Il c.t. dei
Fenomeni: “E’ anche una questione di coraggio. De Giorgi lo ha avuto più volte
nella finale dell’Europeo. Nei giovani di casa nostra si vedono prima i
difetti”
I giovani
meritano fiducia, facciamoli giocare. Il campionato europeo lascia in dote
questa riflessione perché l’oro di Katowice ha confermato che la pallavolo
italiana ha un tesoretto sul quale costruire il futuro. E se nel 1989 Julio
Velasco era il condottiero di una nuova generazione di campioni, anche oggi il
maestro pallavolistico di La Plata ricopre un ruolo chiave in Federazione: dal
2019 è direttore tecnico del settore giovanile maschile della Fipav.
Velasco,
all’Europeo l’Italia era la Nazionale più giovane. Molti di questi ragazzi
faticano a trovare spazio in Superlega. Perché?
«Da anni i
giocatori italiani non piacciono un po’ come successe all’inizio delle mia
avventura azzurra. È facile chiamarla ora Generazione di Fenomeni, ma allora
non ci credeva nessuno».
Spesso si
preferiscono giocatori stranieri...
«In loro si
vedono i pregi, negli italiani solo i difetti. E poi costano meno e si tende a
pensare che possano arrivare prima».
Ai nostri
ragazzi non si concedono margini d’errore?
«Come un grande
giocatore può sbagliare l’ultima ricezione anche un giovane lo può fare. Ma se
questo succede a Juantorena in Champions si dice giustamente che l’errore può
capitare, mentre se questo succede a un ragazzo si sottolinea che l’errore
deriva dalla giovane età».
Ci sono altri
“blocchi” culturali?
«Oltre
all’esterofilia c’è il contesto culturale. Si guarda sempre l’aspetto negativo
mentre in Italia ci sono tutti i presupposti per fare della grande pallavolo.
Infine c’è il capitolo allenatore. Il tecnico è spesso sotto pressione quindi
rischia di essere meno coraggioso nelle scelte. Ferdi (De Giorgi, ndr) ha avuto
le palle di mettere Romanò in finale».
Lei in
passato portò avanti scelte coraggiose?
«A Modena scelsi
di non prendere un canadese per dare fiducia al 18enne Bernardi in coppia con
Cantagalli. Lì è nata la Nazionale italiana dei Fenomeni. Ma tutto questo
discorso sui giovani non deve passare come assistenzialismo, se lo devono
comunque guadagnare».
Cosa non le
piace nel giudizio sui giovani?
«Un concetto che
non ho mai gradito è “questo ragazzo è indietro”. Una frase che non concepisco.
Non va valutato l’atleta in quel momento, va capito dove può arrivare».
Perché uno
come Romanò giocava in A-2?
«Ci sono molti
dirigenti e allenatori di Superlega che non conoscono i giocatori della
categoria inferiore. Romanò non è l’unico interessante in A-2».
Come si può
sopperire in azzurro al fatto che qualcuno potrebbe non essere titolare nel
club?
«Alcuni si
lasciano abbagliare dal corteggiamento di una grande squadra di Superlega
arrivando poi in situazioni dove difficilmente trovano spazio. Quando ho
allenato l’Argentina (dal 2014 al 2018, ndr) ho deciso che chi non giocava titolare
nel club non veniva convocato».
Cosa si può
fare per migliorare la programmazione estiva?
«Dobbiamo
cercare di lavorare con tutte le selezioni anche quando l’evento di riferimento
è finito. Ad esempio, se l’Under 21 finisce il mondiale a luglio si lavora con
quel gruppo comunque fino a settembre. E poi penso ai playoff di
campionato...».
A cosa si
riferisce?
«Perché i
giocatori che escono dai playoff devono giocare il torneo per il 5° posto? Se
Padova esce ai quarti uno come Bottolo perché non può subito iniziare a
lavorare con l’Italia per gli appuntamenti estivi? Capisco le necessità dei
club di fare attività ma è giusto rifletterci».
Oltre alla
Seniores, anche le selezioni giovanili presentano giovani interessanti.
Nell’Under 19 brilla lo schiacciatore Porro.
«Luca può
giocare in Superlega, è già fatto come atleta. Con le selezioni giovanili
stiamo facendo un buon lavoro. Ci sono giovani interessanti».
Quali sono le
linee guida della sua direzione tecnica?
«All’inizio del
mandato in Consiglio Federale quando ho fatto un intervento per dire che
avremmo dovuto dimostrare di saper vincere con tutti giocatori futuribili, che
quella sarebbe stata la sfida tecnica per noi. Così facendo si abbassano i
costi e la Nazionale ha un bacino di giocatori maggiore da cui attingere».
Come riuscite
a collaborare tra tecnici federali e allenatori dei club?
«Ho portato
avanti dei corsi con gli allenatori che nelle società seguono i ragazzi nel
giro azzurro. E poi stiamo cercando di fare un Club Italia allargato. Le
selezioni che partecipano al Trofeo delle Regioni vengono una settimana ad
allenarsi all’Acquacetosa».
(Fonte La
Gazzetta dello Sport)
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