Un dibattito che
da sempre caratterizza gli innumerevoli bar sport sparsi un po’ in tutt’Italia riguarda
i troppi atleti stranieri presenti nei nostri campionati. Su quell’insidioso
terreno si scontrano due opposte filosofie, in perfetto stile Guelfi e
Ghibellini. Da una parte chi afferma che i giocatori stranieri siano in grado
di apportare un netto miglioramento al nostro campionato, alzandone l’asticella
della tecnica, della personalità e della qualità. Dall’altro chi è invece convinto
che un numero troppo elevato di atleti provenienti da altre federazioni finisca
solo per togliere spazio vitale ai giovani talenti italiani impoverendo di
fatto il nostro movimento nazionale.
Ma al di là di
ogni possibile e legittima considerazione, noi italiani per quanto riguarda lo
sport abbiamo un’accentuata tendenza a mitizzare gli altri. In poche parole, siamo
spiccatamente esterofili. Nutriamo grande ammirazione per i giocatori stranieri
e ogni estate aspettiamo con inquietudine e grande interesse il nome del nuovo acquisto
straniero della nostra squadra del cuore.
Per la pallavolo
italiana, che da questo punto di vista non fa differenza rispetto agli altri
sport, la grande svolta avviene nell’estate del 1983, quando la Fipav decide di
sdoganare la possibilità di poter tesserare due giocatori stranieri per squadra,
pur con la netta contrarietà di due top club dell’epoca quali Kappa Torino e
Panini Modena.
In quella stagione
la nostra serie A1, con la Santal Parma campione d’Italia uscente e squadra da
battere, vede ai nastri di partenza dodici squadre. La maggior parte degli addetti
ai lavori è convinta che chi riuscirà a dotarsi della miglior coppia di atleti stranieri,
diventerà con ogni probabilità la prima rivale degli emiliani.
I campioni
d’Italia in carica, guidati da mister Claudio Piazza, affiancano al funambolico
regista coreano Kim Ho Chul il “gaucho” Hugo Conte. Atleta quest’ultimo che,
nella Coppa dei Campioni della stagione precedente, in coppia con il palleggiatore
transalpino Alain Fabiani tanto male le aveva fatto, infliggendole nella prima
giornate della final four (svoltasi proprio a Parma) un cocente quanto
inaspettato 3-1. Conte, 198 centimetri di altezza, è il classico universale
d’attacco, specializzato in azioni offensive rapidissime portate da ogni zona
del campo. E’ inoltre uno dei precursori della battuta in salto spin,
fondamentale che esegue con grande efficacia creando non poche difficoltà alla
linea di ricezione delle squadre avversarie. L’argentino farà bene in Coppa dei
Campioni, contribuendo con ottime prestazioni alla conquista della prima Coppa continentale
del club ducale in quel di Basilea. Non riuscirà però a ripetersi in campionato,
offrendo prove non sempre adeguate alle grandi aspettative che lo avevano
accompagnato al suo arrivo a Parma. Performance che non gli garantirono la
riconferma per la stagione successiva con la conseguente cessione alla Victor
Village Ugento, appena retrocessa in serie A2. Nel corso della sua lunghissima
carriera Hugo Conte vestirà poi la maglie di Catania, Modena, Cuneo, Milano,
per far ritorno a Parma nella stagione 2000/2001 a concludere la sua
lunghissima parentesi italiana. Medaglia di Bronzo ai Mondiali '82, il forte
attaccante argentino è stato inserito nella lista dei migliori 8 giocatori di
tutti i tempi stilata dalla Federazione Internazionale FIVB e nell’anno 2011 è entrato
a far parte della Hall of Fame del Volley.
Modena e Torino tentano
di colmare il divario con Parma ingaggiando rispettivamente Ljubomir Travica e Bengt
Gustafson. Il primo, martello serbo di 197 centimetri, è il classico prototipo
della grande scuola dell’Est europeo anni ’70 e ’80. Un posto quattro di grande
potenza, specializzato negli attacchi di palla alta. Affiancherà in maglia
gialloblu l’altro straniero già presente in organico, Esteban Martinez, velocissimo
e spettacolare universale d’attacco già da un anno tesserato per la Panini. Nella
città della Ghirlandina Ljubomir schiaccerà soltanto una stagione, senza per
altro lasciare un segno importante. Giocherà poi diverse buone stagioni nelle
nostre serie A1 e A2 a Vimercate, Padova e Milano.
Sotto la Mole
arriva invece Bengt Gustafson, lo “svedese volante”, scultoreo vent’enne di 195
centimetri che diventerà l’idolo incontrastato delle tifose di tutte le città
in cui transiterà sotto rete. Attaccante di classe cristallina, dotato di doti
di salto monumentali, così come di un colpo d’attacco pesantissimo. Dal punto
di vista stilistico ha rappresentato con ogni probabilità lo schiacciatore di
riferimento a livello mondiale fino al termine degli anni ’80. Rimane a Torino
per due stagioni, nelle quali forma con il californiano Tim Hovland la miglior
coppia straniera della nostra serie A1, per poi trasferirsi alla Santal Parma, squadra
in cui fungerà da principale terminale offensivo per ben tre stagioni, prima di
accasarsi in Grecia, precisamente all’Olimpiakos di Atene. Ritornerà nella
nostra serie A1 nella stagione ‘89/’90 per dare l’avvio alla formidabile epopea
trevigiana della Sisley, purtroppo con poca fortuna. A metà della stagione ‘90/’91
infatti, un grave incidente stradale lo obbligherà ad interrompere
prematuramente la sua splendida carriera di giocatore.
Sono però Sassuolo
ed Asti, e quindi non due “top club”, a compiere due veri e propri “botti” sul
mercato degli stranieri. La squadra emiliana, targata Edilquoghi, fa il grande
colpo mettendo sotto contratto nientepopodimeno che Tomasz “Tomek” Wojtowicz
mentre i piemontesi, ben consigliati dal proprio coach Enrique Edelstein, ingaggiano
un giovane e poco conosciuto bomber argentino, Raul Quiroga.
Il polacco, centrale
statuario di quasi due metri, è un vero e proprio eroe nazionale nel proprio
paese per essere stato uno dei grandi protagonisti della famosa nazionale
polacca Campione del Mondo nel 1974 e Campione Olimpica a Montreal 1976. A
causa dei devastanti allenamenti imposti dal tecnico polacco Hubert Aleksander
Wagner, soprannominato dai suoi giocatori “il boia” per la crudeltà dei suoi
metodi di lavoro (vere e proprie sessioni al limite della sopravvivenza), Tomek
arriva in Italia con ossa, muscoli, tendini e articolazioni particolarmente
usurati, per usare un eufemismo. Tutto ciò non gli permette di mettere in
mostra le straordinarie doti di salto e di velocità che lo avevano caratterizzato
per tutti gli anni ’70, consacrandolo come il centrale più forte del mondo
insieme a sua maestà Alexander Savin. La sua classe cristallina, accompagnata
da un carisma che sprizza leadership da tutti i pori, consente al competente e
appassionato pubblico sassolese di potersi lustrare gli occhi; fortuna che
durerà solo per un anno dal momento che nella stagione successiva (83/’84) la
Santal Parma lo individua come il rinforzo necessario per dare la caccia alla
sua seconda Coppa dei Campioni. E mai scelta fu più azzeccata, dal momento che Wojtowicz diventerà uno dei maggiori
protagonisti delle imprese dei ducali di quell’anno che, prima espugnano la
roccaforte sovietica di Riga, e poi si laureano Campioni d’Europa nella final
four di Bruxelles. Wojtowicz concluderà la sua carriera italiana sparando gli
ultimi colpi in attacco e a muro (le specialità della casa) prima a Ferrara e
poi a Città di Castello.
Il Riccadonna
Asti, come già detto, pesca il suo nuovo straniero oltreoceano e precisamente
in terra argentina mettendo sotto contratto un ventunenne argentino, Raul
Quiroga. Schiacciatore di posto quattro ma anche opposto all’occorrenza, 196
centimetri di salto, esplosività e potenza più unici che rari. Raul non solo
sarà protagonista di una splendida stagione ad Asti, guidandola a suon di
attacchi al quarto posto finale in regular season, ma negli anni successivi si
consacrerà come uno degli schiacciatori più forti della storia della pallavolo.
Nella stagione ‘84/’85 Quiroga si trasferirà a Modena dove verrà soprannominato
“El Bombardero”, conquistando due scudetti come protagonista assoluto e diventando
l’idolo della tifoseria gialloblu. Giocherà poi anche a Montichiari, Treviso e
Spoleto.
Milano targata
Casio e guidata in panchina da Nino Cuco perde lo yankee Mike Dodd, ex grande
giocatore di beach volley, ma acquista il martellone finlandese Mauri Lappanen,
schiacciatore di grande potenza e forza fisica, mentre il Miolat Chieti di Nino
Agricola affida le speranze di permanenza in serie A1 al mercato sudamericano. Nella città abruzzese arrivano via Buenos
Aires la coppia di schiacciatori comporta da Alcides Cuminetti (fratello del
più famoso Juan Carlos Cuminetti che negli anni seguenti farà le fortune di
Modena) e da Daniel Castellani, schiacciatore – ricevitore di stile e classe sopraffina
che per tutti gli anni ‘80 illuminerà altri palasport italiani, e precisamente
quelli di Falconara, Bologna Padova e Prato.
Il campionato
della stagione ‘83/’84 si presenta quindi come uno dei più belli ed incerti
degli ultimi anni. Alla fine, sarà Torino a spuntarla su tutte le altre
compagini, con la coppia Tim Howland e Bengt Gustafson sugli scudi. Vincerà prima
la regular season con 40 punti, figli di venti vittorie e solo due sconfitte, e
poi i play off dove sconfiggerà l’acerrima
rivale Santal Parma in sole due partite (3-0 nella gara d’andata e 3-1 nella
gara di ritorno disputata al Pala Raschi di Parma).
Kim Ho Chul, Hugo
Conte, Bengt Gustafson, Tim Hovland, Ljubomir Travica, Esteban Martinez, Tomasz
Wojtowicz, Raul Quiroga, Mauri Lappanen,
Daniel Castellani. Grandi campioni che con la loro professionalità e le loro grandi
qualità fisiche, tecniche e di leadership, hanno contribuito in maniera decisiva
ad elevare il tasso qualitativo del nostro campionato, alzandone di gran lunga il
livello tecnico.
Non a caso
proprio in quell’anno l’Europa ci premierà come mai accaduto prima, con Parma
trionfale in Coppa dei Campioni, Torino in Coppa delle Coppe e Modena in Coppa
Cev. Così come le Olimpiadi di Los Angeles, regaleranno agli azzurri di Silvano
Prandi un insperato bronzo alle spalle
di vere e proprie corazzate quali Usa e Brasile.
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