Trascrizione dell'intervista rilasciata da Giovanni Guidetti agli amici di COACH FACTOR Francois Salvagni e Ciro Zoratti.
In questa piacevolissima chiacchierata Guidetti svelerà come gestire un rapporto sincero e costruttivo con tutti i giocatori e con l'entourage che ogni giorno assiste il tecnico nel suo lavoro.
Scopriremo anche
cosa non sa fare Giovanni Guidetti ma che in realtà, leggendo fra le righe,
rappresenta proprio il suo punto di forza.
Poi, entrando
negli aspetti più tecnici del lavoro di allenatore, scopriremo qual è il numero
corretto di salti, la durata di un allenamento. Perché può valere la pena fare
allenamento alle dieci di mattina
E poi, entrando
nella pallavolo mondiale, vedremo cosa ha visto Giovanni Guidetti nell’ultimo
mondiale e qual è secondo lui la formula vincente, perché secondo lui Egonu non
giocherebbe nella squadra americana.
Sintetico,
analitico, globale … tavoli si, tavoli
no …. Ed infine, quale l’unico cambiamento regolamentare che potrebbe rendere
ancora più affascinante e bello il gioco della pallavolo
Tutto questo
nello stile unico e diretto di uno dei più grandi allenatori del mondo
Buona lettura
Chi è Giovanni Guidetti oggi?
Sono un uomo,
che sta vivendo la grandissima esperienza di essere padre, che ha la fortuna di
fare quello che più gli piace vale a dire la pallavolo. Sono un allenatore che
cerca ogni giorno di diventare un bravo allenatore; trovo sempre troppi difetti
in me, così come vedo sempre tantissime qualità negli altri che mi piacerebbe
avere. Cercando di migliorare costantemente me stesso penso tra l’altro di
poter far migliorare anche le mie squadre.
Gestione della squadra: dialogo si? Dialogo
no? Con tutti i giocatori? Solo con il capitano?
Io penso che la
comunicazione sia al centro del nostro mestiere: ecco perché la cosa a cui
tengo di più è riuscire ogni giorno a scambiare una parola con tutti. Non solo
con i giocatori, non solo con lo staff, ma con il custode della palestra, così
come a quello che pulisce le docce, perchè significa far sentire tutti parte
della squadra. È diverso dire “ciao come stai?” da dire “ciao come stai? E tua
figlia come sta? E tua moglie come sta?”. Questo fa capire all’altro che sei
interessato a lui e quindi nei tempi possibili mi piace andare più in
profondità possibile a livello di comunicazione. Mi piace chiedere ai giocatori
in continuazione come stanno anche per conoscere il loro stato fisico e
mentale; non c’è un modo unico per farlo, ce ne sono tanti, magari mentre fanno
il riscaldamento o mentre si allacciano le scarpe. Magari durante l’allenamento
gli chiedo da 1 a 10 come stanno in modo che davanti a tutte le loro compagne e
a tutto lo staff dicono 1 se stanno molto male (sono stanca) piuttosto che 10
(sto bene). La mia regola è scambiare almeno una parola con tutte ogni giorno.
Questa per me è la base. Un po’ come quando entri in un negozio e ti salutano
sorridendo, e magari sanno anche il tuo nome, di solito in quel negozio ci
entri più volentieri, sei più stimolato e compri di più. Questo avviene in ogni
contesto; i giocatori prima di tutto sono delle persone, così come tutti i
membri dello staff. E più si parla vicendevolmente e meglio è. Dopodichè, ogni
due mesi circa (ti dico circa perché non sono un grande schematico nelle mie
cose) faccio dialoghi individuali di mezz’ora/un’ora in cui le giocatrici
vengono nel mio ufficio e parliamo. Parliamo di tutto. Principalmente faccio
parlare più loro, e questo mi piace perché ho visto che le giocatrici in quei
momento mi dicono cose che altrimenti non mi direbbero. E questo, mi aiuta a
capire meglio il momento della squadra e a far capire meglio loro qual è il
loro ruolo perché penso che la chiave di un’organizzazione vincente sia quando
ognuno sa esattamente quello che deve fare e sia motivato nel farlo. Se tu
chiedi ad un giocatore di fare solo il giro dietro ma capisci che questo non è
motivato dal fare solo il giro dietro devi trovarne un altro, anche se a te
quella situazione li piaceva. Il mio dialogo è molto sincero, nel momento che
anche volendo non riesco a mascherare il mio stato d’animo.
In ogni seduta
di allenamento inoltre c’è il dialogo tecnico (spiegazioni, correzioni) che è
la musica di sottofondo di ogni mio allenamento (piega le braccia, sposta le
braccia, prova questo colpo che non ce l’hai, questo non mi piace, devi
anticipare, ecc…). La mia voce durante l’allenamento è un qualcosa di continuo,
di martellante, e questo non lo considero neanche dialogo ma semplicemente il
lavoro dell’allenatore. Fin che i giocatori percepiscono che tu sei li per
farli migliorare e farli vincere va tutto bene, puoi rimanere con le stesse
giocatrici anche 20 anni; ma quando iniziano ad avere dei dubbi sulle tue
capacità di far migliorare loro e la squadra si rompe qualcosa e in quel
momento diventa difficile anche il dialogo.
Pianificazione: ipotizziamo una settimana
standard con una sola partita. Come organizzi la settimana di lavoro?
Ci sono tanti
miei colleghi cheti spiegherebbero dal ciclo al micro-ciclo alla
pianificazione; li stimo e li invidio molto perché io non sono capace. La mia
idea fondamentale è che la pallavolo è talmente complessa che non posso
dedicare una giornata ad una cosa e quindi in ogni allenamento ci deve essere
dentro un po’ di tutto anche perché poi nella partita c’è dentro tutto. Bisogna
ricevere, bisogna battere, attaccare, murare e difendere. Non è che si può
trascurare una cosa. Anche perché poi giocando in dodici, se una squadra fa
cambio palla l’altra squadra farà muro-difesa; anche perché, e questa è una
cosa a cui credo molto, il sestetto lo allenerò il 10% delle volte al massimo.
Quasi mai; perché il sestetto si chiama così perché quelle sei atlete sono
nettamente più forti delle altre e quindi che senso ha metterle continuamente
le une contro le altre. Il più bravo diventerà meno bravo, le riserve
miglioreranno un po’ e quindi non è un sistema che mi serve per migliorare la
squadra. A me serve che il mio migliore attaccante quando attacca abbia di
fronte il miglior muro; che il mio palleggiatore giochi contro il mio centrale
più forte, ecc. E quindi io giro, rigiro e rigiro i sestetti. Poi, ovviamente
ogni esercitazione avrà un obiettivo. C’è sempre un blocco iniziale in cui
faccio muro e difesa oppure battuta e ricezione lavorando in analitico, fermo
restando che in ogni mio allenamento c’è sempre battuta e ricezione, che sia 5
minuti, 10 minuti, 12 minuti (non vado mai oltre). Dopo questo blocco di
analitico, ho sempre una parte in cui tutte fanno più o meno tutto, e la chiamo
la parte “brasiliana” o “gir in giro”, dove tutte più o meno girano e dove do
degli obiettivi assolutamente tecnici. Ad esempio: tirare la pipe solo verso
zona 1; da due tira solo lungolinea; e qualsiasi altra cosa che io gli chieda.
Dopo questa parte che di norma dura tra i 10 e i 15 minuti vado al 6X6. Ne faccio
uno più orientato alla fase break point e quindi con meno battute reali e
un’ultima parte dove c’è la battuta e cambio palla reale. Questo in generale è
il mio tipo di allenamento. Mettendo un pochino di tutto e spiegando sempre
alle ragazze il perché facciamo quelle determinate esercitazioni. Perché non
pianifico? Perché a seconda di come va il lunedì, decido cosa fare il martedì,
e così via. È tutto un capire come sta la squadra, di cosa ha bisogno la
squadra, e lavorare su quegli aspetti. Quindi non pianifico niente, tranne che
riguardo i carichi di lavoro. Quelli li pianifico insieme al preparatore, su
quello non c’è nessun tipo di improvvisazione. Pianifico una decina di giorni
per volta insieme al preparatore atletico e al fisioterapista.
Un’altra cosa
che mi contraddistingue è che non esiste nella mia squadra una mattina senza
palla. Il solo pesi non esiste, c’è sempre pesi + palla. E quei momenti di
palla li, per me hanno un’importanza fondamentale. Non tanto perché è un’idea
mia ma perché un sacco di giocatrici mi hanno spesso detto che si sentono molto
migliorate dal lavoro fatto alla mattina. Questo lavoro mattinale consiste in
una divisione in due gruppi che lavorano con due reti. Ogni rete ha per un’ora
due/tre giocatrici, massimo quattro con uno o due allenatori. Fanno la loro ora
di pesi e poi la loro ora di analitico. Un gruppo per volta. Ovviamente il
lavoro è assolutamente individuale. C’è chi non faccio mai saltare e magari
lavora solo su ricezione e difesa, gli alzatori saltano a muro e fanno
tantissimi palleggi, i liberi li facciamo lavorare in tutte le esercitazioni
possibili di difesa e ricezione, i centrali saltano perché poi in partita
devono far quello. I centrali fanno anche difesa ovviamente, perché quella
palla che devono prendere può essere determinante e va quindi allenata però
devono saltare più degli altri e quindi alla mattina saltano. Per gli opposti a
volte faccio lavoro per la manualità del colpo d’attacco, altre volte lavoriamo
sulla difesa. È quell’ora che mi piace un sacco perché ci siamo solo io e due,
tre di loro, ed è ovvio che oltre a lavorare c’è anche un colloquio tecnico. Li
ti rendi conto la differenza che c’è tra giocatore e giocatore e quanto i
grandi giocatori abbiano voglia di migliorarsi. I grandi giocatori, stanno li,
provano, riprovano, vogliono rivedersi con il computer. Ma anche i giocatori
mediocri, se gli dai attenzione, se gli fai capire che sei li non perché
dobbiamo fare mezz’ora e sono li per lanciarti il pallone, ma che noi tecnici
siamo li per farli migliorare certi gesti tecnici, non solo stanno li ma il
lavoro che gli proponi lo fanno molto volentieri. Ho un sacco di giocatori che
non hanno mai fatto palla alla mattina; vengono da noi e lo fanno volentieri,
con voglia, perché c’è dietro un’idea a quello che facciamo. Poi, a seconda dei
momenti della stagione, questo lavoro lo faremo un po’ più lungo, un po’ più
corto, ma nella mia testa l’idea di fare solo pesi non c’è perché alla fine
giochiamo a pallavolo, mica a fare preparazione fisica.
In nazionale, ad
esempio, io lavoro così tra doppio allenamento (2) giornaliero e allenamento
singolo (1): 2-1-2-1-2-1. Poi di norma do un giorno libero o anche un giorno e
mezzo se riesco. Il concetto che sta alla base di questo sistema è che il
doppio allenamento è pesante, con palla + pesi al mattino e palla al
pomeriggio. Il giorno dopo quindi che sono stanche perché il giorno prima hanno
fatto il doppio gli do un allenamento unico con un riscaldamento a volte in
sala pesi e dopo il lavoro di cui parlavo prima. Il giorno dopo posso
ricominciare con il doppio perché hanno un po’ recuperato e così via. Nel club
è un po’ più complicato perché con le Coppe Europee, con le trasferte, salta
tutto e si fa quello che si può.
Come suddividi le esercitazioni a punteggio
da quelle senza punteggio dove gli obiettivi sono solo tecnici?
Nei miei 6x6,
all’80% c’è sempre il punteggio. Però mi piace, e vedo che anche ai giocatori
piace da matti, mettere il +1 e -1 o il +2 e -2 (dipende) e quindi un punteggio
diverso ai diversi gesti tecnici. Se dai il +1 e -1 ad esempio al mani e fuori
diventano anche esagerate delle volte dove vedi che cercano di fare il mani e
fuori anche con la palla staccata di 6 metri, e li le dobbiamo fermare e
spiegare che non ha senso. Però mi va bene. Ovviamente il +1 e -1 lo metto su
cosa che facciamo fatica a fare: facciamo fatica a giocare con i centrali e
allora metto +1 sull’attacco dal centro. Giochiamo poco con la seconda linea:
mettiamo il +2 sull’attacco dalla seconda linea. Questa è la cosa che mi piace
di più anche se richiede tempo, perchè l’organizzazione dell’allenamento
prevede lo studio a tavolino di quello che voglio allenare e poi organizzarlo
con dei punteggi che abbiano una loro logica. Questo secondo me è quello che ai
giocatori mette la maggiore attenzione. Se tolgo il punteggio e metto solo il
focus sull’aspetto tecnico, il numero degli errori diventa enorme, anche in una
squadra di alto livello. Più errori ci sono e più noi ci arrabbiamo; più noi ci
arrabbiamo e più loro diventano nervose e più l’allenamento scade di qualità.
Mettere il punteggio sull’aspetto tecnico tiene viva la loro voglia di vincere,
perché loro vogliono vincere, ma in più ci metti dentro la cosa che loro non
fanno volentieri, il colpo sul quale fanno più fatica, perché in questo modo se
vogliono vincere sono obbligate a fare.
Il +1 lo capiamo tutti: se uno fa punto con
il gesto tecnico che tu gli hai chiesto gli dai +1. Cosa intendi invece con il
-1?
Facciamo un
esempio: metto il +1 e -1 sul centrale e sulla pipe. Partiamo da dieci pari. La
squadra A fa punto con il posto 4 e va a 11-10. La squadra A fa punto con il
posto 2 e va 12-10. La squadra A fa punto con la pipe, siamo 13-9. Perché la
pipe ha dato +1 alla squadra A e ha tolto un punto (-1) alla squadra B. In
pratica la squadra che fa punto, oltre che a segnare un punto ne toglie uno
all’altra squadra. E quindi alla fine sono due punti anche se lo chiamiamo +1 e
-1. Potremmo dare anche +2 anziché +1 e -1 (il risultato è uguale) ma così
facendo gli esercizi diventano più lunghi, loro non se ne accorgono e quindi
fai più ripetizioni e a me piace molto fargli fare molte ripetizioni. Con il +2
se parti da 16 pari è possibile che nel giro di qualche minuto l’esercizio sia
già finito.
Come gestisci insieme al preparatore il
numero dei salti in allenamento?
Gli allenamenti
hanno una durata tra le 2 e le 3 ore, mediamente 2 ore e 30. Il mio preparatore
crede molto ad attenzionare il numero dei salti e quindi alleniamo con il Vert
(dispositivo per contare il numero dei salti) e quando arriviamo intorno ai
180/200 salti per giocatore è arrivato il momento di portare l’allenamento a
conclusione. Se invece siamo a due ore e mezzo di allenamento ma abbiamo fatto
150 salti (es. perché abbiamo fatto ricezione o difesa) possiamo
tranquillamente proseguire l’allenamento. I salti determinano parecchio la
stanchezza e quindi è un parametro che cerchiamo di tenere molto monitorato. A
mio avviso però non può essere solo il Vert a determinare quando finisce un
allenamento nel senso che se stiamo facendo un 6X6 e siamo 20 pari, l’esercizio
lo finiamo anche se abbiamo raggiunto i 180/200 salti. La pallavolo deve sempre
avere la priorità. Il preparatore deve essere di supporto all’allenatore, ma
non può essere il preparatore a decidere quando è ora di finire un allenamento.
Nella seduta singola giornaliera, ho letto
che hai sperimentato l’allenamento della singola giornata alla mattina anziché
al pomeriggio. Pensi che possa essere una strada da seguire?
Lo abbiamo fatto
in Olanda come esperimento, invertendo il lavoro pesi + palla dall’allenamento
globale tra mattina e pomeriggio. Ci siamo resi conto dai feedback delle
giocatrici che per loro era molto più stimolante e che si sentivano molto
attive. Nella loro testa, finito il 6X6 della mattina la parte di stress
mentale era finita o perché era l’unico allenamento della giornata oppure
perché c’era al pomeriggio pesi + analitico, un tipo di lavoro che non ti da lo
stress mentale del globale a punteggio. Poi però c’è il feedback del
fisioterapista e del preparatore che ti dicono che è meglio saltare alle 17
piuttosto che alle 10 di mattina e allora bisogna valutare un po’.
La nazionale italiana all’ultimo mondiale
ha mostrato un’idea abbastanza nuova di pallavolo; gioco superveloce, quattro
attaccanti per ogni rotazione, il libero come palleggiatore aggiunto. Pensi che
questa sia la direzione in cui sta andando la pallavolo mondiale?
Io non penso che
sia proprio così. Le prime quattro squadre del mondiale avevano un’idea
assolutamente identica di pallavolo e quindi un bombardiere potentissimo che
attacca tutti i palloni alti e un numero spropositato di palloni (Egonu ha
fatto dei tie break con 15 palle attaccate, e così la Boskovic e tutte le più
grandi attaccanti del mondo). Tutte un giocatore di volume, di equilibrio (es.
la Bosetti) e tutte hanno il secondo attaccante che è un ricettore più scarso
del giocatore di equilibrio e un attaccante più scarso del bombardiere (si
colloca a metà tra i due. Es: Sylla, Mihajlovic). Tutte le squadre hanno
giocato così. Chi ha fatto un gioco diverso è stata l’USA con solo palla
rapida, palla velocissima, e tutti e tre gli attaccanti che attaccano 20-20-20,
ecco che quella squadra ha fatto molta fatica perché a quel livello li, se non
hai un’Egonu o una Boskovic non vinci; anche se hai due posti 4 fortissime, se
non hai chi ti risolve la ricezione meno, non vinci. Questo è quello che ho
visto io. Poi certo, se non hai l’Egonu devi trovare altri mezzi, a uno di
questi è sicuramente avere un gioco più rapido possibile. Quindi tutte le prime
quattro squadre del mondiale hanno più o meno lo stesso modo di giocare. Con
qualche differenza; es. la Cina usa molto le centrali, l’Italia molto poco, la
Serbia a metà, ma l’idea di gioco era abbastanza simile per tutte.
Penso comunque
che oggi, come 10 anni fa o come 20 anni fa, la pallavolo femminile sia sempre
alla ricerca di arrivare al livello della pallavolo maschile e quindi ad
esempio vedo la Serbia avere 4 attaccanti in ogni rotazione, e questa per i
maschi è una cosa normale, mentre nelle donne stiamo iniziando ora a farlo.
Bisogna però ragionare su quanto le cose che proponiamo siano efficaci. Nelle donne,
ad esempio, spesso è più efficace un attaccante di prima linea con muro a due
piuttosto che un attacco da pipe contro muro a uno, cosa che negli uomini non è
così e dobbiamo tenere contro di queste specificità.
Tu pensi che i quattro punti rete in
attacco sia meglio averli vicino e giocare sul tempo o averli un po’ più larghi
e giocare sullo spazio?
Dipende dai
centrali che hai e quanto usi i centrali. Se hai centrali molto forti,
credibili, su cui l’avversario salta, allora puoi giocare sovrapposizioni. A me
però in generale piace tenerle più larghe e giocare la sette e la pipe in mezzo
perché mi da una soluzione importante contro le squadre che non leggono, che
scelgono prima. Quello che mi piacerebbe studiare è la nazionale thailandese
che hanno 6 giocatrici in campo che sono alte come dei liberi, ma che fanno 3-2
con la Russia e con gli USA e che stanno stabilmente nelle prime 10 del mondo
soltanto grazie all’abilità incredibile nel palleggio, a centrali dotate di
grande rapidità.
La scelta degli USA di distribuire il gioco
in maniera uguale tra tutte le attaccanti credi che sia figlia della loro
filosofia o del fatto che non hanno una grande attaccante?
Io credo che se
gli USA avrebbero un’Egonu o una Boskovic, giocherebbero alla stessa maniera
perché sono molto integralisti. Loro hanno le loro idee; hanno 350 squadre di
college che giocano tutte uguali e quindi nessuno che attacca seconda linea
perché usano sempre il doppio cambio e tutte che giocano palla rapidissima in
attacco. Vuoi che su 350 squadre, ognuna di queste con 16 giocatrici che
cambiano ogni due anni, non trovino una con il fisico della Boskovic?
Impossibile. Certo che c’è ma loro magari gli fanno fare il centrale e non si
metteranno mai li a prendere un centrale che tocca 3,50 e insegnargli a fare
l’opposto, perché non è nella loro mentalità.
Cosa non fare mai in palestra?
Palla a coppie
non la faccio più da tempo. Le serie di difesa con rullate, rullate, rullate,
non so quanto senso abbiano, anche se comunque anche quelle allenano le atlete
ad andare per terra. Lo stesso bagherone, che evidentemente non ha una finalità
tecnica, mi da comunque indicazioni su chi vuole vincere sempre, su chi non
molla, su chi si butta su tutti i palloni. Ad esempio, per la ricezione io uso
gli allenatori sulle panche, cosa che agli americani non piace perché loro lo
fanno però saltando in battuta. Però un allenatore fa fatica a saltare per fare
tutte le battute che servono ad allenare la ricezione, e quindi bisogna essere
anche un pochino aperti. Lo so che il tavolo non è la realtà ma in certi casi
lo uso, perché non potrei fare altrimenti.
Un’altra cosa
che ho abbandonato tanti anni fa è il lavoro sintetico. Io credo molto
nell’analitico perché se non so fare un gesto lo devo imparare. Uno studio ha
preso cento violinisti. Di questi 100, in 10 anni 30 sono diventati primi
violini, 30 sono diventati secondi e terzi violini e 30 sono diventati
insegnanti di musica. Allora sono andati a vedere la storia di questi e niente
di questi cento aveva a che fare con il talento. Chi è diventato primo violino
ha fatto 10.000 ore di allenamento di violino, quelli che sono diventati
secondo violino avevano fatto tra le 6.000 e le 7.000 ore di allenamento con il
violino e quelle che sono diventati insegnanti di musica ne avevano fatte
2.000. Io quindi credo tanto in questo concetto. Se non so fare la ricezione,
come posso mettermi di fianco ad un altro che invece la sa fare? E quindi
sull’analitico ci credo molto, sulle ripetizioni. E credo molto anche sul
globale perché alla fine dobbiamo giocare e per giocare serve il globale.
Cosa faresti se fossi al vertice della
pallavolo mondiale e potessi fare qualcosa per rendere la pallavolo migliore?
Togliere tutto
quello che è soggettivo (es. la doppia in palleggio). Per il resto non
cambierei molto, Se guardi Wimbledon adesso e dieci anni fa, al di là delle
racchette e della forza dei giocatori, non è cambiato nulla. A me non piace
cambiare in continuazione. Questa è la pallavolo, e questa è bene che rimanga. L’unica
cosa che poteva essere bella da vedere e da fare poteva essere tenere i set più
corti e magari fare 4 su 7 ai 15, perché spesso ci sono partite che fino al 16
ti fanno annoiare e diventano interessanti dopo il 16 perché è in quella parte
del set che si decide chi vince. Invece quando guardi un tie break stai attento
fin dall’inizio. Un qualcosa forse la metterei nella battuta dei maschi perché
a volte mi annoio a vedere tutti quegli errori, e forse più che alzare la rete
poteva essere utile l’idea di Doug Beal che era quella di non poter ricadere
dentro il campo dopo aver battuto.
Questi i link attraverso i quali potrete riascoltare l'intervista in oggetto sul canale COACH FACTOR della piattaforma YouTube:
https://youtu.be/yJ7lIa7s7hE
https://youtu.be/BnOYelqIz98
https://youtu.be/4Pe8sIMXWTU
https://youtu.be/V69aHmpKHo4
https://youtu.be/3MD4Ld7OyRI
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