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giovedì 21 marzo 2019

COMUNICAZIONE ALLENATORE - ATLETA

Gian Paolo MONTALI

Generalmente gli allenatori concentrano la loro attenzione e i loro sforzi alla ricerca di nuove metodologie di allenamento e schemi di gioco sempre più sofisticati che consentano di avere alla propria squadra quel qualcosa in più che la faccia prevalere sugli avversari.
A mio modo di vedere, qualsiasi allenatore è sufficientemente esperto in questo campo, mentre rimangono molte cose da scoprire nel settore della comunicazione tra l'allenatore e l'atleta.
Proprio gli aspetti psicologici del rapporto comunicativo tra l'allenatore e atleta e la capacità di trasmettere una motivazione al successo sufficientemente forte possono fare di un buon allenatore un ottimo allenatore.
Indubbiamente alcuni hanno un "talento motivale" che consente loro di comunicare in modo positivo con gli altri, e sono in grado di farsi capire e ottenere quanto desiderato senza particolare difficoltà.
Ma non sempre avviene così, allora bisogna riflettere sui meccanismi della comunicazione.
Quando qualcuno riferisce che un particolare film è divertente o che una persona è di bell'aspetto noi non stiamo facendo un commento sul film o sulla persona, ma sull'effetto che essi hanno avuto su di noi: in breve è la nostra reazione al film o alla persona che viene comunicata.
Poichè il contenuto di tutte le comunicazioni è costruito all'interno di una persona, la sua individualità, i suoi bisogni, le sue esperienze, la sua acutezza incideranno pertanto su ciò che comunica.
Un messaggio pertanto non è mai neutro, è sempre filtrato dalla personalità di chi lo emette. Allo stesso modo chi lo riceve lo integrerà con la propria personalità e quello che per una persona è divertente può essere noioso per un'altra.
Come possiamo essere sicuri che ciò che abbiamo comunicato è stato realmente compreso?
Per assicurarci di ciò dobbiamo ottenere dall'atleta particolari informazioni sul fatto che quello che vogliamo dire e quello che la persona ha capito sono la stessa cosa.
A questo punto la capacità dell'allenatore consiste nel riuscire a "leggere" particolari segnali che l'atleta ci manderà al momento della dimostrazione di ciò che gli abbiamo comunicato.
Vi è un modo importante per fare questo, e avviene già nel momento in cui noi stiamo comunicando con l'atleta: per esempio dobbiamo fare molta attenzione alla gestualità dell'atleta, osservare l'espressione del viso, degli occhi, delle spalle e altre azioni non verbali, aggrottamento delle ciglia, sguardo vuoto, assente.
Non è sempre efficace chiedere all'atleta se capisce o dire "comprendi?".
Questi punti lo spingono a dire SI' anche se non capisce quello che intendete dire: colui che si sente insicuro o timoroso farà spesso di cenni di assenso e dirà che capisce per evitare un certo imbarazzo.
E' più facile chiedere all'atleta cosa ha capito o cosa pensa di dover fare. In questo modo facendo spiegare all'atleta ciò che ha capito del vostro messaggio avete l'opportunità di correggere qualsiasi incomprensione prima che questa crei dei problemi.
Potrete ottenere anche meno distorsione nella risposta dicendogli che state controllando la vostra abilità di comunicare.
Oppure dicendogli: "Voglio essere sicuro di essere chiaro e di averti fatto capire quello che intendo dire".
Questo tipo di lavoro psicologico spartisce la responsabilità di una comunicazione accurata tra voi e l'atleta e generalmente qualsiasi incomprensione. Incomprensioni capiteranno anche quando si comunica nel migliore dei modi.
L'errore più comune che un allenatore possa commettere nel rapporto con un atleta è quello di assumere un atteggiamento di biasimo.
L'incomprensione abbinata al biasimo implica una grave mancanza dell'allenatore in quanto la comunicazione coinvolge non solo chi riceve il messaggio ma anche chi lo invia.
Tutto questo porta alla necessità di individuare un unico nucleo squadra composto da giocatori e allenatore.
L'allenatore vince e perde insieme alla squadra: non capisco l'atteggiamento di allenatori che indicano come causa di una sconfitta la scarsa concentrazione dei giocatori, la loro negligenza in campo, la loro incapacità di fare determinate cose in campo, ecc...
Perchè se tutto questo avviene i primi responsabili siamo noi allenatori.
Quindi soprattutto in questi momenti particolari non colpevolizziamo l'atleta estraniandoci dalla mischia ma dividiamo con gli atleti errori, delusioni e incomprensioni.
Questo creerà un atmosfera di cooperazione tra voi e i vostri atleti.

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