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venerdì 24 settembre 2021

Italvolley, il Mental Coach dei campioni d’Europa: "L'oro? Vi racconto come è nato"


Giuliano Bergamaschi, il Mental Coach (ma lui preferisce essere chiamato pedagogista) degli azzurri, racconta i segreti che hanno portato alla vittoria: "Similitudini con la nazionale di Mancini"

"Non chiamatemi Mental Coach, io sono un pedagogista". Giuliano Bergamaschi è uno dei cardini dello staff di Fefè De Giorgi sulla panchina dell’Italia che, a sorpresa, dopo 16 anni ha interrotto il digiuno d’oro in Europa.

Laureato in Filosofia e in Pedagogia, insegnante a contratto all’Università di Verona (“Insegno didattica applicata all’allenamento”), da vent’anni collabora con il tecnico azzurro (“Già quando era allenatore/giocatore a Cuneo”) e racconta la favola di un gruppo di giovani che in sette settimane ha imparato a vincere, insieme.

Come è nata questa magia?

“Questa è una squadra giovane, molto fertile nell’apprendere, nel mettersi in gioco. Aperta a lavorare su motivazione, valori e crescita. L’elemento chiave è stato il tema di tutto il progetto, quello che Fefè mi disse dopo aver parlato con il presidente della Federazione: volevamo ritornare a un senso profondo di appartenenza alla nostra nazione, ancora di più importante dopo la pandemia. Abbiamo lavorato sul concetto di patria, ma evoluto, perché fosse vissuto come uno stile, un modo di essere: la condivisione, la cooperazione per arrivare a risultati di eccellenza”.

Se lo aspettava questo oro?

“De Giorgi ha sempre detto che questi ragazzi tecnicamente hanno i numeri per vincere qualcosa di importante. La sorpresa è che arrivasse così in fretta, dopo poche settimane insieme”.

Qual è stato il suo ruolo?

“Collaboro con De Giorgi da tanti anni, so qual è la sua idea di lavoro: lui si concentra sull’aspetto tecnico, fisico e mentale. E io mi occupo di questo su 4 livelli: come fare, l’allenamento, la relazione con sé e con gli altri, la partecipazione. Abbiamo fatto incontri con lo staff e con i giocatori. Di questo gruppo conoscevo solo Anzani, gli altri li ho incontrati per la prima volta nel primo collegiale. Ho trovato ragazzi che hanno tanta voglia di divertirsi, ma anche molto sensibili al lavoro. Perché come ama ripetere De Giorgi: insieme si nascondono i difetti”.

Così si è superata la mancanza di esperienza di tanti giocatori?

“L’esperienza è fondamentale, ma dipende da come la usi. E’ utile, ma può diventare anche una grossa comodità. Il coinvolgimento ha aiutato a superare il fatto che in tanti avessero un’esperienza modesta a livello internazionale”.

Avete inserito regole particolari?

“Fefè ha sempre messo alla base del suo lavoro che tutto ciò che si fa è per uno scopo, che devi andare oltre all’interesse particolare. Credo che ci siano similitudini con il lavoro che ha fatto Mancini con la nazionale di calcio".

In che cosa?

“Come Mancini, Fefè ha molto rispetto del passato da giocatore”.

Vede qualcosa della generazione dei fenomeni in questa squadra?

“De Giorgi secondo me si è portato soprattutto due cose di quegli anni: Velasco ha portato quello che io chiamo onestà, sincerità di lavoro, tramite l’eliminazione di alibi e comfort. E poi l’utilità di quello che serve, nel senso: no agli egoismi, si deve essere rivolti a quello che è utile per vincere. L’elaborazione che ha fatto Fefè è di introdurre il concetto di lavoro di gruppo, interdisciplinare. Lui è soprattutto un coordinatore, un decisore”.

Ci racconta cosa c’è dietro l’urlo di battaglia degli azzurri: “Noi, Italia”?

“E’ la sintesi di valori di questa nazionale, lo sarà anche per il futuro. Siamo testimoni del modo di essere Italia, di uno stile. Noi è l’Italia che gira intorno a noi, siamo noi che giriamo intorno: in fondo questi talentuosi ragazzi della nazionale del volley sono dei nuovi patrioti che senza retorica danno l’esempio di come impegnarsi a vincere insieme con il gusto della cooperazione”.

Lo confessi, ma con De Giorgi non ci sono stati mai momenti di tensione?

“(risata) Solo a tavola, io sono mantovano e cultore del pesce gatto. Lui convinto della supremazia del pesce salentino...”.

 

 

 (Fonte La Gazzetta dello Sport)


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