martedì 5 maggio 2020

INSEGNARE L'ATTACCO. Angelo Lorenzetti


L’attacco è sicuramente il fondamentale più importante della pallavolo. Uso il termine “sicuramente” perché è un dato che ho preso da uno studio scientifico americano sulla produttività dei vari fondamentali e il primo è l’attacco: al primo posto l’attacco da posto 4 e al secondo posto l’attacco dal centro della rete.
Ma se vogliamo fare una statistica più empirica, sfogliando le statistiche della lega degli ultimi anni si vede comunque che il fondamentale d’attacco è quello che poi rispecchia la classifica finale di squadra.
Per questo è un fondamentale su cui bisogna lavorare tutti i giorni. A maggior ragione nel settore giovanile, soprattutto per i maschi, dal momento che i giovani vengono in palestra per schiacciare, e di questo dobbiamo tenere conto.
I due concetti chiave sono:
-          bisogna schiacciare alto
-          bisogna schiacciare forte
Questi due concetti dipendono da tre principi molto importanti:
-           - Timing: il tempo d’attacco, la sincronia che c’è tra l’alzata e il tempo dell’attaccante
-        - La capacità di riportare nel gioco tutto quello che si impara, dal momento che la pallavolo è uno sport di situazione e quindi difficilmente una situazione assomiglia alle altre
-          - Controllo di palla
Come insegnare l’attacco? La cosa più importante è prendere dei modelli. Il mio modello per quanto riguarda l’attacco e lo faccio vedere anche ai giocatori di alto livello ad inizio anno. Questo modello per me è Juantorena perché tecnicamente è perfetto, e analizzando questo modello la prima cosa che balza all’occhio è la sequenza degli appoggi. La rincorsa d’attacco è comporta da 4 appoggi (non 4 passi!!!) che sono: destro – sinistro – destro – sinistro. Nella rincorsa di questo giocatore si vede molto bene il ritmo che viene dato a questi 4 appoggi. Il primo appoggio viene definito dalla scuola USA come IL PIU’ CORTO E IL PIU’ LENTO. Serve per iniziare a prendere il giusto timing dell’attacco. Il secondo passo viene definito PIU’ GRANDE E PIU’ VELOCE rispetto al primo. Il terzo e il quarto appoggio vengono definiti come I PIU’ GRANDI E I PIU’ VELOCI. Insegnare ai ragazzi fin da piccoli una rincorsa con i 4 appoggi secondo me è essenziale mentre spesso viene insegnata una rincorsa con solo gli ultimi 2 appoggi, partendo dai 3 metri perché sembra più facile. In realtà questo non ha nessun riscontro a livello di studi metodologici e va insegnata globalmente, con i 4 appoggi. E’ importante perché poi su questi 4 appoggi andremo a costruire tutti i tempi d’attacco, il timing. Se no poi succede quello che spesso vediamo in palestra dove lo schiacciare dice al palleggiatore: un po’ più alta; un po’ più veloce; spingila di più; ecc.. In questo modo creiamo solo della grande confusione mentre dobbiamo fissare delle regole:
-          La palla alta (3° tempo): il primo appoggio dei 4 (destro) lo mettiamo quando l’alzatore ha la palla in mano. Lo farà piccolo e lento. Il secondo appoggio sinistro va messo quando la parabola raggiunge l’apice della parabola stessa.
-        Palla un pochino più veloce, secondo tempo (cinque, super): è una palla da secondo appoggio dei 4. Quindi quando il palleggiatore ha la palla in mano noi dobbiamo appoggiare il secondo appoggio (sinistro) facendolo più grande e più veloce rispetto al primo.
-        Poi ci sono le palle ancora più veloci (quick, fast, palla rapidissima in banda) in cui l’attaccante nel momento in cui il palleggiatore ha la palla in mano, ha posizionato a terra il terzo appoggio (destro)
-         Poi c’è l’ultimo tempo, ancora più veloce (1° tempo) in cui quando la palla è in mano al palleggiatore l’attaccante appoggia l’ultimo appoggio (sinistro) a terra. Tutti diciamo che il primo tempo dovrebbe essere fatto in modo che il centrale è già in aria nel momento in cui la palla entra nelle mani del palleggiatore, ma questa è una cosa che si verifica molto raramente. E’ un tempo d’attacco che si una anche in chi gioca le pipe molto evolute (Juantorena quando la palla è nelle mani di Bruno ha l’ultimo appoggio dei 4 già appoggiato a terra)
Avere questo insieme di regole codificate da trasmettere ai nostri giovani attaccanti è fondamentale perché poi spariscono tutti i commenti degli attaccanti del tipo: un po’ più veloce, un po’ più lenta, ecc… In questo modo, non basandoci sul delle opinioni ma su dei fatti concreti, si prende il telefonino, si filma la rincorsa dell’attaccante e si vede se l’attaccante ha rispettato le regole che ci siamo dati. In quel modo si identifica facilmente se era con il giusto timing, oppure se ha sbagliato il tempo, oppure se ha sbagliato il palleggiatore. In questo modo non si da la colpa a nessuno ma ci sono fatti oggettivi, verificabili. Poi certo, ogni schiacciatore magari ama una palla un po’ più rapida, piuttosto che con un po’ di pancia e questi sono lievi adattamenti alle regole codificate che palleggiatore e schiacciatori troveranno nel corso della stagione. Questo quindi è un aspetto che nei nostri settori giovanili è bene curare fin da subito, anche e soprattutto quando siamo in situazione di apprendimento dell’attacco
Quando insegniamo ad attaccare non dobbiamo mai partire da una palla di terzo tempo ma una palla di secondo tempo (secondo appoggio) in maniera tale che i ragazzi sanno che devono partire e noi allenatori che lanciamo la palla, avare la capacità di “sentire” quando e come lanciarla (per noi allenatori è molto importante imparare a lanciare la palla). E fino a quando non riescono ad alzare è anche importante che anche i ragazzi imparino a lanciare la palla e quindi a sentire il tempo e il ritmo dell’attaccante. Dobbiamo insegnare ai ragazzini che il tempo dello schiacciatore e l’alzata devono essere un qualcosa di sincronizzato.
Riguardo a dove deve cadere la palla dopo la traiettoria d’alzata, il mio punto di vista è che non ci sono riferimenti fissi a parte forse per la palla alta. Questo mi porta al concetto che allenare i palleggiatori con i canestri è un qualcosa che soddisfa l’ansia da prestazione ma che serve a poco. Questo non significa che non la facciamo mai, perché ogni tanto la facciamo. Anche se so benissimo che anche qualora il palleggiatore mi meta 10 volte la palla nel canestro non è detto che sia stato preciso dal momento che un’alzata per definirsi precisa deve essere “a tempo” con la rincorsa dell’attaccante. Sarebbe come a dire che un atleta che pratica tiro a volo si allenasse esercitandosi con il tiro al bersaglio fermo. Se ne fa 10 perfetti, non c’è nessuna garanzia che quell’allenamento sia stato funzionale al fatto che quando poi ci sarà il piattello lui sarà più pronto a colpire il piattello. E la stessa cosa vale per i palleggiatori, perché il vero allenamento per loro è quello fatto con gli attaccanti.
La sequenza per il miglior apprendimento è:
-          Partire con un attacco di secondo tempo con partenza al secondo appoggio(non prendono il tempo, partono e basta con la sequenza corretta dei passi) e lancio coretto da parte dell’allenatore e poi dei ragazzi stessi che quando lanciano è come se facessero un esercizio d’attacco perché devono stare attenti a lanciare con il tempo giusto
-          Poi l’allenatore lancia e loro prendono il tempo giusto e con il secondo appoggio prendono il tempo giusto in base al lancio dell’allenatore
Poi, quando voglio inserire il primo tempo (non esiste un’età uguale per tutti ma dipende dal livello di maturazione di ogni singolo gruppo) la prima cosa da fare è insegnare all’alzatore di aspettare l’attaccante sul 4° appoggio e quindi di impostare il salto (del palleggio in salto) nel momento in cui lo schiacciatore appoggia il terzo appoggia in modo da avere la palla in mano quando lui appoggerà il 4° appoggio. Prima glielo faccio fare con la palla già in mano al palleggiatore che salta quando il centrale arriva, poi con l’allenatore che lancia la palla al palleggiatore facile, e poi su situazione di appoggio in bagher classico.
La posizione di partenza per la rincorsa d’attacco deve essere più indietro della linea dei 3 metri per tutti; poi, mammano che i ragazzi crescono e riescono a fare passi più lunghi la eseguiranno partendo ancora da più indietro perché l’obiettivo finale è quello di fare gli ultimo di passi sempre più lunghi e sempre più veloci.
Poi, tutto questo c’è da metterlo in campo. In campo avviene che io ricevitore non parto sempre dalla stessa situazione: a volte attacco dopo aver ricevuto, a volte attacco senza prima aver ricevuto, a volte attacco dopo aver ricevuto una battuta lunga, oppure dopo aver ricevuto una battuta corta, ecc.. E quindi accade che precedentemente ai 4 appoggi (rincorsa corretta) c’è una fase di preparazione, che sarà diversa tra una situazione di cambio palla e una situazione di fase break. Se l’allenatore non lavora sulle fasi di preparazione questi 4 appoggi difficilmente poi verranno eseguiti correttamente. Dobbiamo quindi insegnare allo schiacciatore ricevitore a recuperare correttamente la posizione utile per poi fare i 4 appoggi della rincorsa partendo da qualsiasi situazione abbia ricevuto o qualora non avesse ricevuto. Anche nell’alto livello succede che abbiamo attaccanti che quando non ricevono fanno la fase di preparazione perfetta mentre non la fanno quando ricevono ad esempio dentro il campo o una palla corta, e poi questo li limita nel colpo d’attacco (es. attaccanti che quando ricevono poi attaccano solo lungolinea, ecc..) diventando più leggibili e marcabili per il muro avversario. E quindi se ho un attaccante che ad esempio quando riceve dentro il campo poi non sa tirare la diagonale, non dovrò lavorare tanto sul colpo d’attacco ma sulla fase inziale, preparatoria della rincorsa, perché è quella che se non eseguita correttamente, poi gli condiziona il colpo d’attacco.
Lo stesso ragionamento va fatto per i centrali. Il problema della pallavolo moderna per i centrali è che spesso non toccano palla. O sono molto bravi a muro, e quell’aspetto li lo agevola nell’essere protagonista della gara, oppure è un problema dal momento che le statistiche ci dicono che nella pallavolo maschile un attaccante che attacca molto attacca 2,5 palloni (Lisinac, Holt, ecc…), la maggior parte fanno 1 attacco a set, altri 0,8 attacchi in un set. In questa pallavolo dove la battuta è preponderante, i palloni da dare all’attaccante di primo tempo sono sempre meno. Ciononostante, sono anche gli stessi centrali che a volte non si mettono nelle condizioni per poter attaccare una ricezione da una range più ampio, es una palla che si stacca da rete di qualche metro. E questo succede perché la fase di preparazione all’attacco da parte del centrale lo penalizza bela rincorsa d’attacco. Se prendete le squadre USA difficilmente i loro centrali fanno delle preparazioni diverse uno dall’altro, sia quando partono da 4 che quando partono da 3. Hanno delle sequenza di preparazione alla rincorsa d’attacco standard, e questo li agevola in queste situazioni a prendere più facilmente il tempo d’attacco. E questo è ancora più importante insegnarlo ai nostri giovani atleti, nelle varie rotazioni. Anche sull’opposto dobbiamo lavorare riguardo la preparazione alla rincorsa; come si prepara l’opposto alla rincorsa quando è in P1? Va fuori dal campo? Sta dentro il campo? Va dietro? Come si prepara quando è in P6 o P5? Come si prepara in P4 oppure quando siamo in P2 e lui viene da lontanissimo? Sono tutte situazioni da analizzare insieme ai nostri giocatori a video in modo tale che le facciano correttamente. Ad esempio, ci sono squadre in cui l’opposto quando è in P4 ha una determinata efficienza e quando viene da P2 ha un’efficienza molto diversa. Questo accade perché non iniziano la rincorsa nello stesso modo. Tutte queste cose qui è importante che analizziamo e curiamo.
Tornando all’attacco da un punto di vista tecnico l’altro aspetto importante è di cosa fanno le braccia. La scuola USA ci ha insegnato un principio molto semplice vale dire che “semplice è meglio”. A volte nei nostri ragazzi e nel movimento delle loro braccia c’è qualcosa di non semplice. Ci sono dei movimenti in più, che loro aggiungono, spesso sono movimenti in avanti, che fanno sì prima di tutto che le braccia siano in ritardo nello spingere il corpo verso l’alto e poi sono in ritardo anche per il colpo d’attacco. Se riprendiamo il modello di Juantorena vediamo che non fa nessun movimento di oscillazione indietro delle braccia prima del movimento dello slancio per il salto. Quindi bisogna analizzare questa rincorsa nella sua globalità per vedere se ci sono dei movimenti superflui che dobbiamo evitare e correggere in modo tale che in futuro, quando un giocatore incomincerà a giocare palle veloci, il fare meno movimenti possibili sono una garanzia di poter arrivare ad arrivare prima ad attaccare in maniera efficacie questi tipi di attacchi. Generalmente nell’attacco da 4 l’angolo delle spalle dell’attaccante è verso zona 6 in modo da attaccare bene la diagonale lunga he rimane ancora un colpo molto efficiente e da quella posizione andrò in intrarotazione o extrarotazione per tirare diagonale stretta o lungolinea.
C’è poi la fase di caricamento del braccio: il braccio sinistro va a puntare la palla, il destro si carica per andare a soddisfare l’esigenza di tirare forte senza perdere l’altro concetto chiave che è il colpire alto. Per tirare forte devo ruotare il busto mentre carico il braccio, con la mano circa all’altezza dell’orecchio. Gli errori più frequento che posso commettere sono che mentre faccio il caricamento, anziché ruotare il busto inarco troppo indietro la schiena oppure che il gomito gira da dietro e incomincia a fare un movimento troppo lungo (rotazione del braccio) con la conseguenza che la palla scende e io anche se tiro forte non la colpisco alta ma bassa, e invece noi vogliamo che tiri alto.
Poi c’è il colpo sulla palla con il discorso sul controllo. Tutti i filmati e gli studi dimostrano che tutto quello che abbiamo sempre detto sul “fasciare” la palla, è un qualcosa di non riscontrabile. Questi studi dimostrano che il colpo d’attacco forte, quasi mai, viene portato con tutta la mano che avvolge la palla. E’ stato studiato che nel golf viene dato lo spin alla palla, ma senza che questa venga avvolta. La rotazione della palla è data da tante cose: dal tipo di superficie della palla, dalla capacità di deformazione della stessa, dalla sua pressione, dalla parte della mano con cui la colpisco. E questa cosa è facilmente riscontrabile quando c’è un cambio di pallone. Passando da un Mikasa ad un altro, c’è sempre qualcosa che cambia nello spin dopo un colpo d’attacco o di battuta. E’ difficile che il giocatore perda la manualità perché gli è cambiato il pallone e quindi è evidente che quello cha cambia è il pallone (pelle, ecc…). Queste piccole variazioni portano ad avere un controllo di palla diverso. Questo non significa che non dobbiamo allenare il controllo, ma che se vogliamo attaccare alto e forte, per aver un buon controllo della palla lo posso allenare solo in un modo: alto e forte. Non esiste nessuno studio che mi dice che se attacco piano, fasciando bene la palla, poi avrò maggior abilità nel colpire la palla forte. Devo imparare ad avere controllo della palla colpendola alta e forte. E siccome questo è un aspetto abbastanza difficile vuol dire che all’inizio i nostri ragazzi sbaglieranno tanto. Ma per imparare bisogna sbagliare. Se pensiamo che con i colpi morbidi prepariamo il colpo forte questo non è vero. Alla stessa maniera è possibile (e questo avviene anche in serie A) che ci siano giocatori molto bravi a tirare forte e molto meno bravi quando devono fare la palletta morbida. Anche nella battuta avviene così; chi batte bene forte spesso non è altrettanto bravo a fare la battuta corta. Questo perché sono due tecniche diverse. Un ottimo esercizio per insegnare ai giovani ad attaccare alto e forte è quello di posizionare una rete tipo tennis 2-3 metri prima della linea di fondo campo opposto e chiedere ai giocatori di attaccare facendo passare la palla sopra la rete da tennis ma dentro il campo. Questo ha un effetto importante (anche con atleti di serie A): gli permette di immaginare e poi descrivere mentalmente la traiettoria dell’attacco perché molti hanno l’idea che l’attacco sia quello di riscaldamento, chiuso il più possibile vicino ai 3 metri mentre in campo non succede questo, con la prima parte della traiettoria che va un pochino verso l’alto disegnando una parabola che poi andrà verso il basso. All’inizio si può fare anche con il ragazzo in piedi su una panca, sempre per stimolare la capacità di immaginare questa traiettoria; poi ovviamente l’esercizio andrà fatto completo con rincorsa, stacco e colpo d’attacco.
Un altro concetto importante è che per andare ad attaccare alto e forte una volta effettuato il salto, devo anticipare il colpo e le parole chiave che uso sono: “attacca la palla” o “attacca l’alzatore” il che significa che nelle situazioni in cui la palla mi viene da lontano (palla ricevuta verso zona 2) nel momento dello stacco devo avere l’idea di andare incontro alla palla e poi da li effettuare il colpo. Quando invece ho il palleggiatore posizionato vicino a me (ricezione verso zona 4) l’idea è di attaccare l’alzatore in modo tale che non mi trovi in ritardo perché aspetto la palla.
Nell’attacco dal centro qual è la distanza dal palleggiatore per l’attacco vicino al palleggiatore? Per portare un attacco efficiente è importante avere una buona distanza tra palleggiatore e attaccante in modo che l’alzatore non si trovi l’attaccante tra la palla e la rete e soprattutto in modo tale che non se lo trovi addosso. Per insegnarla ai ragazzini chiedo loro di prendersi per mano facendo mettere ad entrambi le braccia distese, e questa è la distanza che devono avere tra di loro. Questa distanza non è facile da ottenere in campo, soprattutto perché spesso la fase di preparazione dei centrali spesso non è corretta e li porta ad avere il secondo appoggio (sinistro) sulla riga dei 3 metri se non addirittura dentro; dopodichè anche un ragazzo non altissimo, già di 1,75 metri, non riesce più a rispettare quella distanza che noi chiediamo con il palleggiatore. Per avere la distanza corretta io devo costruire una routine di preparazione tale per cui l’appoggio sinistro venga appoggiato a terra non solo con il tempo giusto ma anche ben dietro i 3 metri in modo tale che quando faccio gli ultimi 2 appoggi (che devono essere i più grandi e i più veloci, destro - sinistro) sia in grado di mantenere la distanza corretta rispetto all’alzatore. Il palleggiatore deve aspettare il primo tempo con le spalle rivolte verso l’attaccante di primo tempo. Se invece le sue spalle sono già rivolte verso zona 4 il centrale tende ad infilarsi in quello spazio e a quel punto li non ci sono più le condizioni ottimali per giocare un primo tempo. Un’altra cosa importante per il palleggiatore è che si muova sotto rete sempre con il piede destro avanti rispetto al sinistro per lasciare lo spazio al centrale di infilarsi di fianco a me, cosa che se ho il piede sinistro avanti non riuscirà a fare.
Una cosa importante per i palleggiatori che riguarda l’attacco è che il palleggiare in controtempo è una cosa devastante perché aggiunge un altro tempo alla combinazione d’attacco
Un’altra rincorsa importante da studiare è quella dell’opposto o comunque quella dell’attacco in posto 2. E’ importante non uscire troppo dal campo e che dopo aver fatto l’appoggio, nel momento successivo al primo passo per allargarmi (spostamento laterale) poi devo portare il primo dei 4 appoggi (destro) in avanti, poi farò un appoggio di sinistro incrociato al destro in modo da iniziare impostare la rincorsa con una traiettoria tonda per fare in modo che gli ultimi due appoggi mi consentano di orientare le spalle verso zona 5-6, che io possa andare con il corpo ad attaccare il palleggiatore o la palla. Da quella posizione sarò molto facilitato nell’anticipare la palla per attaccare in diagonale o aspettarla un po’ e con un colpo extra ruotato attaccarla di parallela. L’errore a mio parere è quello di insegnargli a fare le rincorse completamente perpendicolari con le quali non c’è la possibilità di adattarsi; se la palla è perfetta non mi cambia niente ma se la palla fosse un po’ più corta o soprattutto più lunga non riuscirei più ad attaccarla. 
Per ora vi ho parlato di attacco in situazione di cambio palla. E l’ho fatto perché (e non è un’opinione mia ma ci sono studi che lo dicono) la fase cambio palla è quella più decisiva per la vittoria. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare gli attacchi che facciamo in contrattacco. L’idea è sempre quella di riprodurre la rincorsa d’attacco sempre nelle medesime situazioni. E quindi tutti i movimenti che devo fare quando scendo da muro o quando esco da una posizione di difesa, sono movimenti che io devo far studiare, standardizzare e ripetere ai giocatori in modo tale che poi questi si vadano a posizionare sempre nella stessa situazione in cui partivano quando facevano cambio palla. Queste fasi di transizione sono molto importanti perché succedono tante volte in una partita. Così come dobbiamo insegnare ai ragazzi cosa fare quando è impossibile ritornare alla situazione di partenza ottimale e quindi dovrò fare degli adattamenti se non riuscirò a fare la rincorsa completa, altrimenti andrò sempre in ritardo. Questo è molto usuale soprattutto per i centrali, che attaccano poco anche perché non fanno correttamente queste situazioni di transizione per poter attaccare. Siamo tutti abituati a guardare il momento finale del colpo, ma tutto quello che succede prima, compresi questi movimenti senza palla sono situazioni molto importanti perché determinano l’efficienza del colpo finale ed essendo l’attacco il fondamentale più importante per l’esito della mia partita vuol dire che questi aspetti sono decisivi per la vittoria.
C’è uno studio fatto su tutti i più grandi talenti degli sport americani che dice che l’unico aspetto che è comune a tutti questi è la capacità di immaginare. E questo, in una pallavolo che va sempre più veloce è molto importante. Quando si vedono giocatori che fanno determinati colpi che riescono solo a loro, non è detto che quella situazione l’abbia vista, ma sicuramente l’ha sentita, sono giocatori che “sentono”. E questa capacità di immaginare è importantissima anche nel sapere riconoscere le situazioni e questo ci permette di anticipare i colpi, di essere in anticipo rispetto alla situazione.  Con i miei giocatori, per stimolare l’abitudine a riconoscere chiedo sempre il perché di un colpo e se c’erano altre alternative; questo per stimolare in loro la capacità di riconoscere le situazioni e trovare delle soluzioni idonee a quella specifica situazione. Non dobbiamo rendere i giocatori dei robot perché se diciamo che la pallavolo è uno sport di situazione noi dobbiamo creare dei ragazzi che siano come dei computer con un archivio molto grande e per creare questo archivio dobbiamo insegnare a riconoscere le situazioni. Tante situazioni, in modo che lui inserisca tanti file e poi piano, piano, sarà lui nel momento che andrà ad attaccare prenderà il file più adatto per quella situazione specifica

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