toglie uno all’altra squadra. E quindi alla fine sono due punti anche se lo chiamiamo +1 e -1. Potremmo dare anche +2 anziché +1 e -1 (il risultato è uguale) ma così facendo gli esercizi diventano più lunghi, loro non se ne accorgono e quindi fai più ripetizioni e a me piace molto fargli fare molte ripetizioni. Con il +2 se parti da 16 pari è possibile che nel giro di qualche minuto l’esercizio sia già finito.   

Come gestisci insieme al preparatore il numero dei salti in allenamento?

Gli allenamenti hanno una durata tra le 2 e le 3 ore, mediamente 2 ore e 30. Il mio preparatore crede molto ad attenzionare il numero dei salti e quindi alleniamo con il Vert (dispositivo per contare il numero dei salti) e quando arriviamo intorno ai 180/200 salti per giocatore è arrivato il momento di portare l’allenamento a conclusione. Se invece siamo a due ore e mezzo di allenamento ma abbiamo fatto 150 salti (es. perché abbiamo fatto ricezione o difesa) possiamo tranquillamente proseguire l’allenamento. I salti determinano parecchio la stanchezza e quindi è un parametro che cerchiamo di tenere molto monitorato. A mio avviso però non può essere solo il Vert a determinare quando finisce un allenamento nel senso che se stiamo facendo un 6X6 e siamo 20 pari, l’esercizio lo finiamo anche se abbiamo raggiunto i 180/200 salti. La pallavolo deve sempre avere la priorità. Il preparatore deve essere di supporto all’allenatore, ma non può essere il preparatore a decidere quando è ora di finire un allenamento.

Nella seduta singola giornaliera, ho letto che hai sperimentato l’allenamento della singola giornata alla mattina anziché al pomeriggio. Pensi che possa essere una strada da seguire?

Lo abbiamo fatto in Olanda come esperimento, invertendo il lavoro pesi + palla dall’allenamento globale tra mattina e pomeriggio. Ci siamo resi conto dai feedback delle giocatrici che per loro era molto più stimolante e che si sentivano molto attive. Nella loro testa, finito il 6X6 della mattina la parte di stress mentale era finita o perché era l’unico allenamento della giornata oppure perché c’era al pomeriggio pesi + analitico, un tipo di lavoro che non ti da lo stress mentale del globale a punteggio. Poi però c’è il feedback del fisioterapista e del preparatore che ti dicono che è meglio saltare alle 17 piuttosto che alle 10 di mattina e allora bisogna valutare un po’.

La nazionale italiana all’ultimo mondiale ha mostrato un’idea abbastanza nuova di pallavolo; gioco superveloce, quattro attaccanti per ogni rotazione, il libero come palleggiatore aggiunto. Pensi che questa sia la direzione in cui sta andando la pallavolo mondiale?

Io non penso che sia proprio così. Le prime quattro squadre del mondiale avevano un’idea assolutamente identica di pallavolo e quindi un bombardiere potentissimo che attacca tutti i palloni alti e un numero spropositato di palloni (Egonu ha fatto dei tie break con 15 palle attaccate, e così la Boskovic e tutte le più grandi attaccanti del mondo). Tutte un giocatore di volume, di equilibrio (es. la Bosetti) e tutte hanno il secondo attaccante che è un ricettore più scarso del giocatore di equilibrio e un attaccante più scarso del bombardiere (si colloca a metà tra i due. Es: Sylla, Mihajlovic). Tutte le squadre hanno giocato così. Chi ha fatto un gioco diverso è stata l’USA con solo palla rapida, palla velocissima, e tutti e tre gli attaccanti che attaccano 20-20-20, ecco che quella squadra ha fatto molta fatica perché a quel livello li, se non hai un’Egonu o una Boskovic non vinci; anche se hai due posti 4 fortissime, se non hai chi ti risolve la ricezione meno, non vinci. Questo è quello che ho visto io. Poi certo, se non hai l’Egonu devi trovare altri mezzi, a uno di questi è sicuramente avere un gioco più rapido possibile. Quindi tutte le prime quattro squadre del mondiale hanno più o meno lo stesso modo di giocare. Con qualche differenza; es. la Cina usa molto le centrali, l’Italia molto poco, la Serbia a metà, ma l’idea di gioco era abbastanza simile per tutte.

Penso comunque che oggi, come 10 anni fa o come 20 anni fa, la pallavolo femminile sia sempre alla ricerca di arrivare al livello della pallavolo maschile e quindi ad esempio vedo la Serbia avere 4 attaccanti in ogni rotazione, e questa per i maschi è una cosa normale, mentre nelle donne stiamo iniziando ora a farlo. Bisogna però ragionare su quanto le cose che proponiamo siano efficaci. Nelle donne, ad esempio, spesso è più efficace un attaccante di prima linea con muro a due piuttosto che un attacco da pipe contro muro a uno, cosa che negli uomini non è così e dobbiamo tenere contro di queste specificità.

Tu pensi che i quattro punti rete in attacco sia meglio averli vicino e giocare sul tempo o averli un po’ più larghi e giocare sullo spazio?

Dipende dai centrali che hai e quanto usi i centrali. Se hai centrali molto forti, credibili, su cui l’avversario salta, allora puoi giocare sovrapposizioni. A me però in generale piace tenerle più larghe e giocare la sette e la pipe in mezzo perché mi da una soluzione importante contro le squadre che non leggono, che scelgono prima. Quello che mi piacerebbe studiare è la nazionale thailandese che hanno 6 giocatrici in campo che sono alte come dei liberi, ma che fanno 3-2 con la Russia e con gli USA e che stanno stabilmente nelle prime 10 del mondo soltanto grazie all’abilità incredibile nel palleggio, a centrali dotate di grande rapidità.

La scelta degli USA di distribuire il gioco in maniera uguale tra tutte le attaccanti credi che sia figlia della loro filosofia o del fatto che non hanno una grande attaccante?

Io credo che se gli USA avrebbero un’Egonu o una Boskovic, giocherebbero alla stessa maniera perché sono molto integralisti. Loro hanno le loro idee; hanno 350 squadre di college che giocano tutte uguali e quindi nessuno che attacca seconda linea perché usano sempre il doppio cambio e tutte che giocano palla rapidissima in attacco. Vuoi che su 350 squadre, ognuna di queste con 16 giocatrici che cambiano ogni due anni, non trovino una con il fisico della Boskovic? Impossibile. Certo che c’è ma loro magari gli fanno fare il centrale e non si metteranno mai li a prendere un centrale che tocca 3,50 e insegnargli a fare l’opposto, perché non è nella loro mentalità.

Cosa non fare mai in palestra?

Palla a coppie non la faccio più da tempo. Le serie di difesa con rullate, rullate, rullate, non so quanto senso abbiano, anche se comunque anche quelle allenano le atlete ad andare per terra. Lo stesso bagherone, che evidentemente non ha una finalità tecnica, mi da comunque indicazioni su chi vuole vincere sempre, su chi non molla, su chi si butta su tutti i palloni. Ad esempio, per la ricezione io uso gli allenatori sulle panche, cosa che agli americani non piace perché loro lo fanno però saltando in battuta. Però un allenatore fa fatica a saltare per fare tutte le battute che servono ad allenare la ricezione, e quindi bisogna essere anche un pochino aperti. Lo so che il tavolo non è la realtà ma in certi casi lo uso, perché non potrei fare altrimenti.

Un’altra cosa che ho abbandonato tanti anni fa è il lavoro sintetico. Io credo molto nell’analitico perché se non so fare un gesto lo devo imparare. Uno studio ha preso cento violinisti. Di questi 100, in 10 anni 30 sono diventati primi violini, 30 sono diventati secondi e terzi violini e 30 sono diventati insegnanti di musica. Allora sono andati a vedere la storia di questi e niente di questi cento aveva a che fare con il talento. Chi è diventato primo violino ha fatto 10.000 ore di allenamento di violino, quelli che sono diventati secondo violino avevano fatto tra le 6.000 e le 7.000 ore di allenamento con il violino e quelle che sono diventati insegnanti di musica ne avevano fatte 2.000. Io quindi credo tanto in questo concetto. Se non so fare la ricezione, come posso mettermi di fianco ad un altro che invece la sa fare? E quindi sull’analitico ci credo molto, sulle ripetizioni. E credo molto anche sul globale perché alla fine dobbiamo giocare e per giocare serve il globale.

Cosa faresti se fossi al vertice della pallavolo mondiale e potessi fare qualcosa per rendere la pallavolo migliore?

Togliere tutto quello che è soggettivo (es. la doppia in palleggio). Per il resto non cambierei molto, Se guardi Wimbledon adesso e dieci anni fa, al di là delle racchette e della forza dei giocatori, non è cambiato nulla. A me non piace cambiare in continuazione. Questa è la pallavolo, e questa è bene che rimanga. L’unica cosa che poteva essere bella da vedere e da fare poteva essere tenere i set più corti e magari fare 4 su 7 ai 15, perché spesso ci sono partite che fino al 16 ti fanno annoiare e diventano interessanti dopo il 16 perché è in quella parte del set che si decide chi vince. Invece quando guardi un tie break stai attento fin dall’inizio. Un qualcosa forse la metterei nella battuta dei maschi perché a volte mi annoio a vedere tutti quegli errori, e forse più che alzare la rete poteva essere utile l’idea di Doug Beal che era quella di non poter ricadere dentro il campo dopo aver battuto.   


Questi i link attraverso i quali potrete riascoltare l'intervista in oggetto sul canale COACH FACTOR della piattaforma YouTube:

https://youtu.be/yJ7lIa7s7hE

https://youtu.be/BnOYelqIz98

https://youtu.be/4Pe8sIMXWTU

https://youtu.be/V69aHmpKHo4

https://youtu.be/3MD4Ld7OyRI


mercoledì 9 giugno 2021

GIANNI CAPRARA: LA MIA PALLAVOLO

 


Trascrizione dell'intervista rilasciata a Coach Factor da GIANNI CAPRARA, uno dei Coach più preparati e vincenti della pallavolo femminile italiana.

Una piacevolissima chiacchierata nella quale Caprara traccia le linee guida della sua pallavolo


Chi è Giovanni Caprara oggi?

È un allenatore che si sta rimettendo in gioco, perché dopo aver avuto la fortuna di vincere parecchio ho fatto delle scelte molto particolari perché credo che per migliorarsi sia importante anche scendere di livello. E visto che nel gestire grandi campioni non ho avuto grandi difficoltà e quindi vorrei rimettermi in gioco nel lavorare con quei giocatori giovani, di livello interessante in prospettiva, e provare a farli diventare da buoni giocatori a giocatori vincenti. E questa è un pochino la mia sfida di questi ultimi 2-3 anni.

Dialogo sì? Dialogo no? Dialogo con tutti? Tutto quello che ci puoi dire sul tuo approccio con il dialogo con i giocatori:

In questo momento sto rivedendo molte delle mie posizioni, dando sempre maggior attenzione alla comunicazione con le giocatrici e facendo in modo da avere da loro continui feedback volti alla ricerca del miglioramento. Il dialogo deve esserci assolutamente con tutti i giocatori. Ad inizio stagione devono essere stabilite delle priorità, degli obiettivi, insieme ai giocatori e quindi condivisi con loro. Il dialogo però poi deve essere costante anche dopo, nell’intero arco della stagione perché p soltanto grazie a ciò che si può meglio capire come poterle aiutare e migliorarle nell’aspetto tecnico e nel gioco.

Dire sempre la verità con i giocatori aiuta o alla lunga non è così? E la coerenza e l’onestà alla lunga paga sempre?

Io credo che alla lunga l’onestà e la coerenza paghino sempre. È però il modo in cui comunico le cose l’aspetto che sto rivedendo e che sto cercando di limare. Ho un carattere abbastanza forte e quindi voglio cercare di migliorarmi sotto questo aspetto. Quindi a volte, non dico che bisogni dire bugie, ma magari cercare di dire cose un pochino meno dolorose perché la verità spesso fa male, per ottenere poi dall’altra parte una risposta più positiva, persone che possano accettare meglio quello che diciamo loro.

È piuttosto facile parlare con il sestetto, con i giocatori che stanno andando bene. A volte è più complesso avere un dialogo con chi gioca poco, soprattutto quando allenando grandi squadre si hanno a disposizione giocatori che in altre squadre sarebbero titolari fissi. Riesci a mantenere questo equilibrio tra titolari e non titolari?

Il mio impegno è costante con tutti i giocatori. E da questo punto di vista credo di non aver mai avuto problemi perché la franchezza, la schiettezza nei rapporti ha sempre pagato. Spesso queste comunicazioni vanno rinfrescate ai giocatori, ricordando qual è il loro ruolo all’interno della squadra.

Si può delegare allo staff una parte di comunicazione con le atlete?

Io do molto spazio al mio staff, da sempre. Cecando con loro il confronto e non cercando di avere persone che mi dicono sempre di sì. Delego molto spazio al mio secondo allenatore la possibilità di parlare con i giocatori sia riguardo a particolari aspetti tecnici che comportamentali. Anche perché è molto facile che con il secondo allenatore si possano aprire in maniera più semplice e più tranquilla.

Pianificazione: immaginiamo una settimana tipo con partita domenicale.

La prima cosa è che la settimana di lavoro la gestisco in grande sinergia con il preparatore atletico. Con lui ragiono costantemente su volumi ed intensità di allenamento. Di norma il primo giorno della settimana partiamo con una seduta di pesi abbastanza importante; molto lavoro di forza. Poi tanta tecnica individuale e si salta poco. Il mercoledì si lavoro con il doppio allenamento, spesso con tecnica individuale di ricezione alla mattina e al pomeriggio il lavoro globale sul cambio palla. Al giovedì c’è un allenamento unico con esercizi di sintesi. Il venerdì facciamo la seconda seduta con i pesi e poi speso si abbinano le due situazioni, cambio palla e break point. Il sabato si fa un allenamento con basso volume. E poi alla domenica mattina si fa un piccolo allenamento tecnico di battuta e ricezione.  

Salti la mattina: Si? No? Come? Tutti o solo alcuni?

Io di solito non faccio saltare la mattina, ma non è obbligatorio non saltare. Magari a volte al mercoledì faccio fare un po’ di salti ai centrali lavorando per il muro, e la domenica mattina se ho giocatori che vogliono attaccare un po’, durante il lavoro di ricezione li lascio attaccare e quindi saltare un po’. Da questo punto di vista ascolto molto i loro feedback e mi rimetto un po’ a quelle che sono le loro esigenze e a quanto concordato con il preparatore atletico. L’unica cosa che mi interessa è che, se saltiamo, saltiamo! Non saltiamo un pochino, a metà, perché se non serve a nulla. Magari facciamo solo 10 salti ma in quei 10 spingiamo al massimo.

Guidetti dice di aver avuto ottime risposte facendo svolgere l’allenamento più importante della giornata alle 11 del mattino anziché al pomeriggio. Tu cosa ne pensi?

Credo che questa sia un’idea che prima o poi sposerò perché anche se penso a me stesso, mi rendo conto che rendo molto di più nella tarda mattinata che non in tarda serata. E quindi sono convinto che questa possa essere un’innovazione (che tra l’altro viene già utilizzata da tanti anni dagli americani) che, spazi palestra permettendo, mi piacerebbe utilizzare.

Singola seduta di allenamento: come la costruisci?

Considerato che negli ultimi anni ho sempre avuto spazi palestra di massimo due ore, mi piace far venire in palestra le giocatrici un’ora prima dell’allenamento (o al meno, comunque, mezz’ora prima) partendo sempre dalla sala video, già dal primo giorno della settimana. Sala video non significa solo far vedere dei video ma significa anche illustrare quello che faremo in allenamento in modo tale da sprecare meno tempo possibile in palestra presentando loro quelli che sono gli obiettivi tecnici sia di squadra che individuali che dovremo perseguire nel corso dell’allenamento. L’allenamento poi prevede come riscaldamento una parte di lavoro individuale (ritengo abbastanza inutile il riscaldamento collettivo). Poi scaldiamo la spalla con un lavoro tecnico a coppie. Poi iniziamo a scaldare il salto con delle esercitazioni di muro o attacco e poi piano, piano, inseriamo delle esercitazioni globali (o di sintesi) che io utilizzo molto spesso. In genere nei miei allenamenti al massimo dopo mezz’ora siamo già nel globale. A partite da quest’anno ho incominciato a sperimentare dei blocchi di lavoro, esempio: 20-30 minuti di globale alternati a 5-10 minuti di tecnica individuale. Devo dire che ho trovato un miglioramento per quanto riguarda l’attenzione e la concentrazione su lavoro da svolgere e quindi mi sembra ci sia un giovamento. Voglio sperimentare questo sistema però almeno 1-2 anni prima di poter affermare di avere dei miglioramenti. Riguardo al ritmo dell’allenamento, la stretta collaborazione con i miei preparatori atletici mi offre la possibilità di modulare ritmi e volumi dell’allenamento dal momento che loro contano il numero dei salti al fine di mantenersi (come numero di salti) nel range che il preparatore mi ha dato prima di ogni allenamento. Le giocatrici spesso adorano il ritmo, inserendo palloni a valanga, ma spesso così facendo si perde di qualità, perdendo di vista anche quello che è l’obiettivo tecnico individuale all’interno dell’esercizio globale. È quindi necessario comunicare attentamente con i giocatori che tipo di allenamento andiamo a fare (ecco perché preferisco farle arrivare in palestra con largo anticipo) perché l’aspetto principale dell’allenamento deve sempre essere quello che la qualità deve essere sempre molto alta.

Globale: definizione, sfaccettature:

Innanzi tutto, diciamo che all’interno del globale ogni mia giocatrice ha ben chiaro quale è il suo obiettivo tecnico, quello che deve riuscire a sviluppare all’interno del globale. Esempio: l’opposto deve sapere che la difesa della pala alta laterale a sinistra è una priorità sua perché magari ha un difetto in quel tipo di situazione e quindi quando capiterà quel tipo di situazione a lei richiederò la massima attenzione su questo aspetto. Chiuderò di più un occhio se non mi riuscirà a recuperare una palla in caduta, perché il suo focus era un altro. Dopodichè nel globale ci prefiggiamo degli obiettivi di squadra che possono essere ad esempio il cambio palla con ricezione esclamativa piuttosto che doppio più, utilizzando un po’ di più i centrali. Oppure nel break point con le corrette transizioni dei centrali che spesso dopo palla difesa non sono abili a prendere la rincorsa per effettuare il contrattacco.

Sistemi a punteggio:

Li utilizzo ma non sempre perché li ritengo utili soprattutto quando voglio fare dell’agonismo. Il mercoledì e venerdì, ad esempio, sono giorni dove utilizzo di più gli esercizi a punteggio; però all’interno di questi esercizi sono dispiaciuto quando i giocatori per ottenere il risultato non viaggiano nella direzione in cui devono viaggiare per fare i miglioramenti. Se un giocatore che tira sempre in diagonale e ottiene il punto tirando in diagonale non è la stessa cosa che se lo ottiene provando a tirare la parallela, anche sbagliando. E quindi è importante anche che noi riusciamo a gratificare quel giocatore che sta provando dei colpi nuovi. E quindi in si possono introdurre dei punteggi speciali proprio per gratificarli quando ottengono il punto con una situazione per loro nuova.

Il globale è molto allenante ma presenta il limite di non proporre quel numero sufficiente di ripetizioni necessarie per imparare un gesto: come vivi questo dualismo molto difficile da risolvere?

Come sempre c’è la classica via di mezzo, che in questo caso è la sintesi, che in determinati periodi dell’anno rappresenta la miglior forma di allenamento possibile. Quest’anno all’inizio ho utilizzato molto il globale per cercare di dare molte situazioni di gioco alla squadra e adesso, dopo un mese e mezzo che abbiamo iniziato, incomincerò ad usare un po’ di più la sintesi per andare a riprendere le situazioni che noi non facciamo bene per cercare di migliorarle. L’inizio del campionato è sempre molto utile per capire quali sono le situazioni che una squadra fa bene e quelle che fa meno bene e di conseguenza poi si deve insistere molto nelle fasi di gioco in cui non siamo brillanti. E per fare questo la sintesi è miglior strumento possibile.

Analitico: ad esempio lavoro dai tavoli. Cosa ne pensi?

Io il martedì utilizzo molto le esercitazioni di tecnica individuale ad esempio sulla difesa. E quando lavoro sulla difesa cerco di far lavorare maggiormente il giocatore sui colpi nei quali deve migliorare. Esempio: se un giocatore è molto forte nella difesa forte addosso ed è più deficitario nella difesa di palle laterali, lo allenerò maggiormente su questi ultimi. La grande sfida, la grande difficoltà, è proprio nell’applicare la tecnica individuale nel globale, nella situazione. E quindi durante il globale parlo molto con i giocatori (in maniera molto rapida e veloce) riguardo a che tipo di tecnica avrebbe dovuto usare su quel tipo di situazione; in modo tale che nella sua testa continui ad avere dei feedback su che tipo di tecnica avrebbe dovuto utilizzare riguardo quel tipo di situazione.

Battuta: nell’allenamento classico di un tempo di faceva battere gli ultimi 6 – 10 minuti dell’allenamento. L’idea però è che così facendo non si alleni bene questo fondamentale così importante. Cosa ne pensi?

Quando faccio esercitazioni a punteggio ho quasi sempre un paio di palloni di cambio palla; ho una serie di bonus come errori in battuta che concedo alla squadra che batte, però se fanno ace vengono gratificati con la possibilità di fare un errore in più. In questo modo cerco di riequilibrare quelle che sono le battute troppo facili con le battute che cercano di mettere pressione ai ricettori. Quando invece lavoro sulla battuta come blocco di lavoro alternato al globale, metto sempre un obiettivo che può essere quante volte riesco a centrare un obiettivo su ad esempio 10 battute: +1 se centro l’obiettivo, -1 se sbagli la battuta, 0 se la palla è in campo ma non colpisco l’obiettivo. Lo scoutman tiene segnati i punti di ogni singolo giocatore per consentire ai giocatori stessi di monitorare costantemente il loro allenamento di battuta.

Gioco: cosa pensi della pallavolo di adesso e quindi quella con quattro punti rete, con un gioco molto rapido, libero come secondo palleggiatore in campo, e come vedi lo sviluppo della pallavolo stessa nei prossimi anni.

Il discorso dei quattro punti rete è secondo me un’innovazione molto interessante e molto utile; consente infatti la possibilità alla squadra di avere più soluzioni di attacco. Naturalmente questi quattro punti rete dipendono moltissimo dalla qualità del primo tocco, dalla capacità di attacco dei centrali e comunque di tutti gli attaccanti di attaccare palle rapide in transizione. Poi certo, anche se guardiamo l’Italia di Mazzanti vediamo che sì, esistono i 4 punti rete, però poi nei momenti importanti la palla andava al terminale offensivo più importante (Egonu). Se avessimo 4 attaccanti tutti di grandissimo livello, il distribuire il gioco equamente tra questi 4 sarebbe il top perché ci consentirebbe di essere imprevedibili al massimo. Però, visto che poi nella realtà difficilmente è così, il trovare il miglio punto di equilibrio tra i vari attaccanti è quello che dobbiamo ricercare. Riguardo al libero, nella mia idea di pallavolo è già da alcuni anni che libero e palleggiatore sono due ruoli abbastanza simili, nel senso che il palleggiatore deve essere un grande difensore e il libero deve essere un grande palleggiatore. Poi certo, nella realtà bisogna che facciamo con quello che abbiamo e quindi anche qui trovare un buon equilibrio è la cosa che dobbiamo ricercare. Certo è che nella costruzione dei giovani atleti, la difesa per il palleggiatore e il palleggio d’alzata per il libero, devono diventare due fondamentali estremamente importante per puntare all’altissimo livello. Riguardo all’evoluzione della pallavolo quello che vedo è che nel femminile ci sono ancora troppe atlete che in difesa cercano l’unione delle braccia in mezzo al corpo; questo però, se andremo nella direzione di avere attaccanti sempre più potenti anche nella femminile, l’evoluzione della difesa dovrà quindi essere quella tipo maschile, dove gli interventi ad un braccio sulle palle laterali diventano fondamentali. E quindi insegnare alle giovani che il ricercare sempre l’unione delle braccia in mezzo al corpo in difesa sta diventando un’utopia, così come nella ricezione in bagher frontale, che in relazione alla velocità con cui viaggia la palla sta diventando anch’essa un’utopia. E queste cose vanno insegnate già dal giovanile. Quando io allenavo il giovanile il 2X2 3 il 3X3 erano giochi che utilizzavo tantissimo già in under 13,14,15, primo perché si toccano molti palloni, secondo perché vengono ripercorse più volte situazioni di difesa – alzata – attacco, e poi perché tutte quelle situazioni di gioco classiche della pallavolo (come, ad esempio, il difendere ad un braccio le palle forti laterali) ci sono tutte. Sono quindi esercitazioni necessarie ed importantissime nei settori giovanili e quindi vanno utilizzate per più ore.

Tattica di gioco: siamo diventati tutti bravissimi ad analizzare le squadre avversarie. A volte però c’è meno attenzione nel post-partita ad analizzare la prestazione della nostra squadra. Cosa ne pensi?

Il primo giorno della settima a è sempre dedicato solo a noi. Io tutti i martedì parlo solamente della partita che abbiamo fatto la domenica, facendo vedere determinate situazioni a video o a volte solamente parlandone. Andiamo a vedere situazioni positive e situazioni negative, quella magari più ricorrenti che ci portiamo dietro da tempo. Ritengo questa una cosa assolutamente fondamentale. Dopodichè illustro quello che andremo a fare durante la settimana, nella quale spesso andremo a lavorare proprio sulle cose che dall’analisi fatta non hanno funzionato, sia a livello di esercitazioni tecniche analitiche che di situazioni di gioco.

Ci sono cose che tutti noi allenatori facciamo un po’ per abitudine. Cosa a tuo avviso facciamo di inutile, di poco importante, che si potrebbe evitare di fare?

Io cerco sempre di evolvermi; ad esempio io sono già diversi anni che non entro più in spogliatoio nel prepartita per fare il famoso discorso alla squadra. Su questo lavoro molto durante la settimana e quindi credo che un’ora prima della partita sia inutile entrare nello spogliatoio per ricordare cose di cui stiamo parlando da inizio settimana. Lo faccio solo in casi estremi: quando magari c’è stato poco tempo per preparare la partita o quando vedo la squadra la mattina stessa particolarmente non attenta (es. partite facili). Io odio il bagherone ma quest’anno mi sono dovuto arrendere perché capivo che era una cosa che per molte giocatrici era importante fare; e allora, dal momento che danni non ne fa, dieci minuti la domenica mattina glielo lascio fare. Troppe volte a mio avviso dimentichiamo che il nostro è uno sport di situazione e troppe volte andiamo a fare degli esercizi analitici che non sono funzionali alla situazione di gioco. Esercizi di tecnica individuale con delle situazioni che non richiederebbero quella specifica tecnica. Un esercizio che mi fa veramente imbestialire e che ho visto girando a tutti i livelli è quello che si fa quando vogliamo allenare il bagher. Il giocatore parte sui 3 metri; lanciamo la palla alta, lenta e all’indietro, e il giocatore fa tre metri indietro per fare un bagher. Perché? Questa è una situazione che non va allenata perché è la classica situazione in cui dobbiamo usare il palleggio. E dopo ci meravigliamo se mammano che andiamo avanti crescono giocatori che fanno sempre uso solo del bagher anche con palloni alti e lenti. Per i palloni alti e lenti si usa il palleggio, e dobbiamo insegnare quello, non il bagher.

Hai un libro da consigliare ai giovani allenatori?

No, perché io sono un praticone: a me piace guardare quello che succede in campo e in base a quello che ho, cercare di capire cosa è meglio fare. Inoltre, mi piace molto parlare con i colleghi e confrontarmi con loro. Così come mi piace parlare tanto con le giocatrici, anche quelle che alleno; perché mi sono accorto che dalle condivisioni con loro davo per scontate delle cose che invece scontate non erano. Oppure ti fanno riflettere su alcune esercitazioni tecniche che loro farebbero in maniera diversa. Queste cose credo che siano la lettura migliore da poter consigliare ai giovani allenatori.

Cosa cambieresti, se potessi farlo, della pallavolo?

Credo fermamente che il vertice debba andare incontro alla base. La mia idea è quella che Mazzanti con i suoi collaboratori, si potessero dividere le aree geografiche italiane per andare a parlare con 20-30 allenatori. Questi 20-30 poi dovrebbero andare a parlare con gli altri delle loro provincie. Secondo me in questo modo ci sarebbe una minore dispersione di talenti, sia a livello di allenatori che di giocatori. I giocatori di talento puro, alla fine vengono fuori a prescindere; quello che dovremmo fare invece è alzare il livello medio e il livello medio-alto dei giocatori, in modo tale che ci sia sempre una credibile alternanza fra i giocatori che sono in nazionale e quelli che sono sotto. Questa secondo me è la chiave di volta per poter alzare ancora di più il livello del nostro volley. 



Questi i link attraverso i quali potrete riascoltare l'intervista in oggetto sul canale COACH FACTOR della piattaforma YouTube:


https://youtu.be/595pKa5DAqQ

https://youtu.be/8Wm85JhWFng

https://youtu.be/ZtIcZGevezE

https://youtu.be/PYnJVtc379Y