mercoledì 24 marzo 2021

CEV Challenge CUP. Trionfo dell’Allianz Powervolley Milano

 


Ziraat Bankasi SK Ankara – Allianz Powervolley Milano 2-3 (23-25, 25-23, 25-16, 18-25, 8-15)

 

Ziraat Bankasi SK Ankara: Atanasov 20, Ter Maat 21, Van Garderen 13, Bulbul 8, Yucel 0, Eksi 3, Gok 10, Bayraktar (L), Tosun 0. N.E. Akkus, Kirkit, Ayvazoglu, Ertugrul, Eken. All. Medei.

Allianz Powervolley Milano: Kozamernik 12, Daldello 0, Sbertoli 2, Maar 4, Weber 1, Patry 26, Piano 6, Ishikawa 13, Urnaut 17, Pesaresi (L). N.E. Staforini, Basic, Meschiari, Mosca. All. Piazza. ARBITRI: Georgiev, Aliyev. NOTE – durata set: 25′, 31′, 25′, 26′, 19′; tot: 126’

MVP: Jean Patry (Allianz Powervolley Milano)

 

Un grande successo europeo per l’Allianz Powervolley Milano che può alzare al cielo il suo primo storico trofeo. Piano e compagni, dopo una sfida combattuta fino al 5° set, sono riusciti ad imporsi sullo Ziraat Bankasi Ankara del tecnico Medei conquistando la 2021 CEV Challenge CUP.

Il totale equilibrio che aveva caratterizzato tutta la gara di andata si è riproposto anche sul taraflex del Baskent Sports Hall di Ankara nella sfida di ritorno. Una Finale di CEV Challenge Cup che fino all’ultimo ha lasciato con il fiato sospeso. Stesso risultato della settimana precedente, con Milano che con una zampata finale ha messo le mani sul match valso poi la vittoria del trofeo.

Gli uomini di Piazza, complice la prestazione maiuscola dell’opposto francesce Jean Patry, votato poi MVP del match con 26 punti messi a segno, l’ottima distribuzione del giovane Sbertoli e i contributi di Urnaut in Banda e di Kozamernik al centro, riportano nuovamente in Italia la terza Coppa europea per importanza, vinta già in 6 precedenti occasioni da team italiani. I detentori erano i russi del Belgorie Belgorod, campioni nella stagione 2018/19.

 

Roberto Piazza (allenatore Allianz Powervolley Milano): “I ragazzi oggi hanno deciso di fare questo regalo, prima di tutto a Milano e al presidente, e poi anche un pochino a me: perché 10 anni esatti fa vincevo la prima Coppa Cev con la Sisley Treviso e oggi, a distanza di 10 anni, questi ragazzi mi hanno fatto rivivere un’emozione meravigliosa. Quando sei sotto 2-1 ai set e 5-2 per gli altri dà parecchio gusto vincere, perché eravamo sul filo del rasoio già da troppo tempo, eravamo sull’orlo del baratro. Invece i ragazzi sono stati bravi, ci hanno creduto, hanno ripreso la loro marcia. Grande soddisfazione, sono felice soprattutto per la società, per il presidente e per tutti quei Milanesi che non sono potuti venire a vedere qua la partita. La coppa è dedicata a Milano e a questo gruppo straordinario di ragazzi che ha saputo voltare pagina subito dopo l’uscita ai Quarti Play Off”.

Matteo Piano (Allianz Powervolley Milano):”Sono commosso, è bello perché lavoriamo insieme a Milano da tempo, siamo cresciuti e condividiamo tanto. In tutti questi anni avevamo un’opportunità ed è stata questa Finale. Quando vinci qualcosa con i tuoi compagni è incredibile, abbiamo fatto una cosa grande”.

Nicola Pesaresi (Allianz Powervolley Milano): “È la mia seconda Challenge Cup, ma sono contentissimo e, come ha detto Matteo (Piano ndr.), non è mai scontato. Complimenti allo Ziraat perché ha fatto una bella partita e ci ha messo in difficoltà, ma noi siamo stati lì e alla fine siamo riusciti a portare a Milano questa Coppa. Siamo tutti molto contenti, sia per noi che per la società”.

 

Albo d’oro CEV Challenge CUP

2007/08 Cimone Modena (ITA)

2008/09 Arkas Izmir (TUR)

2009/10 RPA-LuigiBacchi.it Perugia (ITA)

2010/11 Lube Banca Marche Macerata (ITA)

2011/12 Tytan Azs Czestochowa (POL)

2012/13 Copra Elior Piacenza (ITA)

2013/14 Fenerbahce Grundig (TUR)

2014/15 OK Vojvodina Novi Sad (SRB)

2015/16 Calzedonia Verona (ITA)

2016/17 Fakel Novy Urengoy (RUS)

2017/18 Bunge Ravenna (ITA)

2018/19 Belgorie Belgorod (RUS)

2019/20 non assegnata

2020/21 Allianz Milano (ITA)

 

 

 

 Fonte: Lega Pallavolo Serie A



domenica 21 marzo 2021

Playoff Superlega: Il calendario delle semifinali

 


Sabato 27 marzo, ore 20.15

Sir Safety Conad Perugia – Vero Volley Monza

Diretta RAI Sport Canale 58

 

Domenica 28 marzo, ore 18.00

Cucine Lube Civitanova – Itas Trentino

Diretta RAI Sport Canale 58

 

Gara 2 Semifinali Play Off SuperLega Credem Banca

Mercoledì 31 marzo 2021, ore 18.00

Vero Volley Monza – Sir Safety Conad Perugia

Diretta Eleven Sports

 

Gara 2 Semifinali Play Off SuperLega Credem Banca

Giovedì 1 aprile 2021, ore 20.00

Itas trentino – Cucine Lube Civitanova

Diretta RAI Sport

 

Gara 3 Semifinali Play Off SuperLega Credem Banca

Domenica 4 aprile 2021, orari da definire

Sir Safety Conad Perugia – Vero Volley Monza

 Cucine Lube Civitanova – Itas Trentino

 

Eventuale Gara 4 Semifinali Play Off

Mercoledì 7 aprile 2021, orari da definire

Vero Volley Monza – Sir Safety Conad Perugia

 Itas trentino – Cucine Lube Civitanova

 

Eventuale Gara 5 Semifinali Play Off

Domenica 11 aprile 2021, orari da definire

Sir Safety Conad Perugia – Vero Volley Monza

 Cucine Lube Civitanova – Itas Trentino

 

 

Play Off 5° Posto SuperLega Credem Banca

Ecco l’elenco delle squadre che prenderanno parte ai ai Play Off 5° posto:Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia, Gas Sales Bluenergy Piacenza, Leo Shoes Modena, Allianz Milano, NBV Verona, Consar Ravenna, Kioene Padova, Top Volley Cisterna. Il calendario verrà comunicato in seguito dalla Lega Volley.

 


Fonte: Lega Pallavolo Serie A 


Quarti di Finale Gara 3: Perugia batte Milano con il massimo scarto e raggiunge Monza in Semifinale

 


Sir Safety Conad Perugia – Allianz Milano 3-0 (25-14, 25-23, 25-22)

Sir Safety Conad Perugia: Travica 0, Leon Venero 12, Ricci 9, Ter Horst 19, Plotnytskyi 9, Solé 9, Biglino (L), Vernon-Evans 0, Colaci (L), Zimmermann 0, Piccinelli 0. N.E. Atanasijevic, Russo, Muzaj. All. Heynen.

Allianz Milano: Sbertoli 0, Ishikawa 8, Kozamernik 2, Patry 7, Urnaut 14, Piano 7, Staforini (L), Pesaresi (L), Maar 0, Basic 1, Mosca 1. N.E. Weber, Meschiari, Daldello. All. Piazza. ARBITRI: Puecher, Rapisarda. NOTE - durata set: 23', 29', 29'; tot: 81'. MVP: Ter Horst

 

La Sir Safety Conad Perugia si prende la Semifinale Scudetto. I Block Devils sconfiggono l’Allianz Milano in Gara 3 dei Quarti di Finale e accedono al turno successivo dove incroceranno il Vero Volley Monza. Partita ben giocata dagli uomini di Heynen che, dopo un primo set condotto sempre con ampio margine, tengono mentalmente e tecnicamente nel secondo e terzo parziale quando Milano prova a rientrare nel match. Lì escono fuori le armi della squadra di casa che spinge tantissimo dai nove metri (9 ace contro i 3 degli ospiti) e lavora con grande qualità in fase break con un Colaci straripante in difesa e con Travica bravo nella gestione del gioco di contrattacco. Milano, trascinata da un eccellente Urnaut, lotta fino in fondo, ma l’ace finale di Ter Horst chiude i giochi. È proprio l’olandese l’MVP della partita. Sono 19 i suoi palloni vincenti con 4 ace, 2 muri e il 65% in attacco. Doppia cifra in casa bianconera anche per Leon (12 punti), 9 a testa per Ricci, Solé e Plotnytskyi. Nelle file dell’Allianz migliore in campo Tine Urnaut con 14 punti (57% in attacco), mentre Ishikawa (8) e Patry (7) sono ben marcati per tutta la sfida da muro e difesa avversari.

 

MVP: Thijs Ter Horst (Sir Safety Conad Perugia)

 

Fabio Ricci (Sir Safety Conad Perugia): “La Semifinale era il nostro obiettivo e non dovevamo sbagliare questo match. Sapevamo che loro sarebbero venuti per disputare una partita vera e che ci sarebbero stati momenti di difficoltà. Abbiamo tenuto di testa giocando una palla alla volta. Siamo stati concreti e con pochi fronzoli. È andata bene e siamo contenti”.

Matteo Piano (Allianz Milano): “Stasera non siamo riusciti a metterli in difficoltà con la nostra battuta. Loro hanno fatto una gran bella partita, hanno avuto spesso palla in mano e, quindi, hanno avuto una continuità migliore della nostra nel cambio palla”.

 

Fonte: Lega Pallavolo Serie A 


sabato 20 marzo 2021

Quarti di Finale Play Off SuperLega Credem Banca: Vero Volley Monza in Semifinale

 



Risultato Gara 3 Quarti di Finale Play Off SuperLega Credem Banca
Vero Volley Monza - Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia 3-2 (25-21, 17-25, 25-22, 22-25, 16-14)

Vero Volley Monza: Orduna 0, Lanza 19, Beretta 6, Lagumdzija 14, Dzavoronok 22, Galassi 13, Brunetti (L), Davyskiba 3, Federici (L), Holt 0. N.E. Poreba, Ramirez Pita, Falgari, Calligaro. All. Eccheli. 

Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia: Saitta 3, Rossard 17, Chinenyeze 11, Drame Neto 19, Defalco 19, Cester 6, Sardanelli (L), Rizzo (L), Almeida Cardoso 0, Dirlic 0, Gargiulo 0. N.E. Chakravorti, Corrado. All. Baldovin. ARBITRI: Goitre, Luciani. NOTE - durata set: 27', 28', 30', 33', 25'; tot: 

143'; MVP Lanza

La Vero Volley Monza è tra le prime quattro squadre d'Italia. Gara 3 dei Quarti di Finale dei Play Off Scudetto Credem Banca 2020-2021 contro la Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia sorride infatti alla prima squadra maschile del Consorzio Vero Volley, brava a spuntarla ai vantaggi del tie-break e a volare alla Semifinale tricolore contro una tra Perugia e Milano, domani in campo nel match decisivo dell'altro Quarto. Il primo, storico pass dei rossoblù per il penultimo atto del massimo campionato di volley maschile arriva al termine di una gara favolosa, equilibrata fino all'ultimo pallone e decisa da due fiammate del bomber monzese Lagumdzija sul velenoso turno in battuta dell'MVP Lanza (costante con le sue accelerazioni durante tutta la gara). Era il quarto di finale sulla carta più equilibrato, quello tra la quarta e la quinta forza della stagione regolare, e alla fine così è stato, perché Vibo Valentia ha sempre dimostrato, come in tutta l'annata sportiva, di essere una squadra superlativa in tutti i fondamentali, soprattutto dai nove metri con Aboubacar (MVP di Gara 2, autore stasera di 19 punti di cui 5 ace, 4 consecutivi nel secondo set), De Falco e Rossard a risultare spine nel fianco della ricezione monzese. Alla conquista del primo e terzo gioco dei lombardi, i calabresi hanno saputo rispondere con autorità nel secondo e quarto set, giocando palla su palla fino alla fine. Monza, trascinata da un Galassi sontuoso e un Dzavoronok a tratti incontenibile, ha saputo però, grazie anche al lucido Orduna in regia, interrompere, nel quinto set, sotto 14-13, il buon momento degli ospiti continuando così a correre per il titolo nazionale.

MVP: Filippo Lanza (Vero Volley Monza)

Donovan Dzavoronok (Vero Volley Monza): “Finale più elettrizzante non poteva esserci. Ancora non ci credo. Sono orgoglioso di noi, di questa società e di questo gruppo. Non è da poco che sono qua e questo è un sogno a cui nessuno di noi pensava ed invece è arrivato. La stagione non è ancora finita, il sogno continua. Abbiamo battuto Perugia 3-0 per due volte e quindi è tutto fattibile. Io credo in noi che continueremo a dare questo spirito e questo cuore in campo”.


Ninni De Nicolo (Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia): “Resta grande amarezza per aver visto svanire la possibilità della Semifinale ad un passo dal traguardo. Sarebbe stato un modo per ripagare la società degli sforzi e dei sacrifici fatti in quasi trent'anni di attività, ma anche la meritata soddisfazione per la squadra che lavora da luglio insieme a tutto lo staff e a chi si impegna ogni giorno dietro le quinte. La delusione però non deve rovinare in alcun modo le gioie di un'intera stagione che è stata al di sopra delle aspettative. Anche la gara di stasera la potremo ricordare come una partita giocata con il cuore e in cui non abbiamo mai chinato la testa come dimostra il grande equilibrio che ha regnato fino alla fine”.

 

Fonte: Lega Pallavolo Serie A

Play Off Scudetto SuperLega Credem Banca: Quarti di Finale Gara 3

 



Sabato e domenica vanno in scena gli ultimi incontri dei Quarti di Finale dei Play Off Scudetto, con diretta RAI Sport. La terza giornata si apre sabato 20 marzo, alle 18.00, con la “bella” tra Monza e Vibo. Il giorno dopo, alla stessa ora, scendono in campo Perugia e Milano per la resa dei conti. Le vincenti si incroceranno nel turno successivo. Già nota l’altra semifinale tra Lube e Trento.

Nella serie tra Vero Volley Monza, quarta al termine della Regular Season, e la Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia, che ha chiuso la stagione regolare al quinto posto, finora ha prevalso il fattore campo. Martedì 9 marzo, in Gara 1, il team brianzolo ha fatto la voce grossa in quattro set all’Arena di Monza, mentre nel match di domenica, al PalaMaiata di Vibo Valentia, i calabresi hanno messo in cassaforte un importante 3-0 con una grande performance della diagonale composta da Saitta e Abouba (MVP con 25 punti personali). Exploit che ha riaperto il discorso qualificazione e ha ridotto il gap negli scontri diretti globali, che vedono il consorzio Vero Volley avanti 8-4. L’unico ex della gara è Rizzo, che fino a due stagioni fa vestiva la maglia del team di casa.


Aspettative alte per agonismo e spettacolo nella sfida da dentro o fuori tra la Sir Safety Conad Perugia, vincitrice della Regular Season ma battuta 3-0 mercoledì nel derby italiano di Champions League a Trento, e l’Allianz Milano, outsider che ha estromesso dal torneo Verona alla “bella” nel Turno Preliminare e ha fatto sua al tie break l’andata sofferta della Finale con lo Ziraat Bankasi in Challenge Cup. La formazione lombarda è ora decisa a giocarsi il tutto per tutto in un’altra “finale”, ma questa volta con il campo a sfavore. Nel primo confronto i meneghini hanno violato il PalaBarton centrando una rimonta storica e beffando i Block Devils al tie break dopo essere stati sotto di due set, mentre in Gara 2 gli umbri si sono rifatti con un successo per 3-1 al termine di una partita scorbutica, combattuta e segnata dall’espulsione del tecnico Roberto Piazza, commutata in settimana.
 

Vero Volley Monza – Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia

PRECEDENTI: 12 (8 successi Monza, 4 successi Vibo Valentia)
EX: Marco Rizzo a Monza dal 2015/16 al 2018/19


A CACCIA DI RECORD:

Nei Play Off: Maxwell Philip Holt - 6 punti ai 300 (Monza).

In carriera: Thomas Beretta - 14 punti ai 2200, Gianluca Galassi - 4 punti ai 900, Maxwell Philip Holt - 25 punti ai 2000 (Vero Volley Monza)



Massimo Eccheli (allenatore Vero Volley Monza): “Come si prepara una gara che vale una stagione? Non lo so. Posso dire come l'abbiamo preparata noi, ovvero cercando di lavorare sugli aspetti che puntiamo a fare bene, tenendo un ambiente carico al massimo ma tranquillo allo stesso tempo. Emotivamente credo poi che ognuno di noi, individualmente, tra staff e atleti, abbia vissuto in maniera personale l'avvicinamento a questo match. Gara 1 e Gara 2 sono state diverse ma anche speculari, con noi bravi a fare bene servizio e ricezione nel primo match e loro capaci di rispondere nello stesso modo in casa. C'è stato grande equilibrio, con questi due aspetti che hanno spostato gli equilibri in modo determinante in entrambe le sfide”.
Aboubacar Drame Neto (Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia): “Il match di spareggio con Monza sarà un grande duello e noi dobbiamo mettercela tutta per riuscire a portare la vittoria a casa. Dopo Gara 2 ci aspettiamo di trovare dall’altra parte della rete un avversario arrabbiato e determinato ad imporsi. Noi non ci faremo intimorire e cercheremo di approcciare al match con lo stesso atteggiamento avuto nell’ultimo incontro. Dal punto di vista tecnico non dovremo perdere la pazienza quando ci metteranno in difficoltà con il loro servizio ed essere bravi a trovare la soluzione migliore per arginarli. In questi giorni abbiamo lavorato con grande concentrazione per arrivare preparati e sono sicuro che ognuno di noi darà il proprio contributo per non sprecare un’occasione preziosa”.
 

Sir Safety Conad Perugia – Allianz Milano

PRECEDENTI: 16 (13 successi Perugia, 3 successi Milano)
EX: Alessandro Piccinelli a Milano nel 2017/18, Nicola Daldello a Perugia nel biennio 2011-2012
A CACCIA DI RECORD:
Nei Play Off: Aleksandar Atanasijevic - 19 punti ai 1200, Oleh Plotnytskyi - 20 punti ai 100 (Sir Safety Conad Perugia), Jean Patry - 20 punti ai 100 (Allianz Milano)
In carriera: Aleksandar Atanasijevic - 10 punti ai 4500, Oleh Plotnytskyi - 12 punti ai 1000, Sebastian Solé - 2 muri vincenti ai 500 (Sir Safety Conad Perugia), Tine Urnaut - 19 punti ai 3200 (Allianz Milano)

Fabio Ricci (Sir Safety Conad Perugia): “La sconfitta di ieri a Trento in Champions brucia, ma dobbiamo metterla subito da parte perché domenica dobbiamo affrontare un match cruciale contro Milano. È una gara secca, dobbiamo recuperare in fretta e scendere in campo determinati ed aggressivi dal primo pallone. Vogliamo la Semifinale e non abbiamo alternative, dobbiamo vincere”.
Yuki Ishikawa (Allianz Milano): “Domenica ci aspetta Gara 3 a Perugia: sarà una partita tosta perché conosciamo le qualità dell’avversario, ma noi dobbiamo essere bravi, dobbiamo fare il nostro gioco e soprattutto dobbiamo giocare con la testa. Siamo pronti ma siamo ancor di più molto carichi: vogliamo vincere e vogliamo dimostrare in campo ciò che di buono abbiamo fatto finora. Dobbiamo farci trovare pronti e mettere il 100% della nostra energia in qualunque situazione del match. È una partita che non dobbiamo sbagliare: noi ci crediamo”.



Fonte: Lega Pallavolo Serie A

 


venerdì 19 marzo 2021

Quarti di Finale Play Off SuperLega Credem Banca. I numeri di Gara 2

 


 

Risultati:

Gas Sales Bluenergy Piacenza – Itas Trentino 1-3 (17-25, 27-25, 18-25, 22-25)

Allianz Milano – Sir Safety Conad Perugia 1-3 (25-23, 23-25, 23-25, 20-25)

Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia – Vero Volley Monza 3-0 (25-18, 33-31, 30-28)

Leo Shoes Modena – Cucine Lube Civitanova 1-3 (25-23, 21-25, 20-25, 22-25)


I NUMERI:

 LA GARA PIÙ LUNGA: 02.11

Allianz Milano – Sir Safety Conad Perugia (1-3)

LA GARA PIÙ BREVE: 01.40

Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia – Vero Volley Monza

IL SET PIÙ LUNGO: 00.39

2° Set (33-31) Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia – Vero Volley Monza

IL SET PIÙ BREVE: 00.23

1° Set (17-25) Gas Sales Bluenergy Piacenza – Itas Trentino

 

I TOP DI SQUADRA

ATTACCO: 56%

Sir Safety Conad Perugia

RICEZIONE PERFETTA: 41%

Sir Safety Conad Perugia

MURI VINCENTI: 13

Sir Safety Conad Perugia

 

PUNTI: 81

Sir Safety Conad Perugia

BATTUTE VINCENTI: 9

Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia

 

I TOP INDIVIDUALI

PUNTI: 28

Wilfredo Leon (Sir Safety Conad Perugia)

ATTACCHI PUNTI: 24

Wilfredo Leon (Sir Safety Conad Perugia)

SERVIZI VINCENTI: 7

Aboubacar Drame Neto (Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia)

MURI VINCENTI: 5

Robertlandy Simon (Cucine Lube Civitanova)

Roberto Russo (Sir Safety Conad Perugia)

 

I MIGLIORI

Wilfredo Leon Venero (Allianz Milano – Sir Sicoma Monini Perugia)

Aboubacar Drame Neto (Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia – Vero Volley Monza)

Nimir Abdel Aziz (Gas Sales Bluenergy Piacenza – Itas Trentino)

Osmany Juantorena (Leo Shoes Modena – Cucine Lube Civitanova)

 

Gara 3 Quarti di Finale Play Off SuperLega Credem Banca

Sabato 20 marzo 2021, ore 18.00

Vero Volley Monza – Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia

Diretta RAI Sport

Diretta streaming su raiplay.tv


Fonte: Lega Pallavolo Serie A

 


L’epopea italiana di Julio Velasco. Dall’argentina a Jesi, ai 4 scudetti Modenesi fino alla nazionale dei fenomeni. By Filippo Vagli

 


Questa è la narrazione di una delle più belle storie sportive italiane. Ha origini che si snodano fra Buenos Aires, Jesi, Bologna e Modena, città apparentemente slegate tra loro ma in realtà tenute insieme da unico filo conduttore: un pallone da pallavolo.

Siamo nell’estate del 1985. In Italia fa caldo e la persone non vedono l’ora di andare al mare a fare il bagno dopo un inverno che sarà ricordato come quello della terribile ondata di gelo abbattutasi sull'Italia. Nel gennaio italiano si sono infatti toccate punte di -24 gradi, con storiche nevicate che hanno depositato un manto nevoso alto fino a 55 centimetri, toccando anche città come Cagliari che fino a quel giorno avevano avuto ben poco a che fare con i fiocchi bianchi provenienti dal cielo.

E’ l’anno in cui a Ovest Michael Jackson e la fondazione USA For Africa registrano il singolo We Are the World, mentre ad Est Mosca elegge segretario del PCUS Michail Gorbačëv.

E’ anche l’anno di alcune tragedie sportive. Quella di Bradford, dove l’undici maggio scoppia un drammatico incendio nel settore G dello stadio Valley Parade durante una gara tra i padroni di casa e il Lincoln City. Il tragico bilancio finale reciterà 56 morti e 265 feriti. E quella di Bruxelles, dove il 29 maggio si disputa la finale di Coppa dei Campioni, tra la Juventus di Platini e i campioni inglesi del Liverpool. Prima dell'incontro, gravi tafferugli tra le opposte tifoserie provocano la morte di 39 persone, di cui 32 italiane, e il ferimento di altre 600. L'evento verrà  ricordato come la strage dell'Heysel.

Due città italiane invece, sportivamente parlando, sono al settimo cielo. Si tratta di Verona che vince il suo primo e storico scudetto nel calcio e di Bologna che lo scudetto lo vince sotto rete.

Ma facciamo un passo indietro nel tempo e trasferiamoci dall’altra parte dell’Oceano, e precisamente in Argentina dove, a 60 chilometri dalla capitale Buenos Aires, c’è La Plata, città con ottocentomila abitanti circa, caratterizzata dalle numerose "diagonali", strade ad intersezione diagonale su un tracciato di vie che si intersecano ad angolo retto. E di “diagonali” pallavolistiche diventerà esperto il protagonista di questa storia, che proprio a La Plata nasce agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso.

Un giovanotto che seguendo le orme della mamma insegnante sogna di fare il professore e invece, un po’ per caso, diventa allenatore di pallavolo. Ma prima di diventare allenatore, Julio, questo è il suo nome di battesimo, gioca a pallavolo.

E’ un buon giocatore. Vince il premio di miglior pallavolista juniores argentino e con la propria squadra di club arriva fino alla serie A. Diventa seniores, si iscrive all’università, facoltà di filosofia, dove diventa attivista politico del movimento studentesco. Gioca ancora per un anno e poi decide di dedicare tutto il suo tempo allo studio della filosofia e alla passione politica.

Gli anni ’70 del secolo scorso sono però anni duri nel paese sudamericano per chi non è allineato alla politica del governo. Ma più che di governo, dobbiamo parlare di un vero e proprio regime che, con il terribile colpo di stato militare messo in atto la notte del 24 marzo 1976 destituisce la presidentessa Isabel Martínez de Perón instaurando una ferrea dittatura che durerà ben sette anni. Jorge Rafael Videla, generale dell’esercito, ne è a capo e verrà ricordato per una lunghissima serie di gravissime violazioni dei diritti umani e per vari crimini contro l'umanità, tra i quali l'assassinio e la tortura di 30.000 persone.

Il collante del regime è l'avversione verso le forze democratiche della nazione, considerate nemici del nuovo stato, che si esprime con una vera e propria caccia alle streghe verso chiunque non manifesti appoggio alla dittatura. Per questo motivo Julio, dopo cinque anni di studio e a pochi esami dal dalla laurea si vede costretto, per motivi di sicurezza, ad abbandonare non solo l’università ma anche la propria città. Scappa a Buenos Aires dove per mantenersi incomincia ad allenare una squadra di pallavolo, oltrechè a svolgere altri lavori tra cui quello di addetto in un’impresa di pulizie.

Muove i suoi primi passi da Coach in una squadra di serie C per poi diventare allenatore del settore giovanile di un importante club della capitale argentina. Allenare non solo gli piace ma gli riesce particolarmente bene. Decide allora di dare una svolta alla propria vita. Abbandona definitivamente gli studi in filosofia e si butta anima e corpo sullo studio dell’Educazione Fisica. Si laurea e nello stesso tempo cresce come allenatore. Con il Ferro Carril Oeste di Buenos Aires vince quattro campionati argentini consecutivi tra il 1979 e il 1982, anno nel quale è anche il vice allenatore della propria nazionale, terza classificata ai campionati mondiali giocati in casa.

Ma torniamo in Italia, e trasferiamoci a Jesi, la seconda tappa di questo nostro viaggio per il mondo. Quarantamila abitanti in provincia di Ancona e un passato importante, visto che nel XII secolo è la capitale della Respublica Aesina. Il presente è costituito da un gradevolissimo centro storico circondato da una cinta muraria del XV secolo pressoché intatta.

In questa graziosa cittadina marchigiana il 12 aprile 1955 nasce un altro dei protagonisti di questa storia. Si chiama Giuseppe Cormio e alla fine degli anni ’70 del secolo scorso svolge contemporaneamente tre professioni: agente di una multinazionale assicurativa, giornalista ed esperto pubblicitario. Tutto questo mantenendo viva la sua grande passione: la pallavolo.

Beppe è infatti un buon palleggiatore. Con la squadra di Jesi parte dalla serie C, e nel giro di qualche sale prima in serie B e poi in serie A2. Una volta approdato alla serie A, Giuseppe interrompe l’attività agonistica e diventa direttore sportivo della squadra stessa. Siamo negli anni ’80, e precisamente nel 1982.

Cormio deve scegliere un paio di giocatori stranieri per potenziare la sua squadra. E’ appena terminato il mondiale in argentina, vetrina che ha messo in mostra un buon numero di giovani talenti sudamericani, molti di cui diventeranno negli anni a venire campioni straordinari come Daniel Castellani, Hugo Conte, Jon Uriarte, Carlos Wagenpfeil e Waldo Kantor, solo per citarne alcuni. Cormio individua in Wagenpfeil, universale d’attacco e Kantor, funambolico palleggiatore, i due acquisti per la sua ambiziosa Jesi. Allestisce un sestetto di tutto rispetto a cui manca un tassello fondamentale, quello dell’allenatore.

Cormio è convinto che l’allenatore debba costituire la pietra angolare su cui costruire una squadra, e che non sia per nulla conveniente allestire squadre con forti giocatori e poi affidarle a tecnici dilettanti. Ma in Italia è uno dei pochi a pensarla così. La realtà del bel paese di quegli anni evidenzia che l’unico allenatore a tempo pieno è Silvano Prandi, tecnico della Kappa Torino, che può dedicarsi a tempo pieno alla pallavolo grazie al distacco ottenuto dalla scuola nella quale insegna Educazione Fisica. Lo stesso Claudio Piazza, bravissimo allenatore della Santal Parma campione d’Italia svolge un'altra attività professionale oltre che allenare il club ducale. Cormio cerca quindi sul mercato un allenatore professionista. La cosa non è di semplice risoluzione considerato che non dispone di un budget importante e quindi non può offrirgli un contratto particolarmente allettante dal punto di vista economico.

I due nuovi acquisiti argentini fanno il nome di un giovane loro connazionale, un tecnico emergente, che hanno avuto come secondo allenatore in nazionale. Quell’allenatore è Julio, l’ex studente di filosofia e attivista politico. Quello nato a La Plata, che di cognome fa Velasco. Cormio riesce a convincerlo ad imbarcarsi sul primo aereo in partenza per l’Italia e dopo avergli parlato lo ingaggia, con un contratto da sei mila dollari all’anno. I soldi messi sul tavolo non rappresentano certamente un piatto particolarmente prelibato ma Velasco ha voglia di fare un’esperienza all’estero, convinto di tornare in patria qualche anno dopo arricchito da un’ importante esperienza umana e professionale fatta all’estero.  

Velasco ha un buon impatto con la pallavolo italiana. La squadra ottiene buoni risultati che gli consentono di rimanere sulla panchina di Jesi due stagioni. La società marchigiana, pur contenta del suo operato, si vede però costretta a non rinnovargli il contratto a causa abbandono della sponsorizzazione “Tre Valli”. Julio non ha altre proposte di lavoro e pensa ad un ritorno anticipato in patria quando inaspettatamente gli arriva la chiamata di un nostro club di serie A1. La telefonata non giunge da un club qualsiasi, tutt’altro.

Ma non anticipiamo troppo i tempi e trasferiamoci nella terza tappa della nostra storia. Dalla piccola Jesi, risalendo lo stivale, giungiamo a Bologna, la Dotta. Siamo nell’estate del 1985 e la bologna pallavolista è in festa per un finale di stagione incredibile. I Playoff scudetto hanno decretato che a sfidarsi per la conquista del tricolore saranno la super favorita Panini Modena e l’outsider Mapier Bologna.

Modena, dove lo scudetto manca dalla stagione 1975/76, ha affidato al tecnico Andrea Nannini una vera e propria corazzata. Pupo Dall’Olio, il miglior palleggiatore italiano dell’epoca, è in cabina di regia e opposto a lui, a randellare da ogni zona del campo, c’è lo straordinario martello argentino, Raul Quiroga. Attaccanti di posto quattro sono il più forte schiacciatore italiano, “mano di pietra” Franco Bertoli e l’esperto Mauro Di Bernardo, nazionale italiano, e giocatore di grande classe. Al centro della rete c’è l’esperto Giancarlo Dametto, fenomenale a muro, affiancato dal golden boy della pallavolo italiana, Andrea “Lucky” Lucchetta. In panchina, a scalpitare per trovare un posto da titolare, c’è un giovane schiacciatore di Cavriago, quel Luca Cantagalli che diventerà un’icona della nostra pallavolo. Un super sestetto allestito con un solo obiettivo: vincere.

A Bologna il tecnico Nerio Zanetti ha fatto invece le cose in “economia”, costruendo il suo gioiellino attorno al martello italo - canadese Stelio De Rocco e al geniale palleggiatore Marco Venturi, estroso mancino dalle mani d’oro già a Sassuolo e a Modena. Angelo Squeo, Leo Carretti e Antonio Babini sono gli altri punti di forza del sestetto felsineo. Sulla carta non c’è partita ma, come si suol dire, la palla è rotonda e alla fine sarà proprio la Mapier Bologna a prevalere. I bolognesi sono campioni d’Italia per la terza volta, dopo i due precedenti titoli conquistati dall’allora Virtus Pallavolo Bologna nelle stagioni 1965/66 e 1966/67.

E se Bologna ride, Modena, la quarta e ultima tappa del nostro viaggio pallavolistico, piange. La città della Ghirlandina, è famosa nel mondo per la Ferrari, la Lamborghini, le tigelle e per la sua squadra di pallavolo che, grazie alla passione dei fratelli Panini e alla competenza del Professor Anderlini, vero e proprio pioniere di questa disciplina, hanno nel corso degli anni costruito un impero nel mondo del Volley. La sconfitta con Bologna, assolutamente inattesa, è una vera e propria mazzata sia per la società gialloblu che per l’intera città. Ed è talmente dolorosa da costare la panchina al tecnico Andrea Nannini, una bandiera della pallavolo italiana dell’epoca.

Gli emiliani si buttano quindi alla ricerca di un nuovo tecnico. I nomi che si fanno sono quelli dei più altisonanti allenatori italiani e stranieri. Ma come spesso accade in questi casi, la scelta dei dirigenti modenesi stupisce tutti. Con una vera e propria scommessa Modena decide di affidare la panchina ad un allenatore proveniente dalla serie A2 e precisamente da Jesi: Julio Velasco.

Già la stagione precedente i modenesi avevano tastato il polso al tecnico argentino per affidargli il ruolo di vice Nannini, ottenendo dallo stesso un secco rifiuto. Rifiuto che aveva in qualche modo colpito la dirigenza modenese dal momento che nessuno prima di allora si era permesso di rifiutare la panchina di Modena, nemmeno come secondo allenatore. E chissà se fu proprio quella dimostrazione di carattere e di personalità a convincere la dirigenza modenese ad affidare la panchina al giovane tecnico argentino. Questa volta però non più come vice allenatore ma come Head Coach.

Velasco accetta l’incarico. Si trasferisce in Emilia con un solo anno di contratto, insieme ad un altro allenatore di Jesi, Paolo Giardinieri, che diventa non solo il suo scoutman, ma uno dei suoi uomini di fiducia, che lo seguirà per buona parte della sua lunga carriera.

A Velasco viene consegnata la stessa squadra dell’anno precedente. Trova alcuni giocatori che segneranno la storia del volley italiano e mondiale nel decennio seguente quali Luca Cantagalli, Lorenzo Bernardi e Andrea Lucchetta, oltre agli esperti Pupo Dall’Olio e Franco Bertoli considerato lo schiacciatore italiano più forte del momento. L’organico comprende anche i due formidabili “gauchos” Esteban Martinez e Raul Quiroga e ottimi giocatori quali il centralone Dametto, l’universale Di Bernardo, il secondo palleggiatore Sacchetti e il giovane Andrea Ghiretti.   

IL tecnico argentino arriva a Modena con la stessa forza con cui uno tsunami travolge e distrugge tutto ciò che trova davanti a sé. Imposta una strategia di totale rottura con il passato sia riguardo la gestione del gruppo squadra che i sistemi di allenamento, imponendo sedute durissime sia dal punto di vista fisico che mentale che portano la squadra allo sfinimento tutti i giorni. Le ore di allenamento quotidiano vengono praticamente raddoppiate.

La squadra subisce qualche inevitabile contraccolpo dal momento che si trova a dover metabolizzare questo grande cambiamento metodologico e accusa pertanto qualche passo falso. Poi, settimana per settimana, mese per mese, consapevolizzando i tangibili miglioramenti che questo tipo di lavoro stava producendo sia a livello individuale che di squadra, il gruppo accetta e accoglie le innovazioni del suo nuovo tecnico. Nella seconda parte della stagione cambia marcia e torna a giocarsi lo scudetto contro Bologna. Questa volta però con un risultato completamente diverso rispetto a quello di dodici mesi precedenti, con i gialloblu che vinceranno lo scudetto in sole tre, seppur combattute, partite.

Modena torna ad essere campione d’Italia dopo ben dieci anni e Velasco diventa il re della città.

Nella stagione seguente alla truppa si è aggiunto Fabio Vullo. Palleggiatore proveniente da Torino che prende il posto di Pupo Dall’Olio. Modena ha deciso di sacrificare il Pupo nazionale investendo su questo giovane alzatore toscano ritenuto da tutti il prototipo del palleggiatore moderno: alto, forte a muro, dal palleggio pulito e dall’ottima visione di gioco. Il tutto unito ad uno stile di leadership piuttosto marcato.

Un innesto che pone i modenesi come una vera e propria schiacciasassi. Ma la doccia fredda è dietro l’angolo. A poche settimane dall’inizio della stagione la federazione argentina, per rendere maggiormente competitivo il proprio campionato, decide di chiudere le frontiere, impedendo ai giocatori di interesse nazionale di poter espatriare. Esteban Martinez e Raul Quiroga, due importanti punti di forza del sestetto gialloblu non potranno quindi essere della partita. A Modena vengono offerti buoni giocatori ma nessun campione vero  e a quel punto Velasco compie una scelta che spiazza tutti: la Panini giocherà la stagione ‘86/’87 senza stranieri. Li sostituirà con due giovani: Lorenzo Bernardi, diciottenne acquistato come palleggiatore del futuro ma trasformato in schiacciatore ricevitore e Andrea Ghiretti, classe 1964, universale d’attacco.

La dirigenza modenese appoggia la scelta del tecnico argentino e la squadra si presenta ai blocchi di partenza con Vullo in palleggio e Bertoli opposto, Andrea Lucchetta e il forte e giovane martello Luca Cantagalli al centro della rete, mentre a ricevere e schiacciare da posto quattro saranno Lorenzo “Lollo” Bernardi e Andrea Ghiretti. Al termine della regular season Modena è seconda con 17 vittorie e 5 sconfitte dietro alla Santal che nel frattempo ha fatto sedere in panchina Gian Paolo Montali, subentrato a stagione in corso al Professor Alexander Skiba.  

I Play off per i modenesi iniziano con lo scoglio Enermix Milano, una buona squadra guidata in panchina dall’esperto Coach Edelstein che schiera atleti del calibro dello statunitense Berzins, del nazionale italiano MIlocco, della giovane promessa Claudio Galli, e dell’esperto Lazzeroni in palleggio. Solo con un tiratissimo 3-1 alla terza partita, gli uomini di Velasco eliminano i meneghini, accedendo quindi alle semifinali dove li aspetta il Kutiba Falconara di Marco Paolini, squadra rivelazione della regular season. Saranno necessarie cinque tiratissime ai modenesi partite per eliminare i biancoverdi che, con Pippi Lombardi in palleggio, il compianto Badiali opposto, Andrea Anastasi e Nilsson in banda e Tillie e Masciarelli al centro, venderanno più che cara la pelle.

Ad attenderli in finale c’è la Santal Parma che, partita dopo partita, è cresciuta sempre di più ed ha eliminato la Tartarini Bologna in una semifinale di quattro partite. Finale che si rivelerà combattutissima dal momento che ci vorranno cinque gare per decretare la squadra campione d’Italia. Nella quinta sfida, quella decisiva per l’assegnazione del titolo, i ducali devono fare a meno del palleggiatore titolare, il transalpino Alain Fabiani, infortunatosi e sostituito per altro più che egregiamente, dal vice Giulio Belletti.

Modena espugna il PalaRaschi con un 3-0 frutto di una pallavolo praticamente perfetta.

Velasco vince anche questa scommessa ed è nuovamente Campione d’Italia.

Le successive due stagioni, 87/88 e 88/89 sanciranno l’egemonia di Modena e di Parma, dal momento che saranno sempre queste due squadre a giocarsi il titolo.

Nell’estate del 1987 Modena recupera Raul Quiroga tornato dall’Argentina ma un tremendo infortunio ad un occhio arresta definitivamente la carriera di Andrea Ghiretti, il giovane attaccante parmigiano di nascita che l’anno precedente è stato una delle rivelazioni più importanti della squadra modenese e di tutta la nostra serie A1. Sarà un testa a testa tra Modena e Parma, che nel frattempo ha acquistato il carismatico palleggiatore della nazionale USA, Dusty Dvorak. Alla fine, saranno i gialloblu modenesi a spuntarla grazie ad un super sestetto composto da Vullo e Quiroga opposti, Cantagalli e Lucchetta al centro, Bernardi e Franco Bertoli schiacciatori.

La stagione 88/89 vede Parma sostituire lo svedese Gustafsson con lo spettacolare nazionale brasiliano Renan Dal Zotto. Modena da par suo ingaggia il centrale USA Partie, giocatore poco appariscente ma regolare in attacco e granitico nel fondamentale del muro, consentendo così a Cantagalli di poter tornare a randellare dal posto quattro, il suo ruolo naturale. Quiroga, nel frattempo si è trasferito a Montichiari e Velasco lo ha sostituito con il poliedrico e talentuoso Lollo Bernardi, sistemato nel ruolo di opposto a Vullo. L’assetto di squadra prevede inoltre Lucchetta e Partie al centro con Cantagalli e l’esperto Bertoli, sempre più uomo d’ordine, in posto quattro.

La finale è sempre contro Parma, esattamente come nei due anni precedenti. Ma questa volta non è necessario arrivare alla quinta partita dal momento che Modena la spunta in sole quattro partite, con un netto 3-0 in gara 4 al PalaPanini che non ammette repliche.

E’ il quarto scudetto consecutivo dei Velasco sulla panchina modenese.

Al termine di quella stagione, dopo i quattro scudetti vinti sotto la Ghirlandina Velasco accetta la proposta della Federazione Italiana Pallavolo diventando allenatore della nazionale italiana di pallavolo.

Per lui, che viene da quattro titoli italiani consecutivi vinti il rischio di bruciarsi è notevole, dal momento che in quegli anni la nazionale italiana di pallavolo si colloca nella seconda fascia del ranking mondiale. Al mondiale del ‘86 siamo undicesimi e alle Olimpiadi del 1988, a cui partecipiamo solo grazie al boicottaggio di Cuba, siamo solo noni sulle dodici nazionali partecipanti.  

Julio vuole cambiare la storia pallavolistica del nostro paese ed è convinto che ci siano le possibilità farlo. Il terreno su cui lavorare è fertile dal momento che a livello individuale la qualità dei giocatori c’è.  La conditio sine qua non è però legata a quanto i giovani talenti di cui dispone la nostra pallavolo sono disposti a dare per arrivare ad essere una grande squadra.

Per ottenere queste risposte, ancor prima di diramare le prime convocazioni, chiede ai dirigenti federali di sondare gli atleti da lui individuati, chiedendo loro disponibilità incondizionata al suo progetto. Nessuno dovrà parlare di premi, di alberghi, di vacanze, di titolari e riserve, ma soltanto offrire la propria adesione incondizionata al progetto, dal momento che nessuno può permettersi di snobbare la nazionale.

Chi è d’accordo è dentro, chi non lo è resta fuori. Non verrà nemmeno convocato in modo tale da non dover fornire alcun tipo di giustificazione alla sua rinuncia all’azzurro. Sarà Velasco stesso ad assumersi la mancata convocazione di qualche “big”.

Cosa che puntualmente avviene con la prima convocazione dove farà scalpore l’assenza di Fabio Vullo, da tutti considerato il miglior palleggiatore italiano, e la contestuale presenza di un giovane alzatore marchigiano, Paolo Tofoli, atleta di Padova con cui non ha mai vinto nulla, a differenza di Vullo che scudetti ne ha vinti a ripetizione. Ma per Velasco, in nazionale c’è posto solo per chi si rende disponibile in maniera totale alla causa e per chi dimostra di essere il migliore per l’impegno, il carattere, e per voler combattere su ogni pallone, e non per il cognome che porta.  

Al primo incontro con la squadra Julio comunica le sue intenzioni, che risultano essere di standard particolarmente elevato. La nazionale italiana dovrà infatti diventare una tra le quattro squadre più forti del mondo nel giro di due anni e una tra le migliori due in quattro anni. Per centrare questi obiettivi la sua strategia è quella di disputare il maggior numero possibile di partite internazionali contro squadre di primo livello. Questo per misurarsi costantemente con i migliori giocatori del mondo. Atleti che dovranno diventare i modelli a cui i nostri atleti dovranno tendere ed uniformarsi.

E’ finito il tempo di spiegare le sconfitte con motivi esterni alla squadra. Se si perde è perché si gioca peggio degli altri. Stop alla cultura degli alibi.

Infine, un sostanziale stravolgimento dei premi. Nessun premio per piazzamenti fuori dalla zona medaglie e un premio cospicuo solo in caso di vittoria.

Julio ripropone in maglia azzurra quello che aveva già fatto a Modena, vale a dire un grande cambiamento sia a livello di mentalità che riguardo al lavoro in palestra. Si passa da un sistema di lavoro piuttosto generico, con allenamenti improntati alla tecnica analitica, individuale, ad un sistema innovativo, globale, basato su situazioni di gioco reali, esercitazioni a punteggio, continua richiesta di grande agonismo e sistemi di gioco innovativi come quello dei due ricevitori, sulla falsa riga del modello statunitense.

Ci sono alle porte le qualificazioni per l’Europeo e il tempo per prepararle è pochissimo. Non c’è tempo per fare esperimenti. Velasco, con scelte nette, decide allora quello che sarà il suo sestetto base. Parla con chi titolare non sarà, prospettandogli un’estate fatta di duro lavoro e di poco spazio in campo. Chi è d’accordo bene, chi non lo è resta a casa ed entra un altro. Potrà anche trattarsi di un atleta meno forte, ma soddisfatto del ruolo pensato per lui.

Quella del 1989 sarà un’estate massacrante. Trasferimenti in ogni angolo del mondo per giocare il maggior numero possibile di partite con grande valore tecnico e per forgiare un gruppo fatto di atleti che, senza mai lamentarsi di nulla, dovevano essere pronti a qualsiasi tipo di sacrificio pur di arrivare all’obiettivo che si sono dati.

Si va all’Europeo di Stoccolma con Tofoli titolare al palleggio e De Giorgi sua riserva, Zorzi opposto, Bernardi e Cantagalli martelli titolari con Anastasi, Bracci e Margutti riserve. Gardini e Andrea Lucchetta sono i due centrali e Masciarelli è il loro primo cambio con Gilberto Passani jolly d’attacco pronto a subentrare in qualsiasi momento sia al centro della rete che in zona due.  

La nazionale italiana arriva in semifinale vincendo il proprio girone davanti alla nazionale svedese. Semifinale nella quale rifila un netto 3-0 all’Olanda, una delle grandi favorite al titolo. In finale ritroverà i padroni di casa della Svezia che, guidati da uno straripante Bengt Gustafsson, hanno eliminato a sorpresa la grande nazionale sovietica. Nella finale in programma il 1° ottobre a Stoccolma la nazionale di Velasco trionfa con un netto 3-1. E' il primo oro della pallavolo italiana in una manifestazione internazionale di primo piano.

Da quel momento inizia la grande epopea di questa straordinaria nazionale, che verrà denominata la generazione di fenomeni. Squadra che con Velasco in panchina, tra il 1989 e il 1996, conquisterà la bellezza di 2 Campionati mondiali, 3 Campionati europei, 5 World League, 1 Grand Champions Cup, 1 World Top Four, 1 Coppa del Mondo e 1 World Super Challenge

Rispetto alla squadra campione d’Europa a Stoccolma nel corso degli anni entreranno a far parte del gruppo altri grandissimi giocatori, che hanno fatto la storia della pallavolo italiana, quali Andrea Giani, Samuele Papi, Claudio Galli, Pasquale Gravina, il compianto Vigor Bovolenta, Marco Martinelli, Michele Pasinato e tanti altri ancora.

La Plata, Jesi, Bologna, Modena. Quattro città e quattro tappe senza le quali il destino della pallavolo italiana probabilmente non sarebbe stato lo stesso.

Parlare di Julio Velasco come un’icona della pallavolo riguardo ai suoi successi è infatti qualcosa di assolutamente riduttivo. Julio ha fatto ben di più. Ha consacrato la pallavolo come sport nazionale.

Prima di Stoccolma, l’attenzione dei media italiani nei confronti della pallavolo non era particolarmente elevata. Ma da quell’1 ottobre 1989, le schiacciate di Zorzi, Bernardi e Cantagalli, i palleggi di Tofoli, i primi tempi di Gardini e i muri di Lucchetta sono entrati prepotentemente nelle case di tutti gli italiani avvicinando il grande pubblico alla pallavolo e trasformandola in pochi anni in uno tra gli sport più praticati e più seguiti d’Italia. Un merito che, con ogni probabilità, conta ben di più dei tanti trofei vinti.

 

 

 

 


giovedì 18 marzo 2021

Bernardinho: La mia pallavolo

 




Trascrizione del webinar YouTube Iostoacasaeparlodipallavolo

 

Quali sono i principi e la filosofia della tua pallavolo?

Nei primi anni che ho iniziato ad allenare in Italia ho imparato molto dagli allenatori italiani. Quando ho iniziato ad allenare ero un po’ la fotografia di come ero da giocatore: un atleta con un talento molto limitato per cui lavoravo molto per supplire a queste carenze. Ho sempre creduto molto nel lavoro. Noi lavoravamo molto, con infinite ripetizioni sulla tecnica. Ho sempre studiato molto i migliori allenatori del mondo e continuo a studiare guardando anche oggi i migliori. Quando mi lasciano entrare nei palazzetti vado li ad allungare palloni a tutti. Quando sono rientrato in Brasile dopo l’esperienza a Modena ero considerato un “bidone” e poi sono diventato un fenomeno. Io non sono ne uno ne l’altro. Sono un lavoratore a cui piace molto studiare e la mia filosofia è che ogni giorno imparo qualcosa. La mia filosofia si è costruita nel tempo guardando prima Bebeto, che è stato un grande allenatore e poi tutti quelli che ho avuto l’opportunità di veder lavorare. La cosa più importante sono i fondamentali. Kiraly dice che la pallavolo è prima di tutto il controllo della palla e poi le posizioni corrette in campo, la tattica. Molti dei nostri risultati sono frutto dell’intensità e della quantità del lavoro. Noi brasiliani siamo abituati ad un carico di lavoro così intenso che ci ha consentito di essere competitivi. Avevamo dei giocatori bravi ma quando sono andato ad allenare la nazionale femminile, non vincevamo nulla da tanti anni. Abbiamo lavorato tanto sia sul piano tecnico che fisico e soprattutto da questo punto di vista il Brasile femminile in quegli anni ha fatto un grande salto di qualità. Nel maschile invece alla nazionale brasiliana mancava un po’ di continuità pur avendo grandi talenti di poco più di vent’anni. Dopo l’olimpiade del 2000, con la nazionale brasiliana maschile al sesto posto, arrivo io come allenatore. Subito, venendo dal femminile, ho dovuto studiare molto per capire la pallavolo maschile. Avevo dei giocatori (Giba, Dante, Andrè) che non avevano grandi doti fisiche di altezza. C’era però con loro la possibilità di velocizzare molto il gioco. Il palleggiatore titolare era Mauricio che aveva due mani d’oro e poi c’era un altro palleggiatore un po’ cicciottello e mattarello, che in Italia non voleva nessuno, Ricardo. Abbiamo provato quella strada (una pallavolo velocissima) e abbiamo capito che quella poteva essere la nostra strada. Ogni tanto entrava Anderson come opposto per attaccare la palla alta quando avevamo problemi in ricezione. Abbiamo trovato un equilibrio di squadra con Ricardo al posto di Mauricio perché lui amava rischiare, giocando alla massima velocità anche commettendo qualche errore. Tornando alla mia filosofia direi: molto lavoro, studio e consistenza. Non abbiamo una filosofia rigida del tipo: “il Brasile gioca così”. Cerchiamo di adattare il gioco alle caratteristiche dei giocatori che abbiamo a disposizione. Quando Andrè è calato ed è uscito dalla nazionale è entrato Vissotto che aveva tutt’altre caratteristiche e con lui non potevamo giocare la palla super veloce che giocavamo con Andrè e quindi abbiamo cambiato qualcosa. Quando ho perso Ricardo ed è arrivato Bruno, all’inizio non giocavamo con grande velocità. Però abbiamo trovato un centrale, Lucas, che giocava molto bene con Bruno. L’altro centrale, Gustavo, era un gran muratore ma come attaccante era normale, non eccezionale, però dava molta consistenza alla squadra.

Quando sono arrivato alla maschile, in base ai giocatori che avevo a disposizione ho cercato di portare un po’ di quella difesa che la mia squadra aveva quando allenavo le femmine. Un po’ sullo stile della Francia. Perché sono convinto che nella maschile si possa lavorare di più in difesa. Ricordo che andammo a fare un torneo in Germania, dove allenava Moculescu, il quale osservando un nostro allenamento mi disse che sembrava un allenamento di una squadra femminile. Lui aveva una squadra fortissima fisicamente, alta, potente, con muro a tre molto spesso; e noi contro di loro giocammo solo con pallonetti, decidendo di giocare una partita senza prendere una murata ma mettendoli in crisi con i pallonetti perché non difendevano. Erano duri, lenti, non erano capaci di difendere. E noi abbiamo pensato che giocando, difendendo, rigiocando tante volte potevamo vincere. A volte la prima azione del nostro cambio palla non era molto efficace, ma lo era invece la nostra seconda azione. E allora abbiamo deciso di seguire questa strada per dare consistenza alla squadra e cercare di stare tra i migliori. Oggi, la prima domanda che mi faccio quando devo iniziare una nuova avventura con una squadra, mi chiedo “con chi” la andrò ad affrontare. Perché per vincere non è necessario avere sempre i migliori ma avere una squadra che abbia quei valori che ritengo indispensabili di cui il primo è l’integrità. Un famoso allenatore dei Boston Celtic diceva “io non tradisco”. Non bisogna dire le bugie ai propri giocatori e viceversa. Dobbiamo essere tutti trasparenti, giusti perché puoi essere anche duro ma se c’è giustizia di va avanti. Il secondo valore è “la squadra per primo”. Gli altri possono avere anche più talento di noi, e su questo non possiamo farci niente, non è una cosa sotto il nostro controllo. Ma la quantità di lavoro è una cosa sotto il nostro controllo, così come la dedizione al progetto, e su questi aspetti possiamo fare meglio di chiunque altro, perché questo si che dipende da noi. Se un giocatore non vuole lavorare tanto non c’è problema, però esce dalla nostra squadra. Da noi la squadra è un orchestra e se uno vuole fare il solista con noi non può stare. Su questi concetti ho cercato di impostare il lavoro delle mie squadre.

Quali sono a tuo avviso le cose più importanti per vincere e quanto ciò influenza i tuoi allenamenti?

La prima cosa è l’equilibrio di squadra. Inoltre, nella pallavolo maschile se non riesci ad essere aggressivo con il servizio sei nei guai. Le più grandi squadre anche nei momenti più difficili della partita continuano ad essere molto aggressive con la battuta, per cercare di mettere in difficoltà gli avversari. Che non significa solo battere forte ma anche avere battitori salto flot aggressivi, che battono bene, perché la battuta salto flot aggressiva può fare guai grossi nella ricezione avversaria. Tornando all’equilibrio di squadra è molto importante che i giocatori non pensino solo alla prima azione, a concludere sempre e solo il punto con la prima azione, ma a dare continuità al gioco perché quello fa la differenza. Altro aspetto importante nella pallavolo maschile è avere schiacciatori fisicamente forti che ti consentano di poter giocare anche quando non hai la ricezione tanto precisa. Nella femminile è un po’ diverso; la battuta anche li è molto importante però con il fatto che le azioni sono più lunghe la battuta diventa meno importante. In generale l’attacco è sicuramente molto importante ma lo è ancora di più gestire il sistema, sapere gestire con intelligenza l’attacco con palla non perfetta per potersi creare la possibilità di avere una seconda azione. Quando è arrivato in nazionale Leal, in Brasile si diceva che Leal e Lucarelli non potevano giocare insieme. Io rispondevo che invece non era così, e bastava guardare la pallavolo mondiale. La Russia ha due posti 4 che sommati insieme non fanno un ricevitore. Noi abbiamo vinto le olimpiadi con dei ricettori non fantastici ma con attaccanti di banda forti e con un centrale che anche con la ricezione staccata gioca con efficacia il primo tempo. Se una squadra può schierare due posti 4 molto forti in attacco, non può prescindere dal farli giocare insieme. Magari nel corso del set ogni tanto li cambi, come fa la Lube quando ogni tanto fa uscire Leal per Kovar che da un po’ più di equilibrio, ma di base in 4 giocano i due attaccanti più forti. La forza nei due laterali è un elemento molto importante e contraddistingue le squadre più forti. Bisogna trovare il sistema per mettere in campo gli attaccanti più forti a costo di rischiare un po’.

Come costruisci la seduta di allenamento? Quali sono i tuoi principi? E quanto alleni la battuta e la ricezione?

In nazionale noi facevamo una settimana tipo con: 2 sedute il lunedì, 2 il martedì, 1 il mercoledì, 2 il giovedì, 1 il venerdì mattina e poi lasciavo liberi il fine settimana. Con queste 8 sedute di solito non saltiamo la mattina tranne il venerdì mattina perché facciamo lavoro tecnico. Begli allenamenti dove non saltiamo usiamo le macchine spara palloni, gli assistenti che battono, in modo da avere tutti i giorni la ricezione nell’allenamento della mattina. Nell’allenamento del pomeriggio, dove si salta, abbiamo sempre la battuta, in modo che sia battuta che ricezione vengano allenate almeno una volta tutti i giorni della settimana. Anche nei club che ho allenato ho utilizzato un sistema molto simile a questo che utilizzavo in nazionale. Al mattino dividiamo molto la squadra per fare lavori specifici, ma la ricezione c’è tutti i giorni. Oggi a mio avviso in molti giocatori manca qualità in questo fondamentale e i problemi di qualità si risolvono solo ripetendo, ripetendo, ricreando situazioni simili a quelle della partita, creando situazioni di difficoltà, mettere obiettivi che per essere raggiunti devono far soffrire i giocatori. Lavorare, lavorare su tutti i piani possibili. I centrali alla mattina pur non saltando, lavorano sugli spostamenti, sul palleggio; ci focalizziamo soprattutto su quello che dovranno poi fare durante le partite. Perché magari in un momento decisivo il palleggiatore difende, il libero è fuori, deve palleggiare il centrale e se questo fa un disastro poi ci mangiamo le mani. E quindi al mattino con i centrali ripetiamo tantissimo queste azioni; fano spendere poche energie ai centrali ma sono dettagli che poi si rivelano importantissimi ai fini del risultato finale. Alla fine, spesso sono i dettagli che fanno la differenza. Al pomeriggio il nostro lavoro si basa su una filosofia un po’ diversa da quelle europea in cui si lavora molto con esercitazioni ad obiettivi. Noi facciamo molto meno lavori ad obiettivi; li facciamo anche noi ma di meno. Se io devo raggiungere un obiettivo cercherò le soluzioni più efficienti, e quindi lavoreremo poco sui punti deboli. Se sono il palleggiatore e faccio un esercizio a obiettivo do la palla sempre al più efficiente; lascio da parte quelli che possono essere i punti deboli e quindi non li alleno. E se non li alleno poi in partita saranno in difficoltà. Se invece io mischio i giocatori e faccio molto volume di allenamento, in quel momento vengono contemplate tutte le soluzioni e non solo quelle più efficienti che invece andrò a cercare se ho un obiettivo a punti. Lavorare molto ad obiettivi secondo me, proprio per queste considerazioni, limita la crescita di alcune situazioni tecniche.

Nel 6X6 utilizzi titolari e riserve o mischi le squadre? Utilizzi seconda e terza palla? Punteggio o senza punteggio?

Tante volte lavoriamo senza punteggio. Con le donne utilizzo un po’ di punteggio a fine allenamento per sviluppare un po’ di agonismo; gli uomini hanno più agonismo, sono più competitivi di base, e quindi serve meno usare i punteggi. Io più che i punti amo creare delle situazioni; creo allora la situazione con la ricezione perfetta, la situazione con la ricezione negativa, e così via, e le alleno. Ad esempio, quando avevo la Fofao che aveva 42 anni e non saltava più a muro, nelle rotazioni in cui lei era in prima linea muravamo a due e i battitori tiravano la battuta a mille. Ecco, noi queste situazioni in allenamento le provavamo tantissimo. Io credo molto nel costruire in allenamento queste situazioni, allenarle, lavorare sulle debolezze per migliorarle.

Durante l’allenamento parli con i giocatori? Dai feedback positivi? Li riprendi quando sbagliano? Fai ripetere?

Dipende. Ho avuto grandi giocatori a cui piacevano molto le sfide, le cose più difficili, giocare in campi caldissimi, con pubblico che ti tifa contro. E con loro mi comportavo in un modo. Terminata quella generazione ho avuto una generazione molto diversa, con i quali se avessi usato gli stessi feedback, lo stesso stile comunicativo, avrei fatto dei danni, perché per loro non andava bene, avevano bisogno di altro. Ho studiato molto e ho imparato il feedback a “sandwich” in cui do prima un feedback positivo, poi correggo e per finire do un altro feedback positivo. E ho capito che con questa nuova generazione era meglio questo tipo di feedback. Non tanto perché erano migliori o peggiori dei precedenti, ma semplicemente perché erano diversi. Le generazioni sono diverse. E noi ci dobbiamo adattare a loro. I principi e i valori di base devono rimanere gli stessi però deve essere diversa la forma. Perché dobbiamo sempre fare in modo di mettere i giocatori più a loro agio possibile. Tante volte cerchiamo di cambiare i nostri giocatori, ma quante volte invece pensiamo che anche noi possiamo cambiare? Ci sono ragazzi che se messi troppo sotto pressione soffrono, mentre altri ci sguazzano quando li metti sotto pressione. E anche per le donne è la stessa cosa; ad alcune piace la sfida, ad altre non tanto. Il nostro compito è capire queste situazioni e comportarci di conseguenza per trarre il meglio da loro. Ogni persona è diversa e quindi per ogni persona serve una strategia diversa. Devono essere quindi trattati con forme diverse, mantenendo però gli stessi principi.

Quanta autonomia dai ai tuoi giocatori? Quanto condividi con loro?

Ai mei inizi come allenatore, forse per una questione di insicurezza, davo troppe informazioni, che poi si tramutano in interferenza, caos. Noi dobbiamo studiare molto e acquisire molte informazioni ad esempio sull’avversario ma poi dobbiamo filtrare il tutto e passare a loro quelle più essenziali e più semplici. Oggi in Brasile a livello sociale abbiamo una situazione in cui molti ragazzi lasciano la scuola molto presto e quindi non sviluppano la capacità di concentrazione, di studiare. Capita poi che anche con giocatori evoluti le riunioni tecniche, più di 15 minuti non siano più fruttuose; stanno li ma pensano agli affari loro, non serve a niente. Ecco che allora la mia filosofia è quella di dare poche e concise informazioni e coinvolgerli molto nello studio dell’avversario nel momento della preparazione alla partita. In quel modo facciamo conquistare ai nostri giocatori l’autonomia. Non devo essere io a dare autonomia ma devono essere loro a conquistarsela. E tante volte i giocatori non la vogliono l’autonomia perché sono più comodi e più sicuri se sei tu a dargli l’informazione. “Io ho fatto come hai detto te” è il modo migliore per scaricarsi da ogni responsabilità. Altri invece vogliono fare, vogliono prendere decisioni; sono quelli che leggono, che guardano, che studiano, e a questi mi piace lasciare spazio. L’autonomia è un processo. Il libero di Trento ha piena libertà di gestire la seconda linea, così come succedeva con  me con Sergio, perché questi sono giocatori in grado di prendersi l’autonomia che serve. Adesso ho un giovane libero che sta migliorando molto, ma ancora non è in grado di prendersi l’autonomia che aveva Sergio in campo. Deve capire, studiare le situazioni, capire dove, come, quando. La stessa cosa per i centrali. Gustavo era uno che aveva la capacità di comandare lui in campo il nostro muro. Avevo uno del mio staff che era responsabile del muro; questi parlava con Gustavo ma poi era Gustavo che prendeva la decisione in campo. Ma questo perché lui era in grado di farlo. Molto è legato anche alla personalità del giocatore; al volersi assumere determinate responsabilità, perché ad alcuni non interessa, non vogliono assumersi responsabilità.

Come dividi i compiti con il tuo staff in allenamento e in partita? E quanto ritieni importante lo scambio di informazioni tra i giocatori sia durante le partite che gli allenamenti?

A livello di staff ho sempre avuto un assistente che condivide con me le informazioni sul piano strategico della partita. Poi ce ne è un altro che ha un compito più focalizzato sul lavoro tecnico in allenamento e di scout tecnico della nostra squadra durante le partite. Mentre poi c’è uno scout esterno, non in panchina, che scoutizza gli avversari. In allenamento spesso ci sono altri allenatori che aiutano in palestra a cui do precise responsabilità; ad esempio di seguire più un determinato giocatore in un dettaglio di un fondamentale su cui questo deve migliorare (es. lancio del pallone in battuta, ecc…). Riguardo poi allo scambio di informazioni tra i giocatori, torniamo al discorso del sapersi assumere delle responsabilità. Quando è arrivato in nazionale Sidao, Gustavo gli dava indicazioni, soprattutto riguardo al muro, così come faceva anche Rodrigao con i giovani centrali che arrivavano in nazionale. E a me questa è una cosa che piace molto perché primo di tutto dimostra il coinvolgimento dei nostri giocatori più esperti, che si preoccupano di far crescere i più giovani. Inoltre è interessante perché siamo sempre noi allenatori a stimolare gli atleti a fare qualcosa, e se queste indicazioni vengono anche da un’altra voce che non è quella degli allenatori secondo me è importante. E’ una cosa che gli uomini la fanno con più facilità mentre le donne hanno un po’ più difficoltà nel farlo, ma noi lo dobbiamo stimolare.

Come prepari e come gestisci la partita? E il dopo gara?

In allenamento lavoriamo prevalentemente su di noi ma un pochino anche pensando alla squadra che affronteremo nella prossima partita. Ci sono partite particolarmente importanti che le prepariamo lavorando ogni allenamento della settimana sulle cose che possono mettere in difficoltà quell’avversario. Prendiamo le due, tre cose che sappiamo che possono mettere in difficoltà quella squadra, stabiliamo una strategia di gioco e la ripetiamo ogni giorno, in continuazione, per tutta la settimana. Durante la partita vediamo se c’è da fare qualche aggiustamento rispetto a quanto avevamo preparato. Parlo con i centrali per il muro, con il libero per la difesa. Molti allenatori si basano solo sui numeri; i numeri sono importanti ma ci sono altre cose, intangibili, che sono altrettanto importanti, sensazioni che non si trasmettono solo con i numeri ma che l’allenatore, così come il palleggiatore per la distribuzione del gioco, deve “sentire”. Riguardo al post partita facciamo un video molto compatto con lo studio della nostra partita con le cose da migliorare da mostrare a qualche giocatore o a tutta la squadra in modo da portare il focus sulle cose più importanti.

 


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