Anni fa Doug
Beal aveva presentato uno studio per mettere in ordine di importanza gli
elementi che più di ogni altro concorrono ala vittoria: al primo posto c’era
l’attacco da posto 4, al secondo l’attacco dal centro (primo tempo e pipe), poi
il servizio (rapporto tra ace ed errori) e così via con gli altri fondamentali.
La difesa in questa classifica veniva al ventesimo posto, tra la meraviglia dei
presenti. Non intendeva dire che la difesa non era importante, ma intanto che
la difesa non fa punti, mentre altri fondamentali fanno punti diretti. La
difesa, quando ha successo, pone solo le basi per un eventuale punto che però
deve essere ancora alzato (spesso in maniera difficoltosa) e attaccato (spesso
contro un muro a tre e un difesa piazzata). E questi erano i motivi per cui nel
loro studio avevano messo la difesa al ventesimo posto. E questo anche per
mettere nella testa degli allenatori anche alcune priorità nell’allenare i vari
elementi del gioco; ci sono allenatori che dedicano il 50% del tempo di allenamento
alla difesa e quindi a suo avviso dedicare così tanto tempo ad un elemento così
non decisivo nella formazione del punteggio finale non aveva senso.
Questo però non
vuol dire che non sia importante difendere; la pallavolo è il gioco dell’alza e
schiaccia e dell’impedire che la palla cada per terra. E quindi ì importante
difendere. Io non dedico molto tempo al lavoro analitico sulla difesa, la
alleno poco analiticamente, ma nello stesso tempo la difesa c’è sempre nei miei
allenamenti. La difesa è parte dell’allenamento. La possiamo anche chiamare
ricezione, quando facciamo esercizio di battuta e dall’altra parte mettiamo
qualcuno che deve impedire che questa battuta cada a terra. Chiamiamo quello
ricezione ma in realtà anche quello è un gesto difensivo perché impedisce che
il pallone cada a terra. A volte la chiamiamo impropriamente copertura
d’attacco perché nella realtà è una difesa, dal momento che il pallone arriva
dal muro avversario e quindi dall’altra parte del campo e quindi il mio è un
gesto difensivo.
Quindi non è che
dobbiamo allenare la difesa, ma penare che quando siamo in campo difendiamo
sempre dal momento che il nostro scopo è non far cadere la palla a terra. Anche
quando alziamo, stiamo impedendo che un pallone cada a terra nel nostro campo.
La difesa la
possiamo dividere in tre grandi aspetti:
- Per il 30% la difesa è tecnica individuale
- Per il 30% è capacità fisiche (soprattutto
forza, in tutti i distretti muscolari: gambe, busto, spalle, braccia…). I miei
più grandi difensori erano tutti dei grandi atleti; il migliore di tutti era
Pasqual, che era un opposto, e poi Boyer, anche lui un opposto.
- Per il 30% è l’attitudine mentale a non lasciar
cadere nulla. Quell’istinto per cui se io cammino per la strada e vedo qualcuno
a cui cade un pezzo di carta, io mi tutto per non farlo cadere.
- Il 10% che rimane io lo inserisco nella
mentalità, perché è la cosa più importante
La tecnica: noi
possiamo identificare una tecnica difensiva. Io ad inizio stagione faccio un
ripasso della tecnica di tutti i fondamentali con i miei giocatori e sulla
difesa cerco di sistemare i segmenti del in modo tale che il piede sia
totalmente a terra. Tibia e perone a circa 45° con il piede. Coscia con circa
90° tra tibia e femore. Busto, indicativamente 90° rispetto alla coscia anche
se a seconda della distanza da rete questo angolo può aumentare, portando il
busto ad essere un po’ più eretto. Di questi tre segmenti, in visione laterale,
la cosa più importante è la distribuzione dei pesi nel senso che il baricentro
deve cadere sull’avampiede (cuscinetto plantare) in modo tale che tutti i
segmenti del corpo possano muoversi il più velocemente possibile in ogni
direzione. Le gambe dovrebbero essere aperte indicativamente il doppio della
larghezza delle spalle (o del bacino) ma questa cosa è abbastanza individuale
perché dipende dell’articolarità coxofemorale. Questa è quella che chiamiamo
posizione di attesa, quella che dobbiamo tenere un attimo prima dell’intervento
per poi esplodere nell’intervento.
Le braccia
stanno normalmente rilassate verso il basso, un po’ aperte, e poi si
interviene, e lo si fa in mille modi. C’è il bagher, il bagher laterale, con un
braccio quando la velocità della palla supera la mia capacità di muovere
entrambe le braccia, a volte anche con il palleggio su palloni alti che ad
esempio vengono toccati dal muro, ecc… C’è poi il tuffo per recuperare palle
morbide e lontane da noi.
Dicevo prima che
un terzo della difesa è capacità fisiche; ed infatti noto che quando la squadra
sta molto bene fisicamente, uno dei fondamentali che ne beneficiano
maggiormente, che si incrementano, è proprio la difesa. Ovviamente unita alla
mentalità. Spesso se vediamo i filmati dei grandi difensori si nota come questi
si inventano letteralmente dei gesti difensivi, buttandosi, uscendo dalla
tecnica scolastica, ed è quello che esorto a fare i miei giocatori.
Nella pallavolo,
in ogni aspetto del gioco, è importante avere dei sistemi, che siano più
semplici possibili.
Ora parlo del
sistema che io uso; scandalizzerà alcuni perché alcuni principi vanno un po’
controcorrente, ma sono principi a cui io credo molto. Credo nella
distribuzione dei campo nei sei giocatori; la base del mio sistema di difesa è
che ciascun giocatore deve difendere una fetta di campo, una fetta di campo che
è di sua responsabilità. Non accetto che qualcuno mi dica che deve difendere
fuori dal muro, perché l’espressione “fuori dal muro” io l’ho abolita nel mio
modo di pensare perché per me non è aderente alla realtà. Nessun giocatore
difende fuori dal muro in maniera consapevole. Siccome il muro del centrale è
l’ultimo elemento difensivo che si va a piazzare, fino a che non vedrò un
giocatore in difesa che, una volta che il centrale è arrivato a raddoppiare il
muro e ha messo le mani, lui si sposta fuori dal cono d’ombra coperto dalle
mani del centrale, non crederò a questa cosa. E io questa cosa ancora non l’ho
mai vista fare da nessun difensore. E quindi per me il termine fuori dal muro
non esiste. Credo molto di più nel concetto che ogni giocatore si difende una
parte di campo e tutte quelle che possono essere piccole varianti sono dettate
dalla statistica. Se consociamo che quel giocatore ha una prevalenza d’attacco
vicina alla linea, piuttosto che un metro e mezzo dalla linea laterale, allora
posso fare uno spostamento di un passo più all’esterno o più all’interno,
perché la statistica mi ha dato quell’informazione. I miei schemi di difesa su
attacco da posto 2 e da posto 4 prevedono 4 giocatori in difesa; ognuno si
gestisce più o meno una quota di campo equivalente. Su attacco da posto 2
avversario l’elemento chiave di tutto il sistema difensivo è come il terzo
giocatore di rete (quello che non mura) scende in difesa e arriva più o meno
con il piede destro intorno alla linea dei 3 metri e si difende la diagonale
stretta. Poi il giocatore di zona 1 difende la diagonale lunga, per la quale il
riferimento che do è di mettersi su una linea immaginaria che va dalla palla e
l’angolo di posto 1. Poi c’è il posto sei che ha come compito principale quello
di difendere i palloni che normalmente passano in mezzo al muro; il riferimento
che do è avere il piede destro su un’immaginaria linea centrale e quindi deve
stare un passo a sinistra rispetto alla linea centrale. E poi c’è il giocatore
di posto cinque che difende la parallela e che sta circa mezzo metro
all’interno del campo. Loro hanno quindi questi precisi riferimenti che ho
appena indicato. Questi non sono il risultato di mie idee ma sono esattamente
quello che avviene in realtà. Nelle elaborazioni al computer si vede che le
traiettorie d’attacco che gli attaccanti avversari usano prevalentemente si
identificano chiaramente in fasci d’attacco. Esempio: Sokolov da 2: ci sono
alcune linee che convergono sulla parallela, poi c’è un piccolo raggruppamento
sul centro del campo (con un po’ più di linee verso la parallela), poi un certo
numero di palloni che vanno verso l’angolo di posto 1 e poi ci sono alcuni
palloni che vanno verso la diagonale stretta. Se poi vediamo Wallace da posto 1
vediamo che cambia ben poco.
E quindi il mio
sistema di difesa vedete che corrisponde alla realtà. Se andate a guardare
tantissimi giocatori, grosso modo vediamo che questi fasci di traiettorie sono
la realtà: un po’ di palloni che vanno verso la parallela, un po’ di palloni in
mezzo al campo (normalmente leggermente di più verso la parallela), un po’ di
palloni sula diagonale lunga e un po’ di palloni sulla diagonale stretta. E
quindi avere un giocatore che è responsabile di uno di quei fasci di palloni, è
la cosa più banale che un allenatore può dedurre.
Lo studio di Leal
da posto 4 mostra che ci sono 4 fasci di
traiettorie: una verso la prima o la seconda parallela, una sul centro del
campo (un po’ più verso la parallela, un passo a destra rispetto la linea
mediana del campo), una esattamente sula diagonale lunga e una sulla diagonale
stretta.
Sto parlando di
aderenza alla realtà. Nella pallavolo di oggi, sia maschile che femminile, il
buco in mezzo al muro (e quindi gli attacchi che arrivano verso il centro del
campo) è un dato di fatto, non possiamo dire che è un errore che si fa qualche
volta. Le alzate sono molto veloci, e quindi parecchia palloni passano in mezzo
al muro del laterale e del centrale e cadono su centro campo; ecco perché devo
sempre avere un difensore che sta li a presidiare quella zona di campo. Questa
per me è la realtà, e quindi il sistema semplice, riconoscibile, è questo.
Altro parametro
importante è la distanza che il giocatore deve tenere. In difesa bisogna tenere
presente il fatto che a livello di immagine mentale, ciascun difensore difende
il terreno che gli sta alle spalle. Nessuno difende il terreno che gli sta
davanti; davanti a noi, difendiamo solo le palle lente (pallonetti, pallette,
palle toccate dal muro. E quindi un parametro generale che io do è quello di
stare sui 5 metri per i giocatori che difendono le parallele, il giocatore di posto
6 sui 6 metri, un po’ più distante quello che difende la diagonale dal momento
che la diagonale è più lunga e poi c’è il terzo di rete che scende in difesa
che anch’esso è piazzato ad un paio di metri dalla linea laterale. Questo
perché noi difendiamo meglio i palloni che ci arrivano all’altezza dei fianchi,
dell’ombelico, o al massimo all’altezza delle ginocchia. I giocatori devono
quindi sostanzialmente stare abbastanza avanti in difesa e non indietro, perché
noi non difendiamo il terreno davanti a noi, bensì difendiamo il terreno alle
nostre spalle.
Un’altra cosa
che io non accetto è quella di mettere indifesa due giocatori vicini tra loro
perché in tanti anni ho verificato che due giocatori vicini difendono peggio di
un giocatore solo. E quindi il mio sistema è quello di avere i giocatori in
difesa distanziati tra loro ognuno dei quali si gestisce una parte di campo,
non ha interferenze nella propria zona di competenza di altri compagni.
Il punto debole
di tutto il sistema è il terzo giocatore di rete che non mura; il sistema
funziona solo se ogni giocatore rispetta la consegne e il terzo di rete va
allenato molto a scendere in difesa perché spesso non lo fa e questo crea
pasticci all’intero sistema.
Il principale
difetto del sistema difensivo è quello di avere i due laterali di muro che
prima ancora che il palleggiatore avversario tocchi la palla sono già in
movimento, senza leggere niente. Tra l’altro, questi due laterali oltre a non
fare assistenza, incominciando già un movimento, se poi la palla viene alzata
alle bande, non riusciranno a scendere sui tre metri per assumere la corretta
posizione difensiva. E quindi durante gli allenamenti dobbiamo controllare
molto i nostri giocatori che non facciano questo tipo di movimento per far si
che il terzo di rete sia posizionato esattamente come nella foto qui sotto, nel
momento in cui il posto quattro avversario colpisce la palla. In questa
transizione, che deve essere rapidissima, è molto importante che la prima gamba
che si muove sia quella interna (la sua gamba destra), poi incrocia con la
gamba sinistra (come se fosse a muro) e poi la bamba destra ritorna e si piazza
in posizione corretta.
Questo è il mio
sistema difensivo. Nessuno penso possa negare che è un sistema semplice, ed è
perfettamente aderente a quella che è la realtà.
Zone di conflitto: il sistema non è fato solo per difendere quei fasci di attacchi che abbiamo visto precedentemente ma anche per difendere i palloni che cadono tra i vari giocatori e quindi bisogna che la tecnica si completi.
Noi abbiamo un
book, un fascicolo, che diamo ai giocatori e nel nostro book sono mostrate le
modalità con cui due giocatori devono gestire la palla in zona di conflitto. Sostanzialmente,
la zona di conflitto, si gestisce senza priorità. Non dico mai ad un giocatore
che deve intervenire quando ha la palla sula destra piuttosto che sulla
sinistra e così via. Ma, quando la palla, arriva più o meno in mezzo, e nessuno
può dire se è leggermente più vicino all’uno o all’altro giocatore, tutti i due
giocatori devono mettere su o il bagher laterale o cadere lateralmente senza
domandarsi di chi fosse quella palla. Tutti e due devono provarci.
Dopodichè il primo
giocatore che arriva a mettere le braccia sarà quello che difende. Di solito ci
arriva sempre prima il più sveglio, il più abile, ma a livello di sistema
quella zona deve vedere i due giocatori che fanno una bagher laterale e che
cadono (se è necessario) lateralmente
entrambi.
Se ricordate come abbiamo delineato il sistema
noterete come i giocatori non sono mai sulla stessa linea a difendere; c’è
sempre un giocatore che è leggermente più avanti rispetto ad un altro (quasi
sempre è il posto sei ad essere leggermente più indietro). E quindi il pericolo
che possano sbattere la testa uno contro l’altro quando vanno simultaneamente
in caduta laterale, è remoto.
La zona di
conflitto la alleno costantemente. Il primo esercizio di difesa che faccio è la
cosiddetta palla a coppie. La faccio tutti i giorni, ma la palla a coppie come
la interpreto io non è un modo per riscaldarsi e per prendere contatto con la
palla, ma c’è un giocatore che si autoalza la palla e poi la colpisce in
direzione del compagno che starà sempre 6 metri davanti a lui. La distanza tra
i due giocatori in questo tipo di esercizio è fondamentale, perché se stanno a
9 metri di distanza non va bene. Quando mai noi in campo difendiamo ad una
distanza di 9 metri dal punto di impatto della palla da parte dell’attaccante?
Quasi mai; ci deve essere una situazione molto particolare, perché normalmente
la distanza che un difensore ha dall’attaccante avversario è intorno ai 6 metri
(a volte 7 metri ma solo sulle diagonali). In questo esercizio, chi colpisce la
palla la deve colpire con un obiettivo ben preciso che può essere: palla forte
al corpo del difensore, palla a destra e palla a sinistra del difensore (1
metro) in modo che il difensore debba spostare le braccia fuori dal corpo per
gestire la palla fuori dal corpo. In questo modo, analiticamente, possiamo
lavorare per la gestione della palla addosso, la gestione della palla a destra,
la gestione della palla a sinistra. A volte faccio anche forte addosso e
pallonetto alto e corto, e quindi essere rapido nello spostarsi o tuffarsi.
Questo lavoro a coppie è quindi un lavoro guidato con degli obiettivi tecnici
individuali. L’esercizio successivo che io faccio quasi sempre è 3X3, 4X4, in
cui cominciamo il lavoro di attacco e difesa (per poi arrivare al 6X6 didattico);
in questi esercizi ho sempre un collaboratore che a bordo campo va a tirare
palle forti addosso, zone di conflitto, linee (come nella foto sotto) e quindi
mai con un colpo casuale ma con un obiettivo, in modo da far richiamare ai
difensori le situazioni che accadono nel gioco
Esercizi quindi
in cui la difesa viene richiamata nei suoi aspetti tecnico tattici essenziali,
con palle semplici, in modo da allenare analiticamente le stesse situazioni che
poi ci saranno nel gioco.
Un altro dei
luoghi comuni che io aborro è la fatidica “correlazione muro difesa”. Oggi la
pallavolo è così veloce che la correlazione muro difesa secondo me è una
favola. Io non a caso ho illustrato un sistema difensivo che non tiene conto di
nulla se non delle traiettorie che escono dalle mani degli attaccanti
avversari. I difensori, anche se non avessero il muro, dovrebbero difendere
quelle zone. Oggi è difficilissimo per i centrali riuscire a chiudere il muro e
di questo dobbiamo prenderne atto come un dato di fatto. L’unica cosa che
riusciamo a programmare abbastanza bene è quanta parallela o quanto centro del
campo riescono a coprire i laterali di muro. Ecco perché per me il sistema
difensivo prescinde dal movimento di muro e la famosa correlazione muro difesa,
di fatto non esiste. I miei 4 difensori, nel caso di palle spinte (su palla
alta si fa muro a tre) si devono gestire quelle 4 macro aree, ed infatti io
parto dall’allenamento senza il muro e poi in un secondo momento ci aggiungo il
muro e quasi mai il muro modifica le posizioni dei giocatori. Per far sì che
ciò avvenga ci vogliono casi molto particolari tipo alzata fuori asta e quindi
chi difendeva il lungolinea entra un po’ in campo e alzata molto staccata da
rete in cui la diagonale stretta sparisce e quindi il difensore può arretrare
leggermente.
Come già
accennavo, su palla alta si va sempre muro a tre. Quando la ricezione o la
difesa è tale per cui l’unica alzata che può essere prodotta è una palla alta,
la risposta del nostro muro è un sola: muro a tre.
E questo è
quello che indichiamo sul nostro book che consegniamo ai giocatori.
I giocatori di
posto 2 e 4 fanno un passo verso il centro, leggono l’alzata e poi si spostano
tutti e tre o a destra o a sinistra per andare a murare. A quel punto il sistema
di difesa è diverso perché non è più a quattro giocatori ma a tre giocatori
(vedi schema sotto). Per esperienza mantengo un difensore sempre sulla
parallela perchè il muro a tre che in teoria chiude la parallela, in pratica
spesso non riesce a chiuderla perfettamente e quindi preferisco che un
giocatore parta sempre dalla linea laterale. Poi c’è un giocatore sulla
diagonale che difende il pallone che passa fuori dal muro sulla diagonale e poi
c’è il posto sei che fa un passo all’indietro perché il muro a tre voglio che
sia chiuso e quindi si dovrà occupare principalmente di palle piazzate sopra il
muro o di attacchi sulle mani alte del muro.
Il difensore di posto sei su muro a tre è quello che subisce i maggior adattamenti di posizione in base a quello che ci dice la statistica. Ogni attaccante, quando attacca contro il muro a tre ha delle prevalenze: c’è chi il mani e fuori lo fa più verso la parallela, chi lo fa più verso la diagonale, chi più sulla parte alta delle mani. Il piazzamento del posto sei su muro a tre nel mio sistema segue le caratteristiche dell’attaccante.
Copertura del pallonetto:
Ciascuno dei quattro
difensori deve difendere lo spazio dietro di sé per quello che riguarda gli
attacchi forti e lunghe. E ciascun difensore difende lo spazio davanti a sé per
quello che riguarda le pallette e i pallonetti, muovendosi in anticipo o con il
tuffo, che non è un intervento eccezionale ma un intervento che fa parte dei
gesti difensivi che alleniamo tutti i giorni (quando prima ho parlato della
palla a copie con cui andiamo a richiamare tutti i gesti difensivi) e quindi il
giocatore si tuffa e recupera i palloni che cadono davanti a lui. Nel mio
sistema difensivo ogni giocatore ha un cono da difendere, cono che origina dal
pallone ed arriva fino a dietro le proprie spalle. All’interno di quel cono
ogni giocatore si deve gestire le palle corte. E quindi quando si dice che il
pallonetto dietro al muro è di competenza o del terzo di linea o del difensore
dietro al muro è vero solo in parte, perché se il pallonetto è fatto verso il
centro del campo, entra nel cono del posto sei e quindi sarà di sua competenza.
Così come per i colpi d’attacco abbiamo diverse opzioni da usare in relazione
all’alzata (parallela, in mezzo al campo, diagonale lunga, diagonale stretta, e
tutti questi colpi sulle mani del muro), così in difesa abbiamo diversi
interventi difensivi da mettere in campo in base a: palla forte addosso, palla
a destra, palle a sinistra, pallonetto, se vengono fatte nel cono di mia
competenza. In questo caso, quando rivedo una partita o un allenamento, mi è
subito chiaro di chi è colpa per la palla che è caduta a terra.
L’autocopertura
del muro per me non deve esistere. Il braccio buttato dietro da chi è a muro,
di norma fa solo danni, e sarà sempre meno efficace di qualsiasi intervento
difensivo. A meno che parliamo di pallonetti semplicissimi, o quando il muro
magari arrivato in ritardo si trova in posizione comoda per poterlo difendere.
Difese su
attacchi dal centro rete (primo tempo e pipe):
La difesa su
primo tempo è una difesa difficile. Il mio sistema prevede che i difensori che
stanno sui 6 metri, difendono il primo tempo e la pipe praticamente senza fare
nessun movimento particolare.
Dobbiamo sempre
lavorare sulla realtà delle traiettorie che arrivano da attacchi di primo tempo
Molti allenatori
tengono i posti 1 e 5 molto avanzati (4 metri) e vicini alle linee laterali. Ma
la realtà indica chiaramente che le prevalenze di chi attacca sono verso la
zona 5 e la zona 1 sui 6 metri (e non sui 4 metri) e molto accentrate, e non
vicino alle linee laterali.
E nel mio
sistema normale difensivo il 5 e l’1 sono già lì, sui 6 metri e un paio di
metri dentro il campo. E quindi sono già in perfetta posizione per poter
difendere l’attacco di primo tempo.
Le direzioni
dell’attacco pipe sono: diagonale lunga zona 5, centro campo, diagonale lunga
zona 1. Questa è la realtà.
Per cui, i miei
giocatori devono stare: il posto 6 al centro, il posto 1 sulla diagonale lunga
tra il pallone e l’angolo di 1, il posto 5 sulla diagonale tra il pallone e
l’angolo di posto 5. Sui 6 metri per aspettare e per difendere.
E quindi con il
mio sistema di difesa, gli adattamenti che i difensori devono fare una volta
letta l’alzata del palleggiatore sono veramente minimi. Questo sistema non
presuppone un grande lavoro di cervello, ma sono solo automatismi di campo che
costruiamo tutti i giorni in allenamento.
Già 30-40 anni
fa notavo l’enorme discrepanza tra l’efficienza dei giocatori che c’è tra
quando li alleniamo con gli attacchi dal tavolo e quello che succede in
partita. Se prendiamo un tavolo e bombardiamo il nostro difensore, questo
normalmente è efficientissimo, bravissimo, difendono tutto. Quando poi però ci
mettiamo 6X6, nelle stesse situazioni di difesa i difensori non prendevano
niente. Questo perché loro, quando sono nel gioco, pensano a dove devono
spostarsi in base a dove va la palla, a dove si mette il muro, un passo avanti,
un passo indietro, ecc… E quindi ho deciso si togliere gli allenamenti
“semplici” e quindi quelli dei tavoli, e basta con situazioni tatticamente
troppo difficili, complesse (un passo avanti su quel tipo di palla, un passo
dentro su quell’altra palla, contro questo giocatore un po’ più a destra,
contro quell’altro un po’ più a sinistra, ecc..). Il giocatore va in tilt se
deve pensare a tute queste cose. Ecco perché ho pensato al mio attuale sistema difensivo
dove ognuno gestisce una zona di campo, a prescindere dall’avversario. La
semplicità tattica si sposa con l’efficacia tecnica e quindi con il rendimento
di ciascun giocatore. Più i sistemi sono semplici, meno spostamenti devono
fare, più i giocatori sono efficaci in difesa
LIVELLO
GIOVANILE:
Se volessimo
trasportare questo sistema a livello giovanile (o a livelli di categorie
inferiori), l’idea è di creare una mappa di dove cade la maggior parte dei
palloni e posizionare in quelle zone i difensori. Noi dobbiamo sempre pensare
che la nostra tattica deve dipendere sempre da esigenze di campo reali, da
quello che succede nella realtà. In questo modo creeremo dei sistemi semplici e
rispondenti alle esigenze della nostra realtà, che poi andarli ad allenare
diventa facile. Anche la preparazione delle partite diventa molto più semplice
quando questi sistemi sono stati metabolizzati bene dalla squadra. Inizialmente
dobbiamo spendere un po’ di tempo per convincere i giocatori della bontà di
questo sistema, dal momento che ognuno di loro viene da esperienze diverse, ma
poi troveremo grande giovamento. Il mio sistema di difesa è un sistema aderente
alla realtà (ovviamente se vado nel giovanile o nelle categorie inferiori dovrò
adattarlo a quelle realtà e magari modificare qualcosa ad esempio nelle
posizioni di attesa) perché tutti quei sistemi che non aderiscono alla realtà
io non li capisco e non capisco perché molti allenatori usano la fantasia e la
creatività per costruire i loro sistemi di difesa.
COPERTURA
DELL’ATTACCANTE:
Copertura su
palla super: se la ricezione permette sia il primo tempo che la pipe, il libero
deve stare fermo (o addirittura arretrare leggermente) in modo da lasciar
passare lo schiacciatore che va in pipe. Poi vediamo i movimenti in base a dove
va l’alzata:
a) Alzata in posto 4. Il centrale che aveva fatto
la rincorsa per il primo tempo, scende e fa 1 o 2 passi per avvicinarsi e
difendere la zona vicina all’attaccante. Poi c’è lo schiacciatore di seconda
linea che rappresenta il punto nodale di tutto il sistema: fa la rincorsa per
la pipe e quando capisce che l’alzata andrà in quattro deve interrompere la
rincorsa rettilinea e si deve muovere per andare a difendere il terreno alle
spalle dell’attaccante (con i piedi circa sui tre metri). E’ importantissimo il
suo piazzamento corretto perché statisticamente, la zona dove cadono più
murate; dietro le spalle dell’attaccante, zona che molto spesso noi lasciamo
libera. Il palleggiatore, se può, si mette in mezzo al centrale e allo
schiacciatore di seconda linea. Il palleggiatore è un po’ la variabile
impazzita perché la sua posizione dipende molto da dove è partita l’alzata,
perché quando quest’ultima parte da troppo distante non riesce ad arrivare. E
quindi il sistema prevede due difensori fissi (C e S) che difendono vicino, ed
eventualmente il palleggiatore. Poi abbiamo due giocatori che difendono l’area
lontana e sono l’opposto e il libero. L’opposto spesso è un altro punto debole
del sistema per colpa di noi allenatori che non siamo sufficientemente
esigenti: l’opposto che ha iniziato la rincorsa, quando vede che l’alzata lo
esclude, deve interrompere la rincorsa e di deve posizionarsi come per andare a
difendere la diagonale stretta. E’ responsabile di difendere i rimbalzi del
muro nella parte di diagonale stretta. E poi infine c’è il libero che è
responsabile di tutta la parte di fondo campo.
Copertura su
palla alta: quando non c’è più ne primo tempo, e ne pipe, ma solo alzata di
palla alta, invertiamo le competenze fra il libero e lo schiacciatore di
seconda linea. Il libero va a difendere vicino, dietro le spalle dell’attaccante
e lo schiacciatore che, non facendo la pipe, rimane lontano. Questo perché se
lo schiacciatore è lontano, un eventuale contrattacco dopo che abbiamo coperto
può includere un eventuale attacco in pipe (cosa che non si potrebbe fare se lo
schiacciatore di seconda linea fosse andato a coprire sui tre metri).
Nessuno si
illuda di sistemare in partita queste situazioni, lasciando che in allenamento
ognuno faccia quello che gli pare. I giocatori si muovono per automatismi e
quindi se non ripetono questi movimenti tutti i giorni, correttamente (noi
dobbiamo sempre riguardare i video degli allenamenti per vedere cosa
correggere) poi non possiamo arrabbiarci se non lo fanno in partita.
MURO:
Il nostro
sistema di muro ideale su palla spinta (su palla alta ne abbiamo appena
parlato) è il seguente:
-
B1: si intende block 1 e quindi parallela
libera. Noi lo indichiamo con il dito indice. Il cono d’ombra del muro chiude
praticamente la zona centrale del campo. Possiamo dire che il B1 è parte del
mio “normal system” il mio sistema normale. Questo significa che se gioco
contro una squadra di cui non conosco nulla, contro attaccanti di cui non
conosco niente, o che non hanno nessuna prevalenza, io gli andrò a chiudere con
il muro la zona centrale del campo lasciando libere le zone esterne
-
B0: si intende block zero che significa lasciare
zero spazio in parallela (lo indichiamo disegnando uno zero con le dita). Il
cono d’ombra del muro mi chiude la parallela e aumenterà lo spazio libero sulle
diagonali. Lo facciamo solo quando dobbiamo adattarci a qualche prevalenza che
l’attaccante può avere
Tutto questo è
bello da vedere disegnato ma la realtà del campo non è mai corrispondente
esattamente a quello che si vede disegnato. Ecco perché io non modifico la
posizione dei difensori; i miei quattro difensori coprono le zone di cui
parlavamo prima perché con il muro tento di fare quello che abbiamo disegnato,
sapendo però che nella realtà riuscire a farlo è sempre così difficile che
rimangono buchi sulla parallela, sul centro del campo, e quindi i difensori
devono tappare quei buchi.
Il muro poi
dovrà avere degli adattamenti anche in base alla precisione o meno della
parabola d’alzata del palleggiatore avversario. Sulle alzate morbide, o alte,
il muro (parliamo soprattutto dei laterali) riuscirà a leggere abbastanza bene
e quindi a percepire se dovrà stare un po’ più dentro il campo o un po’ più
verso l’antenna. Nel caso, anche se avevamo chiamato B1 o B zero, andiamo a
modificare la nostra posizione di muro, perché noi definiamo prima qualcosa che
è ideale, ipotetico, un’alzata ideale, ma nella realtà le alzate sono sempre un
po’ differenti e quindi il giocatore di muro deve adattare la sua posizione in
relazione alla parabola d’alzata reale. Per quanto può fare, perché con le
palle super, non è facile capire dove realmente verrà colpita dall’attaccante;
l’unico spunto lo puoi prendere dalla rincorsa dell’attaccante e quindi creare
un adattamento in relazione a quest’ultima e il centrale che arriva si accosta
e mura. Tra l’altro oggi, il muro parzialmente aperto è la norma; anzi, per me
è forse la condizione migliore perché se è soltanto parzialmente aperto è
praticamente impossibile da vedere per l’attaccante. Nel momento in cui
l’attaccante guarda la palla per colpirla il muro lo percepisce pochissimo e
non è assolutamente in grado di capire se questo muro verrà chiuso o se rimarrà
parzialmente aperto. Se è macroscopicamente aperto l’attaccante all’ultimo
momento spesso riesce a capirlo ma se è leggermente aperto no; ed allora quel
muro coprirà più zone, sia in parallela che in diagonale rispetto al muro
chiuso perfettamente che riduce lo spazio aereo che va a coprire. E quindi
quello che noi in gergo chiamiamo “split block” , cioè muro aperto, spesso è un
valore positivo.
Quando si
incontrano dei giocatori molto tecnici, che tendono ad usare parallela e
diagonale stretta, l’esterno a muro chiude la parallela e il centrale più
diagonale possibile, è un tentativo per chiudergli i suoi colpi preferiti.
Questo è lo split block su base zero, ma si può fare anche lo split block su
base 1 (lasciando libera la parallela) e quest’ultimo lo possiamo fare contro i
grandi diagonalisti
Tutto questo
riguarda il muro in lettura, quello interessato al 70%-80% delle azioni che si
svolgono in una partita. Per completare il discorso manca la sistemazione di
muro quando si fanno delle scelte (opzioni), situazioni che nel maschile
riguardano mediamente il 20% delle azioni, e quindi quando si escludono determinati
attaccanti. Si rischia, lasciando un giocatore senza muro, andando a
sovraccaricare altri attaccanti. Ad esempio, la statistica ci dice che dopo il
ventesimo punto spesso un alzatore si appoggia di più a determinati attaccanti
piuttosto che ad altri, a volte esclude l’attaccante che ha ricevuto, ecc… e in
quei casi si possono preparare alcune scelte, rischiando che un attaccante
attacchi senza muro.
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