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martedì 26 gennaio 2021

SILVANO PRANDI: LA DIFESA E IL MURO

 


Trascrizione della lezione tenuta dal Professor Silvano Prandi nella primavera 2020 al canale YouTube "Iostoacasaeparlodipallavolo"

Anni fa Doug Beal aveva presentato uno studio per mettere in ordine di importanza gli elementi che più di ogni altro concorrono ala vittoria: al primo posto c’era l’attacco da posto 4, al secondo l’attacco dal centro (primo tempo e pipe), poi il servizio (rapporto tra ace ed errori) e così via con gli altri fondamentali. La difesa in questa classifica veniva al ventesimo posto, tra la meraviglia dei presenti. Non intendeva dire che la difesa non era importante, ma intanto che la difesa non fa punti, mentre altri fondamentali fanno punti diretti. La difesa, quando ha successo, pone solo le basi per un eventuale punto che però deve essere ancora alzato (spesso in maniera difficoltosa) e attaccato (spesso contro un muro a tre e un difesa piazzata). E questi erano i motivi per cui nel loro studio avevano messo la difesa al ventesimo posto. E questo anche per mettere nella testa degli allenatori anche alcune priorità nell’allenare i vari elementi del gioco; ci sono allenatori che dedicano il 50% del tempo di allenamento alla difesa e quindi a suo avviso dedicare così tanto tempo ad un elemento così non decisivo nella formazione del punteggio finale non aveva senso.

Questo però non vuol dire che non sia importante difendere; la pallavolo è il gioco dell’alza e schiaccia e dell’impedire che la palla cada per terra. E quindi ì importante difendere. Io non dedico molto tempo al lavoro analitico sulla difesa, la alleno poco analiticamente, ma nello stesso tempo la difesa c’è sempre nei miei allenamenti. La difesa è parte dell’allenamento. La possiamo anche chiamare ricezione, quando facciamo esercizio di battuta e dall’altra parte mettiamo qualcuno che deve impedire che questa battuta cada a terra. Chiamiamo quello ricezione ma in realtà anche quello è un gesto difensivo perché impedisce che il pallone cada a terra. A volte la chiamiamo impropriamente copertura d’attacco perché nella realtà è una difesa, dal momento che il pallone arriva dal muro avversario e quindi dall’altra parte del campo e quindi il mio è un gesto difensivo.

Quindi non è che dobbiamo allenare la difesa, ma penare che quando siamo in campo difendiamo sempre dal momento che il nostro scopo è non far cadere la palla a terra. Anche quando alziamo, stiamo impedendo che un pallone cada a terra nel nostro campo.

La difesa la possiamo dividere in tre grandi aspetti:

-       Per il 30% la difesa è tecnica individuale

-   Per il 30% è capacità fisiche (soprattutto forza, in tutti i distretti muscolari: gambe, busto, spalle, braccia…). I miei più grandi difensori erano tutti dei grandi atleti; il migliore di tutti era Pasqual, che era un opposto, e poi Boyer, anche lui un opposto.

-      Per il 30% è l’attitudine mentale a non lasciar cadere nulla. Quell’istinto per cui se io cammino per la strada e vedo qualcuno a cui cade un pezzo di carta, io mi tutto per non farlo cadere.

-        Il 10% che rimane io lo inserisco nella mentalità, perché è la cosa più importante

La tecnica: noi possiamo identificare una tecnica difensiva. Io ad inizio stagione faccio un ripasso della tecnica di tutti i fondamentali con i miei giocatori e sulla difesa cerco di sistemare i segmenti del in modo tale che il piede sia totalmente a terra. Tibia e perone a circa 45° con il piede. Coscia con circa 90° tra tibia e femore. Busto, indicativamente 90° rispetto alla coscia anche se a seconda della distanza da rete questo angolo può aumentare, portando il busto ad essere un po’ più eretto. Di questi tre segmenti, in visione laterale, la cosa più importante è la distribuzione dei pesi nel senso che il baricentro deve cadere sull’avampiede (cuscinetto plantare) in modo tale che tutti i segmenti del corpo possano muoversi il più velocemente possibile in ogni direzione. Le gambe dovrebbero essere aperte indicativamente il doppio della larghezza delle spalle (o del bacino) ma questa cosa è abbastanza individuale perché dipende dell’articolarità coxofemorale. Questa è quella che chiamiamo posizione di attesa, quella che dobbiamo tenere un attimo prima dell’intervento per poi esplodere nell’intervento.

Le braccia stanno normalmente rilassate verso il basso, un po’ aperte, e poi si interviene, e lo si fa in mille modi. C’è il bagher, il bagher laterale, con un braccio quando la velocità della palla supera la mia capacità di muovere entrambe le braccia, a volte anche con il palleggio su palloni alti che ad esempio vengono toccati dal muro, ecc… C’è poi il tuffo per recuperare palle morbide e lontane da noi.

Dicevo prima che un terzo della difesa è capacità fisiche; ed infatti noto che quando la squadra sta molto bene fisicamente, uno dei fondamentali che ne beneficiano maggiormente, che si incrementano, è proprio la difesa. Ovviamente unita alla mentalità. Spesso se vediamo i filmati dei grandi difensori si nota come questi si inventano letteralmente dei gesti difensivi, buttandosi, uscendo dalla tecnica scolastica, ed è quello che esorto a fare i miei giocatori.

Nella pallavolo, in ogni aspetto del gioco, è importante avere dei sistemi, che siano più semplici possibili.

Ora parlo del sistema che io uso; scandalizzerà alcuni perché alcuni principi vanno un po’ controcorrente, ma sono principi a cui io credo molto. Credo nella distribuzione dei campo nei sei giocatori; la base del mio sistema di difesa è che ciascun giocatore deve difendere una fetta di campo, una fetta di campo che è di sua responsabilità. Non accetto che qualcuno mi dica che deve difendere fuori dal muro, perché l’espressione “fuori dal muro” io l’ho abolita nel mio modo di pensare perché per me non è aderente alla realtà. Nessun giocatore difende fuori dal muro in maniera consapevole. Siccome il muro del centrale è l’ultimo elemento difensivo che si va a piazzare, fino a che non vedrò un giocatore in difesa che, una volta che il centrale è arrivato a raddoppiare il muro e ha messo le mani, lui si sposta fuori dal cono d’ombra coperto dalle mani del centrale, non crederò a questa cosa. E io questa cosa ancora non l’ho mai vista fare da nessun difensore. E quindi per me il termine fuori dal muro non esiste. Credo molto di più nel concetto che ogni giocatore si difende una parte di campo e tutte quelle che possono essere piccole varianti sono dettate dalla statistica. Se consociamo che quel giocatore ha una prevalenza d’attacco vicina alla linea, piuttosto che un metro e mezzo dalla linea laterale, allora posso fare uno spostamento di un passo più all’esterno o più all’interno, perché la statistica mi ha dato quell’informazione. I miei schemi di difesa su attacco da posto 2 e da posto 4 prevedono 4 giocatori in difesa; ognuno si gestisce più o meno una quota di campo equivalente. Su attacco da posto 2 avversario l’elemento chiave di tutto il sistema difensivo è come il terzo giocatore di rete (quello che non mura) scende in difesa e arriva più o meno con il piede destro intorno alla linea dei 3 metri e si difende la diagonale stretta. Poi il giocatore di zona 1 difende la diagonale lunga, per la quale il riferimento che do è di mettersi su una linea immaginaria che va dalla palla e l’angolo di posto 1. Poi c’è il posto sei che ha come compito principale quello di difendere i palloni che normalmente passano in mezzo al muro; il riferimento che do è avere il piede destro su un’immaginaria linea centrale e quindi deve stare un passo a sinistra rispetto alla linea centrale. E poi c’è il giocatore di posto cinque che difende la parallela e che sta circa mezzo metro all’interno del campo. Loro hanno quindi questi precisi riferimenti che ho appena indicato. Questi non sono il risultato di mie idee ma sono esattamente quello che avviene in realtà. Nelle elaborazioni al computer si vede che le traiettorie d’attacco che gli attaccanti avversari usano prevalentemente si identificano chiaramente in fasci d’attacco. Esempio: Sokolov da 2: ci sono alcune linee che convergono sulla parallela, poi c’è un piccolo raggruppamento sul centro del campo (con un po’ più di linee verso la parallela), poi un certo numero di palloni che vanno verso l’angolo di posto 1 e poi ci sono alcuni palloni che vanno verso la diagonale stretta. Se poi vediamo Wallace da posto 1 vediamo che cambia ben poco.

E quindi il mio sistema di difesa vedete che corrisponde alla realtà. Se andate a guardare tantissimi giocatori, grosso modo vediamo che questi fasci di traiettorie sono la realtà: un po’ di palloni che vanno verso la parallela, un po’ di palloni in mezzo al campo (normalmente leggermente di più verso la parallela), un po’ di palloni sula diagonale lunga e un po’ di palloni sulla diagonale stretta. E quindi avere un giocatore che è responsabile di uno di quei fasci di palloni, è la cosa più banale che un allenatore può dedurre.  

Lo studio di Leal da posto 4 mostra che  ci sono 4 fasci di traiettorie: una verso la prima o la seconda parallela, una sul centro del campo (un po’ più verso la parallela, un passo a destra rispetto la linea mediana del campo), una esattamente sula diagonale lunga e una sulla diagonale stretta.

Sto parlando di aderenza alla realtà. Nella pallavolo di oggi, sia maschile che femminile, il buco in mezzo al muro (e quindi gli attacchi che arrivano verso il centro del campo) è un dato di fatto, non possiamo dire che è un errore che si fa qualche volta. Le alzate sono molto veloci, e quindi parecchia palloni passano in mezzo al muro del laterale e del centrale e cadono su centro campo; ecco perché devo sempre avere un difensore che sta li a presidiare quella zona di campo. Questa per me è la realtà, e quindi il sistema semplice, riconoscibile, è questo.

Altro parametro importante è la distanza che il giocatore deve tenere. In difesa bisogna tenere presente il fatto che a livello di immagine mentale, ciascun difensore difende il terreno che gli sta alle spalle. Nessuno difende il terreno che gli sta davanti; davanti a noi, difendiamo solo le palle lente (pallonetti, pallette, palle toccate dal muro. E quindi un parametro generale che io do è quello di stare sui 5 metri per i giocatori che difendono le parallele, il giocatore di posto 6 sui 6 metri, un po’ più distante quello che difende la diagonale dal momento che la diagonale è più lunga e poi c’è il terzo di rete che scende in difesa che anch’esso è piazzato ad un paio di metri dalla linea laterale. Questo perché noi difendiamo meglio i palloni che ci arrivano all’altezza dei fianchi, dell’ombelico, o al massimo all’altezza delle ginocchia. I giocatori devono quindi sostanzialmente stare abbastanza avanti in difesa e non indietro, perché noi non difendiamo il terreno davanti a noi, bensì difendiamo il terreno alle nostre spalle.

Un’altra cosa che io non accetto è quella di mettere indifesa due giocatori vicini tra loro perché in tanti anni ho verificato che due giocatori vicini difendono peggio di un giocatore solo. E quindi il mio sistema è quello di avere i giocatori in difesa distanziati tra loro ognuno dei quali si gestisce una parte di campo, non ha interferenze nella propria zona di competenza di altri compagni.

Il punto debole di tutto il sistema è il terzo giocatore di rete che non mura; il sistema funziona solo se ogni giocatore rispetta la consegne e il terzo di rete va allenato molto a scendere in difesa perché spesso non lo fa e questo crea pasticci all’intero sistema.

Il principale difetto del sistema difensivo è quello di avere i due laterali di muro che prima ancora che il palleggiatore avversario tocchi la palla sono già in movimento, senza leggere niente. Tra l’altro, questi due laterali oltre a non fare assistenza, incominciando già un movimento, se poi la palla viene alzata alle bande, non riusciranno a scendere sui tre metri per assumere la corretta posizione difensiva. E quindi durante gli allenamenti dobbiamo controllare molto i nostri giocatori che non facciano questo tipo di movimento per far si che il terzo di rete sia posizionato esattamente come nella foto qui sotto, nel momento in cui il posto quattro avversario colpisce la palla. In questa transizione, che deve essere rapidissima, è molto importante che la prima gamba che si muove sia quella interna (la sua gamba destra), poi incrocia con la gamba sinistra (come se fosse a muro) e poi la bamba destra ritorna e si piazza in posizione corretta.

Questo è il mio sistema difensivo. Nessuno penso possa negare che è un sistema semplice, ed è perfettamente aderente a quella che è la realtà.

Zone di conflitto: il sistema non è fato solo per difendere quei fasci di attacchi che abbiamo visto precedentemente ma anche per difendere i palloni che cadono tra i vari giocatori e quindi bisogna che la tecnica si completi.

Noi abbiamo un book, un fascicolo, che diamo ai giocatori e nel nostro book sono mostrate le modalità con cui due giocatori devono gestire la palla in zona di conflitto. Sostanzialmente, la zona di conflitto, si gestisce senza priorità. Non dico mai ad un giocatore che deve intervenire quando ha la palla sula destra piuttosto che sulla sinistra e così via. Ma, quando la palla, arriva più o meno in mezzo, e nessuno può dire se è leggermente più vicino all’uno o all’altro giocatore, tutti i due giocatori devono mettere su o il bagher laterale o cadere lateralmente senza domandarsi di chi fosse quella palla. Tutti e due devono provarci.

Dopodichè il primo giocatore che arriva a mettere le braccia sarà quello che difende. Di solito ci arriva sempre prima il più sveglio, il più abile, ma a livello di sistema quella zona deve vedere i due giocatori che fanno una bagher laterale e che cadono  (se è necessario) lateralmente entrambi.

 Se ricordate come abbiamo delineato il sistema noterete come i giocatori non sono mai sulla stessa linea a difendere; c’è sempre un giocatore che è leggermente più avanti rispetto ad un altro (quasi sempre è il posto sei ad essere leggermente più indietro). E quindi il pericolo che possano sbattere la testa uno contro l’altro quando vanno simultaneamente in caduta laterale, è remoto.

La zona di conflitto la alleno costantemente. Il primo esercizio di difesa che faccio è la cosiddetta palla a coppie. La faccio tutti i giorni, ma la palla a coppie come la interpreto io non è un modo per riscaldarsi e per prendere contatto con la palla, ma c’è un giocatore che si autoalza la palla e poi la colpisce in direzione del compagno che starà sempre 6 metri davanti a lui. La distanza tra i due giocatori in questo tipo di esercizio è fondamentale, perché se stanno a 9 metri di distanza non va bene. Quando mai noi in campo difendiamo ad una distanza di 9 metri dal punto di impatto della palla da parte dell’attaccante? Quasi mai; ci deve essere una situazione molto particolare, perché normalmente la distanza che un difensore ha dall’attaccante avversario è intorno ai 6 metri (a volte 7 metri ma solo sulle diagonali). In questo esercizio, chi colpisce la palla la deve colpire con un obiettivo ben preciso che può essere: palla forte al corpo del difensore, palla a destra e palla a sinistra del difensore (1 metro) in modo che il difensore debba spostare le braccia fuori dal corpo per gestire la palla fuori dal corpo. In questo modo, analiticamente, possiamo lavorare per la gestione della palla addosso, la gestione della palla a destra, la gestione della palla a sinistra. A volte faccio anche forte addosso e pallonetto alto e corto, e quindi essere rapido nello spostarsi o tuffarsi. Questo lavoro a coppie è quindi un lavoro guidato con degli obiettivi tecnici individuali. L’esercizio successivo che io faccio quasi sempre è 3X3, 4X4, in cui cominciamo il lavoro di attacco e difesa (per poi arrivare al 6X6 didattico); in questi esercizi ho sempre un collaboratore che a bordo campo va a tirare palle forti addosso, zone di conflitto, linee (come nella foto sotto) e quindi mai con un colpo casuale ma con un obiettivo, in modo da far richiamare ai difensori le situazioni che accadono nel gioco

Esercizi quindi in cui la difesa viene richiamata nei suoi aspetti tecnico tattici essenziali, con palle semplici, in modo da allenare analiticamente le stesse situazioni che poi ci saranno nel gioco.

Un altro dei luoghi comuni che io aborro è la fatidica “correlazione muro difesa”. Oggi la pallavolo è così veloce che la correlazione muro difesa secondo me è una favola. Io non a caso ho illustrato un sistema difensivo che non tiene conto di nulla se non delle traiettorie che escono dalle mani degli attaccanti avversari. I difensori, anche se non avessero il muro, dovrebbero difendere quelle zone. Oggi è difficilissimo per i centrali riuscire a chiudere il muro e di questo dobbiamo prenderne atto come un dato di fatto. L’unica cosa che riusciamo a programmare abbastanza bene è quanta parallela o quanto centro del campo riescono a coprire i laterali di muro. Ecco perché per me il sistema difensivo prescinde dal movimento di muro e la famosa correlazione muro difesa, di fatto non esiste. I miei 4 difensori, nel caso di palle spinte (su palla alta si fa muro a tre) si devono gestire quelle 4 macro aree, ed infatti io parto dall’allenamento senza il muro e poi in un secondo momento ci aggiungo il muro e quasi mai il muro modifica le posizioni dei giocatori. Per far sì che ciò avvenga ci vogliono casi molto particolari tipo alzata fuori asta e quindi chi difendeva il lungolinea entra un po’ in campo e alzata molto staccata da rete in cui la diagonale stretta sparisce e quindi il difensore può arretrare leggermente.

Come già accennavo, su palla alta si va sempre muro a tre. Quando la ricezione o la difesa è tale per cui l’unica alzata che può essere prodotta è una palla alta, la risposta del nostro muro è un sola: muro a tre.

E questo è quello che indichiamo sul nostro book che consegniamo ai giocatori.

I giocatori di posto 2 e 4 fanno un passo verso il centro, leggono l’alzata e poi si spostano tutti e tre o a destra o a sinistra per andare a murare. A quel punto il sistema di difesa è diverso perché non è più a quattro giocatori ma a tre giocatori (vedi schema sotto). Per esperienza mantengo un difensore sempre sulla parallela perchè il muro a tre che in teoria chiude la parallela, in pratica spesso non riesce a chiuderla perfettamente e quindi preferisco che un giocatore parta sempre dalla linea laterale. Poi c’è un giocatore sulla diagonale che difende il pallone che passa fuori dal muro sulla diagonale e poi c’è il posto sei che fa un passo all’indietro perché il muro a tre voglio che sia chiuso e quindi si dovrà occupare principalmente di palle piazzate sopra il muro o di attacchi sulle mani alte del muro.

Il difensore di posto sei su muro a tre è quello che subisce i maggior adattamenti di posizione in base a quello che ci dice la statistica. Ogni attaccante, quando attacca contro il muro a tre ha delle prevalenze: c’è chi il mani e fuori lo fa più verso la parallela, chi lo fa più verso la diagonale, chi più sulla parte alta delle mani. Il piazzamento del posto sei su muro a tre nel mio sistema segue le caratteristiche dell’attaccante.

Copertura del pallonetto:

Ciascuno dei quattro difensori deve difendere lo spazio dietro di sé per quello che riguarda gli attacchi forti e lunghe. E ciascun difensore difende lo spazio davanti a sé per quello che riguarda le pallette e i pallonetti, muovendosi in anticipo o con il tuffo, che non è un intervento eccezionale ma un intervento che fa parte dei gesti difensivi che alleniamo tutti i giorni (quando prima ho parlato della palla a copie con cui andiamo a richiamare tutti i gesti difensivi) e quindi il giocatore si tuffa e recupera i palloni che cadono davanti a lui. Nel mio sistema difensivo ogni giocatore ha un cono da difendere, cono che origina dal pallone ed arriva fino a dietro le proprie spalle. All’interno di quel cono ogni giocatore si deve gestire le palle corte. E quindi quando si dice che il pallonetto dietro al muro è di competenza o del terzo di linea o del difensore dietro al muro è vero solo in parte, perché se il pallonetto è fatto verso il centro del campo, entra nel cono del posto sei e quindi sarà di sua competenza. Così come per i colpi d’attacco abbiamo diverse opzioni da usare in relazione all’alzata (parallela, in mezzo al campo, diagonale lunga, diagonale stretta, e tutti questi colpi sulle mani del muro), così in difesa abbiamo diversi interventi difensivi da mettere in campo in base a: palla forte addosso, palla a destra, palle a sinistra, pallonetto, se vengono fatte nel cono di mia competenza. In questo caso, quando rivedo una partita o un allenamento, mi è subito chiaro di chi è colpa per la palla che è caduta a terra.

L’autocopertura del muro per me non deve esistere. Il braccio buttato dietro da chi è a muro, di norma fa solo danni, e sarà sempre meno efficace di qualsiasi intervento difensivo. A meno che parliamo di pallonetti semplicissimi, o quando il muro magari arrivato in ritardo si trova in posizione comoda per poterlo difendere.

 

Difese su attacchi dal centro rete (primo tempo e pipe):

La difesa su primo tempo è una difesa difficile. Il mio sistema prevede che i difensori che stanno sui 6 metri, difendono il primo tempo e la pipe praticamente senza fare nessun movimento particolare.

Dobbiamo sempre lavorare sulla realtà delle traiettorie che arrivano da attacchi di primo tempo

Molti allenatori tengono i posti 1 e 5 molto avanzati (4 metri) e vicini alle linee laterali. Ma la realtà indica chiaramente che le prevalenze di chi attacca sono verso la zona 5 e la zona 1 sui 6 metri (e non sui 4 metri) e molto accentrate, e non vicino alle linee laterali.

E nel mio sistema normale difensivo il 5 e l’1 sono già lì, sui 6 metri e un paio di metri dentro il campo. E quindi sono già in perfetta posizione per poter difendere l’attacco di primo tempo.

Le direzioni dell’attacco pipe sono: diagonale lunga zona 5, centro campo, diagonale lunga zona 1. Questa è la realtà.

Per cui, i miei giocatori devono stare: il posto 6 al centro, il posto 1 sulla diagonale lunga tra il pallone e l’angolo di 1, il posto 5 sulla diagonale tra il pallone e l’angolo di posto 5. Sui 6 metri per aspettare e per difendere.

E quindi con il mio sistema di difesa, gli adattamenti che i difensori devono fare una volta letta l’alzata del palleggiatore sono veramente minimi. Questo sistema non presuppone un grande lavoro di cervello, ma sono solo automatismi di campo che costruiamo tutti i giorni in allenamento.

Già 30-40 anni fa notavo l’enorme discrepanza tra l’efficienza dei giocatori che c’è tra quando li alleniamo con gli attacchi dal tavolo e quello che succede in partita. Se prendiamo un tavolo e bombardiamo il nostro difensore, questo normalmente è efficientissimo, bravissimo, difendono tutto. Quando poi però ci mettiamo 6X6, nelle stesse situazioni di difesa i difensori non prendevano niente. Questo perché loro, quando sono nel gioco, pensano a dove devono spostarsi in base a dove va la palla, a dove si mette il muro, un passo avanti, un passo indietro, ecc… E quindi ho deciso si togliere gli allenamenti “semplici” e quindi quelli dei tavoli, e basta con situazioni tatticamente troppo difficili, complesse (un passo avanti su quel tipo di palla, un passo dentro su quell’altra palla, contro questo giocatore un po’ più a destra, contro quell’altro un po’ più a sinistra, ecc..). Il giocatore va in tilt se deve pensare a tute queste cose. Ecco perché ho pensato al mio attuale sistema difensivo dove ognuno gestisce una zona di campo, a prescindere dall’avversario. La semplicità tattica si sposa con l’efficacia tecnica e quindi con il rendimento di ciascun giocatore. Più i sistemi sono semplici, meno spostamenti devono fare, più i giocatori sono efficaci in difesa

 

LIVELLO GIOVANILE:

Se volessimo trasportare questo sistema a livello giovanile (o a livelli di categorie inferiori), l’idea è di creare una mappa di dove cade la maggior parte dei palloni e posizionare in quelle zone i difensori. Noi dobbiamo sempre pensare che la nostra tattica deve dipendere sempre da esigenze di campo reali, da quello che succede nella realtà. In questo modo creeremo dei sistemi semplici e rispondenti alle esigenze della nostra realtà, che poi andarli ad allenare diventa facile. Anche la preparazione delle partite diventa molto più semplice quando questi sistemi sono stati metabolizzati bene dalla squadra. Inizialmente dobbiamo spendere un po’ di tempo per convincere i giocatori della bontà di questo sistema, dal momento che ognuno di loro viene da esperienze diverse, ma poi troveremo grande giovamento. Il mio sistema di difesa è un sistema aderente alla realtà (ovviamente se vado nel giovanile o nelle categorie inferiori dovrò adattarlo a quelle realtà e magari modificare qualcosa ad esempio nelle posizioni di attesa) perché tutti quei sistemi che non aderiscono alla realtà io non li capisco e non capisco perché molti allenatori usano la fantasia e la creatività per costruire i loro sistemi di difesa.

 

COPERTURA DELL’ATTACCANTE:

Copertura su palla super: se la ricezione permette sia il primo tempo che la pipe, il libero deve stare fermo (o addirittura arretrare leggermente) in modo da lasciar passare lo schiacciatore che va in pipe. Poi vediamo i movimenti in base a dove va l’alzata:

a)    Alzata in posto 4. Il centrale che aveva fatto la rincorsa per il primo tempo, scende e fa 1 o 2 passi per avvicinarsi e difendere la zona vicina all’attaccante. Poi c’è lo schiacciatore di seconda linea che rappresenta il punto nodale di tutto il sistema: fa la rincorsa per la pipe e quando capisce che l’alzata andrà in quattro deve interrompere la rincorsa rettilinea e si deve muovere per andare a difendere il terreno alle spalle dell’attaccante (con i piedi circa sui tre metri). E’ importantissimo il suo piazzamento corretto perché statisticamente, la zona dove cadono più murate; dietro le spalle dell’attaccante, zona che molto spesso noi lasciamo libera. Il palleggiatore, se può, si mette in mezzo al centrale e allo schiacciatore di seconda linea. Il palleggiatore è un po’ la variabile impazzita perché la sua posizione dipende molto da dove è partita l’alzata, perché quando quest’ultima parte da troppo distante non riesce ad arrivare. E quindi il sistema prevede due difensori fissi (C e S) che difendono vicino, ed eventualmente il palleggiatore. Poi abbiamo due giocatori che difendono l’area lontana e sono l’opposto e il libero. L’opposto spesso è un altro punto debole del sistema per colpa di noi allenatori che non siamo sufficientemente esigenti: l’opposto che ha iniziato la rincorsa, quando vede che l’alzata lo esclude, deve interrompere la rincorsa e di deve posizionarsi come per andare a difendere la diagonale stretta. E’ responsabile di difendere i rimbalzi del muro nella parte di diagonale stretta. E poi infine c’è il libero che è responsabile di tutta la parte di fondo campo.

 Alzata in posto 2. Speculare a situazione “a”. L’unica cosa che cambia leggermente è la posizione del libero: un passo verso sinistra rispetto alla linea mediana del campo quando si attacca da 4 e un passo verso destra rispetto alla linea mediana del campo quando si attacca da 2. 

Copertura su palla alta: quando non c’è più ne primo tempo, e ne pipe, ma solo alzata di palla alta, invertiamo le competenze fra il libero e lo schiacciatore di seconda linea. Il libero va a difendere vicino, dietro le spalle dell’attaccante e lo schiacciatore che, non facendo la pipe, rimane lontano. Questo perché se lo schiacciatore è lontano, un eventuale contrattacco dopo che abbiamo coperto può includere un eventuale attacco in pipe (cosa che non si potrebbe fare se lo schiacciatore di seconda linea fosse andato a coprire sui tre metri).

Nessuno si illuda di sistemare in partita queste situazioni, lasciando che in allenamento ognuno faccia quello che gli pare. I giocatori si muovono per automatismi e quindi se non ripetono questi movimenti tutti i giorni, correttamente (noi dobbiamo sempre riguardare i video degli allenamenti per vedere cosa correggere) poi non possiamo arrabbiarci se non lo fanno in partita.

 

MURO:

Il nostro sistema di muro ideale su palla spinta (su palla alta ne abbiamo appena parlato) è il seguente:

-          B1: si intende block 1 e quindi parallela libera. Noi lo indichiamo con il dito indice. Il cono d’ombra del muro chiude praticamente la zona centrale del campo. Possiamo dire che il B1 è parte del mio “normal system” il mio sistema normale. Questo significa che se gioco contro una squadra di cui non conosco nulla, contro attaccanti di cui non conosco niente, o che non hanno nessuna prevalenza, io gli andrò a chiudere con il muro la zona centrale del campo lasciando libere le zone esterne

-          B0: si intende block zero che significa lasciare zero spazio in parallela (lo indichiamo disegnando uno zero con le dita). Il cono d’ombra del muro mi chiude la parallela e aumenterà lo spazio libero sulle diagonali. Lo facciamo solo quando dobbiamo adattarci a qualche prevalenza che l’attaccante può avere

Tutto questo è bello da vedere disegnato ma la realtà del campo non è mai corrispondente esattamente a quello che si vede disegnato. Ecco perché io non modifico la posizione dei difensori; i miei quattro difensori coprono le zone di cui parlavamo prima perché con il muro tento di fare quello che abbiamo disegnato, sapendo però che nella realtà riuscire a farlo è sempre così difficile che rimangono buchi sulla parallela, sul centro del campo, e quindi i difensori devono tappare quei buchi.

Il muro poi dovrà avere degli adattamenti anche in base alla precisione o meno della parabola d’alzata del palleggiatore avversario. Sulle alzate morbide, o alte, il muro (parliamo soprattutto dei laterali) riuscirà a leggere abbastanza bene e quindi a percepire se dovrà stare un po’ più dentro il campo o un po’ più verso l’antenna. Nel caso, anche se avevamo chiamato B1 o B zero, andiamo a modificare la nostra posizione di muro, perché noi definiamo prima qualcosa che è ideale, ipotetico, un’alzata ideale, ma nella realtà le alzate sono sempre un po’ differenti e quindi il giocatore di muro deve adattare la sua posizione in relazione alla parabola d’alzata reale. Per quanto può fare, perché con le palle super, non è facile capire dove realmente verrà colpita dall’attaccante; l’unico spunto lo puoi prendere dalla rincorsa dell’attaccante e quindi creare un adattamento in relazione a quest’ultima e il centrale che arriva si accosta e mura. Tra l’altro oggi, il muro parzialmente aperto è la norma; anzi, per me è forse la condizione migliore perché se è soltanto parzialmente aperto è praticamente impossibile da vedere per l’attaccante. Nel momento in cui l’attaccante guarda la palla per colpirla il muro lo percepisce pochissimo e non è assolutamente in grado di capire se questo muro verrà chiuso o se rimarrà parzialmente aperto. Se è macroscopicamente aperto l’attaccante all’ultimo momento spesso riesce a capirlo ma se è leggermente aperto no; ed allora quel muro coprirà più zone, sia in parallela che in diagonale rispetto al muro chiuso perfettamente che riduce lo spazio aereo che va a coprire. E quindi quello che noi in gergo chiamiamo “split block” , cioè muro aperto, spesso è un valore positivo.

Quando si incontrano dei giocatori molto tecnici, che tendono ad usare parallela e diagonale stretta, l’esterno a muro chiude la parallela e il centrale più diagonale possibile, è un tentativo per chiudergli i suoi colpi preferiti. Questo è lo split block su base zero, ma si può fare anche lo split block su base 1 (lasciando libera la parallela) e quest’ultimo lo possiamo fare contro i grandi diagonalisti

Tutto questo riguarda il muro in lettura, quello interessato al 70%-80% delle azioni che si svolgono in una partita. Per completare il discorso manca la sistemazione di muro quando si fanno delle scelte (opzioni), situazioni che nel maschile riguardano mediamente il 20% delle azioni, e quindi quando si escludono determinati attaccanti. Si rischia, lasciando un giocatore senza muro, andando a sovraccaricare altri attaccanti. Ad esempio, la statistica ci dice che dopo il ventesimo punto spesso un alzatore si appoggia di più a determinati attaccanti piuttosto che ad altri, a volte esclude l’attaccante che ha ricevuto, ecc… e in quei casi si possono preparare alcune scelte, rischiando che un attaccante attacchi senza muro.

 

 

 


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